Una briciola di Giustizia/E un granello di Verità/Trovate! /A Srebrenica restituite! La poesia di Abdulah Sidran "Le lacrime delle madri di Srebrenica", pubblicata nella versione italiana da ADV Edizioni, Lugano, nella duplice traduzione di Nadira Šehović e Silvio Ferrari. Una poesia di dolore collettivo, dolore per una città che non ha ancora trovato giustizia, che non può vivere il presente né guardare al passato
LE LACRIME DELLE MADRI DI SREBRENICA
(di Abdulah Sidran traduzione di Nadira Šehović)
Sarebbe meglio non fosse
piuttosto che sia
così
come oggi è
la nostra Srebrenica
Nulla di morto né di vivente
in lei
può più abitare
Sotto un cielo plumbeo
l'aria di piombo
mai nessuno
ha imparato
a mettersi nei polmoni
Da lei fugge tutto
ciò che ha gambe
con le quali possa
e sappia dove
fuggire
Da lei fugge tutto
anche ciò che da nessuna parte
se non sotto la terra nera
può fuggire
Gli ortodossi fuggono
i nuovi come i vecchi
i musulmani fuggono
i vecchi come i nuovi
E chi in qualche modo
è rimasto vivo
andato via e poi tornato
neppure un inverno con l’estate
ha messo insieme
né un autunno
con la primavera
ma ha cercato
quanto prima
di andarsene da Srebrenica
E quei cattolici
nostri vicini
e per loro Srebrenica
per centinaia d'anni
è stata l'amata
e bellissima
sede principe
della loro buona
e nobile comunità
se ne sono andati da tempo
Come se
nella loro saggezza avessero
saputo che sarebbe arrivato un tempo
in cui non ci sarebbe più stata
la buona Srebrenica
Ci dicono
da dieci anni ce lo dicono
che in Bosnia
la guerra è finita
A noi spiegano
e inviano istruzioni scritte
che nel nostro Paese
Bosnia Erzegovina
la guerra è finita
e che nessuno
deve più
guardare al passato
Credono forse
davvero
che siamo vivi
noi che stiamo qui
e da questo luogo
parliamo così
come se davvero fossimo vivi.
Davvero pensano che si chiami salute
davvero pensano che si chiami ragione
ciò che in noi è rimasto
della salute e della ragione di un tempo?
Non vedono, non sentono forse
non sanno forse che noi,
quelli rimasti, siamo più morti di tutti
i nostri morti, e che qui oggi, con la loro voce,
la voce dei nostri morti, dalle loro gole,
gridiamo e con il loro grido - noi parliamo?
Non ci permettete di
guardare al passato!
E noi non lo guardiamo, ma è lui a guardarci!
Voi dite:
guardate al futuro!
Ma noi, nessun
futuro in nessun luogo
riusciamo a vedere
né vediamo che lui
con un sol occhio
guardi noi
e neppure che ci veda
e che di noi si preoccupi
Noi abbiamo un presente
che con occhio umano
non si può guardare
Noi la stessa
aria di piombo
nella nostra Srebrenica
che non c'è più
respiriamo con quelli
i cui occhi
le cui mani
le cui anime
del nostro sangue grondano
E solo loro
possono rallegrarsi
del vostro comandamento
di non guardare al passato
Ma noi cos'altro oltre a lui abbiamo
che cos'altro
se non il passato
abbiamo da guardare?
Davvero potete
dire a una madre
di non guardare il figlio?
Davvero a una sorella potete
impartire l'ordine
di non guardare il fratello?
Prendeteci gli occhi
ma più non insegnateci, non inviateci più
tali consigli, istruzioni e ordini!
Forse davvero, come voi dite,
la guerra è finita! Ma per noi, nella nostra Srebrenica,
la guerra è finita appena un poco, e noi stessi, di giorno,
ci inganniamo che è così, che è finita davvero!
Ma, d’estate e d'inverno - e così da diciassette anni! - i giorni sono troppo brevi, e lunghe, troppo lunghe le notti.
Al primo annuncio del crepuscolo, noi i nostri portoni
col ferro rinserriamo, che non venga e non entri
colui che allora venne ed entrò, e tutto ciò che di nostro
amato e caro era - separò dalla vita!
Proprio lui, oggi, veglia sulla Pace a Srebrenica!
Come può dormire una madre di Srebrenica?
Appena chiude gli occhi, ecco la guerra alla porta, ecco
quel secondo in cui vide, sotto il coltello cetnico, separarsi
dal corpo la testa di suo figlio! Solo qualche volta, fra mille
Jasin1 mormorati nell’insonnia, ne ha pietà il Buon Dio! E
quando il sonno sugli occhi le posa, lei, in sogno, continua
a riunire la testa al corpo del Figlio insepolto!
