Ha iniziato ad occuparsi di Caucaso 5 anni fa, all'università. Poi non ha più smesso. Abbiamo intervistato Maura Miorandi, tra le promotrici dell'associazione trentina Eos. L'ultima iniziativa? Il progetto ''Un libro per la Georgia''

09/01/2007 -  Davide Sighele

Come hai iniziato ad occuparti di Caucaso?
Ho iniziato ad interessarmi dell'area caucasica cinque anni fa, mentre studiavo in Germania. Lì, infatti, ho avuto modo di conoscere ragazzi che provenivano da varie Repubbliche dell'ex Unione Sovietica che mi raccontavano della cultura e delle tradizioni dei loro Paesi. L'Università che frequentavo, inoltre, offriva alcuni corsi sul Caucaso e sull'area post-sovietica ai quali mi sono subito iscritta. Nello stesso periodo, inoltre, stavo pensando alla tesi di laurea e confrontandomi con gli amici georgiani, azeri e armeni ho deciso di scriverla sulle relazioni tra Unione Europea e Caucaso, Georgia in particolare. Sei mesi dopo aver finito il periodo di studio in Germania sono andata a Tbilisi ad intervistare intellettuali, politici e funzionari europei su "Unione Europea e Georgia: quali relazioni possibili? Il ruolo della Georgia e dell'UE nella ridefinizione dello spazio geopolitico euro-asiatico".
Hai trascorso un lungo periodo in Georgia, potresti descrivere brevemente questa tua esperienza?
Sì, dopo essermi laureata ho frequentato un master in "Peace and conflict studies" in Austria durante il quale ho cercato di approfondire le dinamiche dei conflitti del Caucaso applicando gli strumenti di analisi che ci venivano proposti durante le lezioni. Ho iniziato quindi ad analizzare la percezione dei conflitti in Abkhazia ed Ossezia del Sud da parte di Tbilisi e per poter raccogliere informazioni e sottoporre i questionari che avevo preparato sono ripartita alla volta della Georgia. Mentre lavoravo alla mia tesi di master, inoltre, ho fatto un tirocinio presso l'Ambasciata d'Italia a Tbilisi. Successivamente ho ideato, per conto di un'organizzazione italiana (Centro Studi Difesa Civile) ed in collaborazione con un' ONG georgiana, un progetto di educazione alla pace per bambini in una della zone definite di "potenziale conflitto" all'interno della Georgia. Infine mi sono spostata a Yerevan dove ho collaborato con Family Care, un' ONG armena che realizza progetti di assistenza umanitaria e cooperazione allo sviluppo in Armenia e nella regione del Karabakh.
Nel promuovere progetti di solidarietà in quell'area quali le difficoltà principali che ti sei trovata ad affrontare?
Durante il mio primo viaggio in Georgia ho svolto volontariamente delle ore di insegnamento in veste di lettrice di lingua italiana presso l'Università di Lingua e Cultura "Ilya Chavchavadze" di Tbilisi. In quell'occasione ho potuto constatare la grave carenza di materiale didattico necessario per ottenere una buona qualità di insegnamento e di apprendimento della lingua italiana a fronte di un considerevole numero di studenti universitari e di cultori della nostra lingua.

E' iniziato così "Un libro per la Georgia", un progetto che si propone di allestire una biblioteca di lingua italiana per gli studenti e gli insegnanti, per i cultori della lingua italiana e per gli italiani residenti in Georgia. Il progetto è realizzato dall'associazione di volontariato EOS (che abbiamo fondato per promuovere progetti di solidarietà e cooperazione internazionale) ed ha recentemente ottenuto il sostegno finanziario della Provincia Autonoma di Trento. Durante la realizzazione del progetto della biblioteca e di quello di educazione alla pace per bambini mi sono trovata di fronte a svariati tipi di problematiche tra i quali il continuo avvicendamento e cambio di personale soprattutto nei ruoli di responsabilità nelle istituzioni georgiane e quindi un continuo cambio di interlocutori che spesso non riconoscono il lavoro fatto dal predecessore. Questo crea un clima di instabilità e di insicurezza anche per eventuali investimenti legati ai progetti.

