Un'articolata e avanzata tutela legislativa ma con una forte discrepanza con la situazione sul campo. Dove è diffuso il lavoro nero e i lavoratori vengono spesso sfruttati senza che il sistema giudiziario sappia fornire le adeguate garanzie
Fonte: OneWorld SEE
Ad un'osservazione ravvicinata, la tutela legislativa dei diritti dei lavoratori in Croazia sembra ampiamente soddisfacente, anche quando paragonata agli standard UE. Il Codice del Lavoro proibisce ogni forma di discriminazione di chi lavora o è in cerca di lavoro - dalla discriminazione sulla base della razza e colore della pelle, a quella per doveri familiari, età, sesso o per l'orientamento sessuale.
In particolare, il Codice sul Lavoro mira a prevenire tutte le forme di trattamento non equo verso le donne in gravidanza, come il rifiuto di assunzione, il licenziamento, persino la ricerca di informazioni sullo stato di gravidanza di una donna. Inoltre il Codice prescrive, in termini del tutto certi, uguale remunerazione tra uomo e donna per il medesimo tipo di prestazione.
I contratti d'impiego a tempo determinato, che mettono i lavoratori in una posizione meno favorevole, sono considerati un'eccezione alla regola, cosicché la conclusione di tali contratti è soggetta a restrizioni, sia in termini di finalità sia in termini di limiti temporali (nessun contratto di questo tipo può essere fatto per un periodo maggiore ai tre anni).
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Il pieno impiego è limitato a 40 ore settimanali. Anche il lavoro straordinario è considerato un'eccezione e non dovrebbe superare le 10 ore settimanali, con adeguata remunerazione e con l'obbligo addizionale per il datore di lavoro di informare l'Ispettorato del Lavoro se lo straordinario avviene per più di quattro settimane consecutive.
Anche le normative relative alla cessazione del contratto d'impiego per motivi aziendali (che rappresenta la causa più comune di licenziamento) contengono un certo numero di restrizioni per il datore di lavoro - dall'obbligo di dimostrare al lavoratore la propria impossibilità ad offrire un'altra posizione a quello di prendere in considerazione l'età del lavoratore, con il divieto ad assumere nei successivi sei mesi un'altra persona per il medesimo lavoro. Ancora, un lavoratore non può essere licenziato per assenze dal lavoro dovute a ragioni di salute, per maternità o a causa di disaccordi con il datore di lavoro.
I termini per il licenziamento si estendono in proporzione al tempo trascorso dal lavoratore presso una data azienda, fino ad un massimo di 4 mesi per lavoratori più anziani di 55 anni d'età che hanno lavorato per lo stesso datore di lavoro per più di 20 anni. Se, per motivi aziendali, viene licenziato un numero elevato di lavoratori (più di 20), il datore è obbligato a stendere un programma per assistere i lavoratori in cassa integrazione e a spiegare per iscritto la sua decisione all'ufficio del lavoro competente.
I lavoratori possono liberamente formare associazioni sindacali, senza la precedente approvazione di alcuno, sulla base di adesione volontaria. Alle aziende e alle loro associazioni è proibito di esercitare qualsiasi forma di controllo sui sindacati, di fornire loro sostegno finanziario o di altro tipo, ed anche la discriminazione dei lavoratori a causa della loro adesione sindacale è proibita. I sindacati, alle condizioni prescritte dal Codice del Lavoro e dagli Accordi di contrattazione collettiva, possono invocare uno sciopero. Il diritto allo sciopero è soggetto a restrizioni solo per i membri della Polizia e delle forze armate, per la natura del loro lavoro.
L'Ispettorato Statale del Lavoro è incaricato della supervisione sull'applicazione delle normative del lavoro.
Ad ogni modo, come in molte altre aree delle politiche pubbliche, c'è grande discrepanza tra la tutela legislativa e la situazione sul campo, ovvero i livelli reali di protezione e di osservanza della legislazione. Secondo i sindacati, molte aziende impiegano con successo lavoratori illegalmente (evadendo tasse e contributi sociali) e i lavoratori sono spesso registrati con il salario minimo (nel 2006 lo stipendio lordo medio è stato di 2,170 kune o 294.57 €) mentre il resto è pagato in contanti.