Come possiamo vivere nel presente?
Come possiamo non guardare al passato?
C'è una sorella nostra, non è con noi, eppur è viva!
In una tomba ha trasformato una casa, qui a Sarajevo,
finestre non apre, non osa guardare fuori, e ancor meno
uscire in strada! Quattro figli ha perso! Se per strada un
ragazzo o una ragazza incontrasse, e le apparisse
somigliante a uno dei suoi figli - il cuore le scoppierebbe, in
quattrocento pezzi!
È questa la Pace?
È così che finisce la Guerra?
Quando tacciono
le armi di ferro
e fino al cielo grida
il cuore materno?
Quando il criminale
cambia la camicia
e con la nuova addosso
sotto le nostre case
e le nostre finestre
nella nostra Srebrenica
veglia sulla nostra pace?
Per voi il vostro è trascorso
ma per noi
il nostro passato
non è per nulla passato!
Né passerà
né può passare
fintanto che il cielo plumbeo
la nostra Srebrenica
di argento ricopre.
Fintanto che sotto il suo
cielo di piombo
l'aria plumbea
e plumbee
d'aria boccate
respiriamo e inghiottiamo
con quelli che hanno sì
cambiato la camicia
ma che il cuore sotto la camicia
e nel cuore l'odio
non hanno cambiato
né pensano di cambiare
Per voi il vostro è trascorso
ma per noi
il nostro passato non è passato!
Non fateci ritornare
non fateci ritornare
in questa fatta
di piombo
Srebrenica
Piuttosto
per un istante almeno
guardate dov'è che
nelle vostre anime
nei libri
si è perso un granello
di Verità e Giustizia
Se nel vostro cuore
un solo granello
di Giustizia e Verità
trovate
Del bene e d'argento
l'argentea e buona
Srebrenica
la bella -
a Srebrenica restituite!
Un briciolo di Giustizia
e un granello di Verità
trovate!
Srebrenica -
a Srebrenica restituite!
E noi
con l’aiuto di Dio
chi viva chi morta
subito ci ritorneremo
Possano
con l'aiuto di Dio
riunirsi e placarsi
tutte
di tutti i tempi
le anime di Srebrenica
e
così le nostre anime
afflitte e morte
con le anime vive
di tutti i nostri morti.
LE LACRIME DELLE MADRI DI SREBRENICA
(di Abdulah Sidran traduzione di Silvio Ferrari)
Meglio che non ci sia
piuttosto che sia
così
com'è oggi
la nostra Srebrenica
né i morti né i vivi
in essa
possono risiedere
sotto il cielo plumbeo
l'aria di piombo
nessuno mai finora
ha imparato
a introdurla nei polmoni
da essa fuggono tutti
quelli che hanno gambe
sulle quali potere
e dover fuggire
da qualche parte
da essa fuggono tutti
anche quelli che
non possono rifugiarsi
se non sotto la nera terra
fuggono gli ortodossi
foresti e locali
fuggono i musulmani
locali e foresti
e anche chi
era rimasto vivo in qualche modo
era partito e poi era tornato
non è riuscito a mettere insieme
un solo inverno con l'estate
né un solo autunno
con la primavera
e ha cercato solo
di andarsene di nuovo
quanto prima da Srebrenica
tutti i nostri vicini
cattolici
che per centinaia di anni
consideravano Srebrenica
la cara
e bellissima
capitale
della loro buona
nobile comunità
se ne sono andati da tanto
come se
nella loro saggezza
avessero previsto la venuta
di un tempo in cui sarebbe scomparsa
la buona Srebrenica
poi ci dicono
sono dieci anni che ci dicono
che in Bosnia
la guerra è cessata
ci istruiscono
e ci mandano indicazioni scritte in proposito
per spiegare che nel nostro Stato
di Bosnia ed Erzegovina
la guerra è cessata
e nessuno deve più
guardare
nel passato
ma davvero
possono credere
che siamo vivi noi
che stiamo qui
e da questi luoghi
parliamo così
come se fossimo davvero vivi
pensano forse che si chiami salute
pensano forse che si chiami ragione
ciò che è rimasto dentro di noi
della nostra salute e della ragione di un tempo?
Ma non vedono, ma non sentono
ma non sanno, che noi,
quelli che siamo rimasti, siamo più morti di tutti
i nostri morti, e che qui oggi, con la loro voce,
con la voce dei nostri morti, dalle loro gole,
strilliamo, e con le loro strida – parliamo?
Non ci consentite
di guardare nel passato!
Ma non siamo noi a guardarci, è esso che guarda in noi!
Voi dite:
guardate al futuro!
