Andrea Riscassi, giornalista della RAI di Milano, ha recentemente pubblicato per le Edizioni Sonda Anna è viva, un saggio sulla figura di Anna Politkovskaja, giornalista russa freddata a Mosca il 7 ottobre 2006
Libro dall'impostazione volutamente divulgativa, Anna è Viva, basandosi sugli articoli e sui testi della giornalista russa pubblicati in Italia, raggruppa il pensiero della Politkovskaja in alcuni nuclei tematici utili a inquadrare le difficili e complesse questioni dei diritti umani e della democrazia nell'universo post-sovietico.
Riscassi, come mai ha deciso di scrivere un libro su Anna Politkovskaja?
Perché Anna Politkovskaja rappresenta per molte persone, forse più fuori dalla Russia che nel suo paese, una sorta di 11 settembre nel quale si può individuare un prima e un dopo. Dopo la sua uccisione nulla può essere valutato come prima. Anna finisce per diventare una figura simbolica che va al di là della sua stessa eroica persona.
Non la spaventava l'idea di ricostruire la vita e la storia di un personaggio che non ha mai conosciuto se non attraverso la lettura dei suoi scritti in traduzione?
No, perché non mi concentro tanto sulla vita. Non è importante chi sei ma quello che scrivi. Uno può dire e fare mille cose, ma quello che scrive è una sorta di testamento. Io considero Anna Politkovskaja un classico della letteratura russa moderna e come tale l'ho studiata.
Qual è a suo avviso la più grande eredità lasciata da Anna Politkovskaja?
La più grande eredità è la sua caparbietà, la dimostrazione che è sufficiente anche una sola persona per mettere a nudo un regime. Basta una sola Cassandra per dimostrare che la tigre a volte è una tigre di carta. Questa è la sua forza principale.
I diritti d'autore di questo libro verranno interamente destinati a sostegno di Annaviva, l'associazione da lei fondata. Vogliamo fare un po' il punto della situazione a un anno dalla sua fondazione?
Beh, innanzitutto mi preme sottolineare che il libro nasce da una serie di conferenze sulla Politkovskaja nelle quali sono stato coinvolto, incontri che avevano il marchio di Annaviva. Annaviva è un'associazione che ha come input quello di cercare di dare un seguito alle idee della Politkovskaja, ossia ai problemi da lei posti sulla democrazia nell'Est Europa, sulla situazione in Cecenia. Ossia su tutte le battaglie che lei ha caparbiamente portato avanti. Noi in questo anno abbiamo cercato di dare dei segnali di attenzione verso la politica estera organizzando le manifestazione per la Georgia, per la libertà in Bielorussia, e più recentemente quella milanese del 5 maggio in cui abbiamo piantato un albero proprio dedicato ad Anna. Se Annaviva non si fosse adoperata a raccogliere le firme questo albero non l'avrebbero mai messo. Non siamo qui a rivendicare meriti, però...
Crede che il libro smuoverà l'opinione pubblica italiana?
Non ho queste grosse aspettative... Cerco semplicemente di fare sì che la figura di Anna Politkovskaja non venga dimenticata. Molti editori hanno detto che la Politkovskaja non vende più, questo è il motivo per cui è stata una piccola, ma battagliera casa editrice, la Sonda, a darmi spazio. Gli altri hanno preferito liquidarmi dicendo la Politkovskaja non interessa più il lettore. Questo concetto del "non vendere più" è davvero triste. Secondo costoro la Politkovskaja vende solo a ottobre, in occasione dell'anniversario della sua scomparsa. Non sono certo questi i criteri in base ai quali io valuto un libro. La mia idea, ripeto, era quella di rendere viva la sua memoria anche con un libro. In Italia non c'erano testi che raccontassero la figura della giornalista russa, così ho cercato nel mio piccolo di coprire questo gap.
In che misura questo libro si riallaccia al suo precedente libro,
Possiamo dire che questo libro nasce dalle ceneri del precedente. O più correttamente che nasce parallelamente a Bandiera arancione. Io peraltro sto già lavorando a un terzo saggio sul gas russo che chiuderà il trittico. Anna è viva è nato dall'esigenza di dare una mano all'associazione e di ricordare la Politkovskaja sintetizzando alcuni temi che ho affrontato in questi mesi facendo conferenze in giro per l'Italia sulla sua figura.
Il libro sul gas quando uscirà?
Non lo so ancora. È un libro in continua evoluzione. Ho già elaborato uno schema generale nel quale sto inserendo diversi temi, ma la crisi economica e il calo dei prezzi petroliferi mi hanno obbligato a rivedere anche alcune questioni teoriche.
Nel libro lei più volte sottolinea come l'Europa e in particolare l'Italia siano troppo indulgenti verso la Russia di Putin per via del ricatto energetico. Non pensa altresì che il disinteresse italiano verso ciò che succede nell'universo post-sovietico sia anche imputabile alla miopia di certi organi di informazione?
Penso di no. Il Corriere della Sera, per esempio, ha parlato del processo Politkovskaja in prima pagina. I giornali italiani non hanno responsabilità. La colpa è della politica, non della stampa. Certo c'è qualche rivista un po' legata alla realpolitik, ma ripeto la responsabilità è solo della politica, su questo non c'è dubbio. Se i politici italiani avessero qualche minimo interesse per la politica estera anche i giornali l'avrebbero. A chi ci governa la politica estera non interessa per cui i giornalisti sono obbligati a occuparsi di quisquilie nazionali perché i politici si occupano di quisquilie nazionali.
Come interpreta il fatto che spesso in altri paesi come Germania, Francia, Inghilterra le cronache da Georgia e Ucraina vengono seguite attraverso una rete di corrispondenti e di inviati in loco mentre in Italia ciò che accade a Kiev, Tbilisi o Chisinau viene raccontato dai corrispondenti da Mosca?
Il nostro bacino di influenza, il nostro orientamento è mediterraneo, non est-europeo. L'Italia ha aperto un'ambasciata in Moldova solo adesso. Non abbiamo un baricentro est-europeo. La nostra politica estera gravita sul bacino del Mediterraneo. Siamo un paese mediterraneo per cui l'informazione italiana è orientata in questa chiave. La Russia viene vista come l'erede dell'ex Unione Sovietica. Paesi come Ucraina, Georgia, Moldavia non vengono considerati come stati indipendenti ma come ex repubbliche sovietiche. Si fa addirittura fatica a seguire la Polonia! Ripeto, l'Italia è un paese provinciale dove non c'è grosso interesse verso la politica estera. Paradossalmente ce n'è di più in Svizzera. Se uno facesse il corrispondente dall'Ucraina, dopo un mese e mezzo verrebbe con molta probabilità richiamato a casa dal caporedattore perché le cose di cui parla non interesserebbero nessuno. È un cane che si morde la coda. È chiaro che il fatto che le prime cronache sul conflitto Russia - Georgia della scorsa estate siano giunte da Mosca rappresenta un modo di fare informazione abbastanza curioso.