E' a firma del professor Silvio Ferrari la prefazione della nuova guida "Scoprire i Balcani". Qui in anteprima per i lettori di OBC
Trecento pagine di descrizioni, schede, immagini, informazioni, citazioni (e tante altre opportune conoscenze) che rendono finalmente paritaria la condizione storica, culturale e umana di territori e comunità che hanno faticato, nel corso dei secoli lontani, a costruirsi un'identità riconoscibile e riconosciuta e che, nei tempi dell'età moderna e contemporanea, hanno pagato un prezzo altissimo (certo anche per loro responsabilità) per ottenere di potersi allineare, con la stessa dignità, nell'indice di questo bel volume il cui titolo suona come un invito, finalmente, al viaggio. Nei Balcani. (Secondo una formula che credo risalga ad una famosa composizione di Baudelaire).
Dunque nell'ordine, come possono presentarsi al viaggiatore occidentale che ne voglia percorrere anche geograficamente la successione e la collocazione all'interno del mosaico territoriale che costituiscono: Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo, Albania, Macedonia, Bulgaria, Romania.
Con le loro lingue (e prima ancora con i loro alfabeti), le loro religioni (conviventi o intolleranti, quando sono state tali), le loro divisioni e le loro aspirazioni ad essere uniti pur sotto diversi ideali e, da ultimo, alla luce di ideologie universalistiche che però non hanno retto alla prova di mezzo secolo, ma non per questo possono essere ignorate o rimosse.
È merito dei numerosi collaboratori che firmano i singoli contributi di settore (e certo anche di chi li ha coordinati) se in questo lavoro non si riproducono quegli atteggiamenti di sufficienza e di presunta superiorità culturale con cui per tanto tempo si è guardato ai singoli tasselli che compongono i Balcani, come se quelle tessere fossero condannate per sempre a sopravvivere e a dibattersi in una condizione di subalternità, incapaci di uscire dai limiti di un folklore che sarebbe connotato caratteristico e permanente limite delle terre periferiche rispetto alla civiltà occidentale.
Nella struttura dei singoli capitoli, nella sicurezza dell'impianto informativo, nella gradevolezza delle riproduzioni e nella lusinghiera scelta delle opzioni culturali predominanti nei singoli territori, in questo libro ogni residuo di “balcanismo disordinato e confuso” viene superato e tutte le regioni storico-geografiche concorrono appunto paritariamente a configurare questa Europa di mezzo.
Ma perché le parole fin qui adoperate non appaiano solo un elogio della metodologia adottata e attuata in queste pagine, voglio accentuare il fatto che dalla presentazione dei luoghi, delle loro storie e degli innumerevoli itinerari possibili emerge una conoscenza profondamente aggiornata dei percorsi svolti dai popoli insediati nei Balcani.
Che sono stati certamente condizionati dal dominio secolare di “civiltà e imperi” sostanzialmente occupanti, come quello ottomano, quello veneziano e quello asburgico, le cui ascese, fortune e decadenze hanno lasciato segni e significati davvero più forti delle pietre che pure ne conservano immagini di notevole qualità e di grande suggestione.
C'è però in tutti i 10 capitoli dedicati alle odierne realtà statuali o para-statuali riconosciute e operanti istituzionalmente nei Balcani odierni la documentata rappresentazione della condizione contemporanea che caratterizza la vita delle grandi e piccole capitali e quella dei villaggi sperduti, i corsi dei lunghi fiumi e le sponde dei mari (l'Adriatico e il Nero) che delimitano a ovest e a est il corpo territoriale della penisola balcanica.
È bello che questa contemporaneità emerga con la stessa efficacia dalle citazioni letterarie e dalle ricette di cucina, dalla rete dei trasporti, dai richiami estetico-monumentali e dalla segnalazione delle occasioni di intrattenimento e di feste antiche e recenti.
Senza dunque nascondere i drammi e le permanenti inadeguatezze, i realizzatori di questo Invito al viaggio nei Balcani offrono a tutti noi uno strumento di informazione obiettivamente necessario.