La percezione relativa del tempo e del rispetto delle scadenze da parte dei georgiani, inoltre, creano spesso ritardi nei lavori e nella tempistica legata alla realizzazione delle varie attività. Vorrei però menzionare anche gli aspetti positivi del lavoro in Georgia: ho avuto la fortuna di incontrare e collaborare con persone entusiaste e dedite alla causa. I georgiani amano profondamente il proprio Paese e lavorano con passione alla costruzione di un futuro migliore per tutti: nonostante i problemi sopra citati, quindi, per me è un piacere lavorare con loro.
Sei in contatto con associazioni, gruppi o persone che in Trentino si stanno occupando di quest'area geografica?
Certamente, sia con associazioni sia con singole persone che a diverso titolo lavorano per e nel Caucaso. Le due associazioni "Italia-Georgia - Trentini per la Georgia" di Trento e "Shalom - Solidarietà e cooperazione internazionale" di Riva del Garda, già promotrici di iniziative nel Caucaso del Sud, hanno sostenuto in modo importante il nostro progetto di "Un libro per la Georgia".

Credo sia molto importante lo scambio di esperienze, la condivisione di informazioni e la sinergia tra gli attori coinvolti in quest'area ancora poco conosciuta in Italia. Per questo motivo mi piacerebbe dare la forma di una rete che possa essere utile a chi è interessato all'area alla serie di contatti che ho avuto modo di stabilire sia in Italia sia in loco nel corso della mia esperienza nel Caucaso e nel contesto dell'impegno di solidarietà che stiamo portando avanti con l'associazione EOS.
Che senso ha a tuo avviso che un ente locale come la Provincia Autonoma di Trento si occupi di Caucaso e favorisca progetti di cooperazione in quell'area?
Il Trentino da anni è impegnato in modo serio e competente nella solidarietà internazionale, fatto dimostrato dall'operato delle circa 250 associazioni di solidarietà e cooperazione internazionale presenti sul territorio. La nostra Provincia, inoltre, per legge destina lo 0,25 per cento del suo bilancio alla solidarietà internazionale, scelta che la rende una realtà unica tra gli altri enti italiani.

L'esperienza del Trentino-Alto Adige nell'organizzazione della convivenza tra popolazioni di lingua, cultura e tradizioni diverse potrebbe servire, inoltre, da esempio per i Paesi caucasici al fine di risolvere in modo pacifico i conflitti che affliggono la regione. Le attività promosse dalle associazioni trentine, infatti, mirano a favorire un modo di fare cooperazione che si basa sull'incontro fra i popoli, la ricchezza delle loro culture e tradizioni, i loro territori intesi come insieme storico, culturale e politico oltreché ambientale.

In questo senso l'aiuto, la solidarietà, il dono devono essere intesi in primo luogo come sostegno alla valorizzazione delle risorse locali (di quelle umane in primo luogo) e alla ricostruzione delle capacità andate perdute nel corso di anni di conflitti armati. La Provincia Autonoma di Trento è ben consapevole del fatto che nell'ambito di programmi di solidarietà e di cooperazione, accanto allo sviluppo economico è necessario stabilire uno scambio culturale che veda la partecipazione del più ampio numero di attori di entrambe le comunità. In questo senso, anche tutte le attività promosse dall'associazione EOS sono inserite nel quadro di una cooperazione decentrata tra la comunità locale trentina e la comunità dei beneficiari, in quanto mirano a promuovere cambiamenti positivi in entrambe.
Quali i settori che potrebbero a tuo avviso trarre vantaggi dall'avvio di relazioni territoriali e di progetti da parte di associazioni, ONG o istituzioni trentine?
I settori prioritari nell'ambito dei quali potrebbero essere avviati progetti di cooperazione sono a mio parere quei settori nei quali il Trentino ha un'esperienza consolidata e sui quali si basa la nostra economia. Mi riferisco quindi all'agricoltura e penso, in particolare, al settore dell'enologia, al settore degli allevamenti ovo-caprini, al settore caseario e a quello del legname. Anche lo sviluppo del settore turistico riveste una particolare importanza in alcune aree del Caucaso. E' necessario sostenere, inoltre, la formazione giovanile nelle aree che ho elencato.

Riprendendo quello che dicevo prima sull'esperienza di convivenza multietnica del Trentino-Alto Adige, credo che la nostra regione potrebbe impegnarsi per far conoscere e studiare il nostro modello di autonomia ai rappresentanti delle parti in conflitti nel Caucaso. A questo proposito l'Ambasciata d'Italia in Georgia con il sostegno del Ministero degli Esteri ha organizzato nella primavera del 2005 un viaggio di una delegazione mista georgiano-abkhaza in Trentino-Alto Adige
che per la prima volta ha consentito a rappresentanti politici e governativi della Georgia e dell'Abkhazia di avvicinarsi al nostro modello di autonomia. Credo che iniziative del genere possano essere utili riferimenti nella prospettiva di soluzione dei conflitti interni dei Paesi caucasici, ma per essere tali hanno bisogno dell'impegno di tutte le parti coinvolte e di continuità nel tempo.
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