In base all'indagine sulle condizioni di lavoro in Europa condotta dalla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e lavorative (www.eurofund.europa.eu ), la Croazia è nella metà superiore dei paesi elencati con il 18 % di lavoratori impiegati per più di 48 ore settimanali, mentre l'11 % lavora tutti i giorni della settimana. Date queste condizioni, più della metà dei lavoratori non riceve il pagamento degli straordinari. Infine, molte compagnie ritardano il pagamento dei salari di molti mesi. Tutte queste violazioni si accompagnano, in caso di dispute e cause lavorative, ad un iter giudiziario lento e inefficace.
Ovviamente, misure legislative rigorose non facili da soddisfare, combinate con uno Stato troppo debole per assicurare che esse vengano pienamente applicate, producono un effetto opposto a quello perseguito dal legislatore: l'economia grigia si espande e là praticamente quasi non esistono leggi.
Considerando lo status delle donne nel mercato del lavoro, affrontato anche nel Codice del lavoro, è evidente che esso rimane significativamente meno favorevole rispetto allo status dell'uomo. Inoltre, secondo le informazioni di cui dispone il Sindacato Indipendente Croato (NHS ) le donne ricevono salari mediamente tra il 10% e il 20 % più bassi e la loro quota sul totale dei disoccupati è del 61 %. Questo, certamente, non è solamente dovuto alla violazione del Codice, ma anche alla divisione tra ruoli "maschili" e "femminili" profondamente radicata nella società. Anche in questo caso, malgrado tutte le misure e le azioni, la volontà del legislatore non si è trasformata in realtà.
Al momento in Croazia esistono circa 400 sindacati e 7 unioni ombrello, per un totale di 450.000 iscritti (circa il 35% del totale degli occupati - soprattutto nel settore pubblico e nelle grandi aziende). Tuttavia, va tenuto presente il fatto significativo che 10 anni fa il numero era all'incirca due volte tanto (secondo l'NHS). I sindacati sono in maggioranza indipendenti dai partiti politici e dal governo, ma la frammentazione, i conflitti occasionali e la competizione tra le unioni ombrello e i loro leader mettono fortemente in discussione (in modo più o meno giustificato) la validità delle posizioni che essi difendono e rappresentano.
Le principali attività dei sindacati comprendono naturalmente la negoziazione e contrattazione collettiva con i datori di lavoro a livello di azienda e con le associazioni dei lavoratori a livello di settore e macroeconomico in generale. I contratti collettivi coprono questioni legate alle relazioni del lavoro ai diritti dei lavoratori e sono vincolanti solo per i membri delle organizzazioni (datori di lavoro e lavoratori) che li hanno firmati. Comunque, se il Ministero competente ritiene che sia coinvolto l'interesse pubblico, la validità del contratto collettivo può essere estesa per coprire persone che non lo hanno sottoscritto. Il più importante di questi contratti è quello sul salario minimo che è stato esteso per coprire tutti i datori di lavoro e tutti i lavoratori del Paese. In ogni caso, come nel caso dell'adesione al sindacato, la maggioranza dei contratti collettivi si applica solo ai lavoratori del settore pubblico e delle grandi imprese.
Per meglio capire le relazioni e la dinamica delle negoziazioni tra i sindacati e i datori di lavoro, ma anche lo Stato come terzo attore, il termine "partenariato sociale" è di estrema importanza per la Croazia ( così come in gran parte dell'Europa continentale). Partenariato sociale comprende la cooperazione formale e informale e l'armonizzazione degli opposti interessi delle tre parti nel campo della regolamentazione dei rapporti e del mercato del lavoro.