Solo che noi
non riusciamo a vederlo tale
da nessuna parte e in nessun modo
e non ci pare che esso
guardi a noi
neppure di sfuggita
figuriamoci se ci può vedere
e prendersi cura di noi
noi abbiamo un presente
in cui l'occhio umano
non riesce a vedere
anche noi
respiriamo la stessa aria di piombo
nella nostra Srebrenica
che non c'è più
insieme a quelli
i cui occhi
le cui mani
le cui anime
grondano del nostro sangue
e solo loro
possono rallegrarsi
al vostro ordine
di non guardare nel passato
e noi cos'altro abbiamo
a cos'altro dobbiamo guardare
che non sia appunto
il passato?
Si può forse dire
a una madre
di non guardare suo figlio?
A una sorella
si può impartire l'ordine
di non guardare il fratello?
Toglieteci gli occhi
ma non dateci più istruzioni,
non mandateci più consigli, indicazioni e ordini del genere!
Forse, in effetti, come dite voi,
la guerra è cessata! Ma per noi, nella nostra Srebrenica,
la guerra è solo un po' sospesa, giusto per il tempo, quello di un giorno,
di ingannarci da soli, credendo che sia così, e che sia finita per davvero
ma da noi, d'estate e d'inverno – e sono ormai diciassette anni che è così! -
i giorni sono troppo brevi e le notti troppo lunghe
appena scende il crepuscolo, mettiamo
il ferro alle nostre porte, perchè non arrivi e non entri
quello che è entrato e arrivato quella volta, staccando
dalla nostra vita – quanto c'era di caro e di buono!
È lui, quello che oggi protegge la nostra pace a Srebrenica!
E come fa a dormire una madre a Srebrenica?
Appena chiude gli occhi, ecco la guerra alla porta, ecco quell'istante
in cui ha visto staccarsi, sotto il coltello cetnico,
la testa di suo figlio dal resto del corpo!
Solo in qualche occasione, rispetto alle mille trascorse nell'insonnia
e nella recita delle preghiere imparate,
il buon Dio ne ha pietà! Ma quando fa scendere il sonno
sulle sue palpebre, essa nel sogno continua a ricongiungere
la testa al corpo del suo figlio
insepolto!
Come possiamo vivere il presente?
Come facciamo a non guardare nel passato?
C'è una nostra sorella, che non è qui fra noi, ma è viva!
S'è fatta la tomba, qui a Sarajevo, del suo appartamento.
Non apre le finestre, da cui non deve guardare,
figuriamoci uscire in strada! Ha perduto quattro figli!
Se dovesse incontrare per strada qualche ragazzo o fanciulla,
e qualcuno di essi somigliasse a uno dei suoi – il cuore
le schizzerebbe in quattrocento pezzi!
Sarebbe questa la Pace?
È così che cessa la Guerra?
Quando tacciono
le armi di ferro
e sale fino al cielo
lo strido del cuore materno?
Quando il malfattore
cambia camicia
e con la nuova divisa
sotto le nostre case
e le nostre finestre
nella nostra Srebrenica
protegge la nostra pace?
Per voi il vostro
è passato
ma per noi il nostro
non è mai finito!
E non passerà
non può passare
finchè un cielo di piombo
ricopre
la nostra argentea Srebrenica
fintanto che sotto
il suo cielo di piombo
noi continuiamo a respirare e ad ingoiare
un'aria di piombo
e bocconi d'aria dello stesso piombo
insieme a quelli che hanno
cambiato la camicia
ma il cuore sotto la camicia
e l'odio nel cuore
non l'hanno mutato
né intendono farlo
per voi il vostro
è passato ma per noi il nostro
non è mai finito
non fateci tornare
non fateci tornare
in una plumbea
Srebrenica
com'è questa
piuttosto
almeno per un attimo
provate a ritrovare
nelle vostre anime
e nei libri
quel briciolo di Verità e di Giustizia
che avete perduto
se nel vostro cuore
ritroverete almeno
un residuo
di Giustizia e di Verità
allora di tutto il patrimonio prezioso restituite
l'argentea e buona
bellezza
di Srebrenica
alla città di Srebrenica!
Trovate dunque
un briciolo di Giustizia
e un residuo di Verità!
Restituite
Srebrenica – a Srebrenica
E noi
con l'aiuto di Dio
vivi e morti
torneremo subito in essa
affinché
con l'aiuto di Dio
possano ricomporsi ed acquietarsi
tutte
le anime di Srebrenica
di tutti i tempi
e
anche le nostre
afflitte e morte
con le anime vive
di tutti i nostri morti.
1) Jasin la 36ma sura del Corano che spesso si recita per i morti
11.6.2007-11.7.2010
Per approfondire vai allo speciale Srebrenica, 15 anni dopo