Espressione più importante di questa collaborazione a livello nazionale è il Consiglio Economico Sociale (ESC). Questo è un ente tripartito consultivo del governo, fondato nel 1994 con un accordo tra le tre parti sociali. L'ESC si articola in un certo numero di commissioni tematiche (sul lavoro e sulle politiche sociali, sulle politiche salariali e fiscali, sulla negoziazione collettiva, etc.), composte da esperti nelle rispettive aree e da rappresentanti delle parti sociali. Le funzioni dell'ESC comprendono il monitoraggio delle politiche economiche e sociali, emettere pareri sulle bozze di legge in materia di lavoro, accordi di contrattazione collettiva e la loro implementazione, così come la definizione di una lista di mediatori e arbitri nelle dispute in tema di lavoro collettivo.
Nell'attuale ESC, lo Stato è rappresentato da funzionari del Governo e del Ministero dell'Economia, del Lavoro e dell'Impresa. I datori di lavoro sono rappresentati dall'Associazione croata dei datori di lavoro, e i sindacati sono rappresentati dalle sei organizzazioni centrali che soddisfano i criteri richiesti (almeno 15.000 iscritti, almeno cinque sindacati nazionali come membri, attivi in almeno 11 contee e partecipazione ad almeno tra accordi di contrattazione collettiva nazionale). Sulla falsa riga di quello nazionale, in tutte le contee di Croazia sono stabiliti Consigli Economico-Sociali.
Sebbene i rappresentanti sindacali accusino spesso che il partenariato sociale esiste più nelle parole che nei fatti, e sebbene questo modello di influenza formalizzata sulle politiche sociali possa essere etichettato come corporativista piuttosto che democratico, sembra che per il momento non ci siano reali alternative al partenariato sociale.
In Croazia oggi i lavoratori si trovano ad affrontare un numero crescente di problemi cui l'esistente sistema di tutela dei diritti dei lavoratori non sa rispondere, a prescindere da quanto efficiente esso possa sembrare. Uno di questi problemi riguarda le piccole imprese, dove molte misure di protezione della sicurezza del lavoro sono impossibili da implementare. I lavoratori in queste compagnie e aziende rimangono solitamente al di fuori dell'organizzazione sindacale (sia a causa dell'incapacità ad organizzarsi sia per la pressione dei datori di lavoro) e i loro diritti rimangono al di fuori della copertura assicurata dai contratti collettivi. Secondo l'NHS i lavoratori in questa situazione in Croazia sono oggi un milione circa.
Il problema successivo, per il quale la classica protezione dei lavoratori è di gran lunga impotente, dipende dalla graduale trasformazione del mercato del lavoro. Il cambiamento è rintracciabile in primo luogo nell'espansione delle forme di lavoro atipiche, come i contratti a progetto, contratti part-time, lavoro per più datori, lavoro stagionale, etc. Anche i lavoratori impiegati con simili contratti rimangono al di fuori del sindacato e dal sistema dei contratti collettivi. In molti casi questo porta ad una situazione nella quale i lavoratori sono completamente esposti all'arbitrio del datore di lavoro (per esempio, c'è l'abitudine ad estendere i contratti part-time e a progetto semplicemente cambiando il nome della posizione).
Il terzo e probabilmente più grave problema della forza lavoro è la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione in Croazia sfiora il 17 % e il totale occupato sulla popolazione ammonta al 54.9% (dati NHS). Questa situazione, che minaccia di minare l'intero sistema di stato sociale e di farlo affondare, non può essere risolta tramite misure di tutela dei diritti dei lavoratori. Molte persone credono anzi che la vera soluzione sia opposta ad alti livelli di protezione degli occupati. Infatti, quanto più alte sono le limitazioni per i datori di lavoro e la tutela per i già occupati (contro la perdita del lavoro e i bassi salari), tanto più elevati saranno i costi di assunzione per i datori di lavoro e minore la domanda di lavoro. La riduzione dei diritti dei lavoratori non può essere usata come soluzione per il problema della disoccupazione, tuttavia c'è una precisa necessità di porre degli obiettivi di occupabilità e di adattabilità dei lavoratori sul mercato del lavoro che vadano al di sopra e al di là dello scopo di mantenere un lavoratore in un singolo impiego.