Riportiamo l'intervento integrale di Gian Pietro Caliari al convegno di OB "Vivere senza futuro? L'Europa tra amministrazione internazionale ed autogoverno: i casi di Bosnia Erzegovina e Kossovo.
Anche a nome del commissario Robert Gillette desidero innanzitutto ringraziare l'Osservatorio sui Balcani per l'invito, esprimendo l'apprezzamento per l'opera dell'Osservatorio, che è la dimostrazione della vitalità, della dinamicità della società civile italiana, delle istituzioni pubbliche italiane, dell'attenzione con cui l'Italia guarda ai Balcani. Certamente e purtroppo Bosnia Erzegovina, Kosovo e i Balcani in genere non sono l'oggetto delle prime pagine e quando lo diventano solitamente non è per una ragione buona o per un lieto motivo. L'Osservatorio sui Balcani ed altre iniziative che vedono protagoniste la società civile italiana e le istituzioni italiane sono un esempio di attenzione al cuore dell'Europa, che non va dimenticato.
Venendo al tema principale, il Temporary Media Commissioner (TMC) venne istituito nell'anno 2000. La UNMIK Regulation 2036 e 2037 all'articolo 1 afferma che il suo compito principale deve essere la promozione della libertà e della professionalità dei media in Kosovo, facendosi garante della libertà di espressione e comunicazione e della professionalità degli operatori dell'informazione. Accanto a questa funzione il TMC ne ha un'altra più specifica riguardante il settore dell'emittenza radio-televisiva dove opera come embrione della futura Autorità di Garanzia nelle Comunicazioni, fino a quando l'Assemblea legislativa del Kosovo avrà adottato l'apposita legge di istituzione della Commissione Indipendente per i Media a norma del Constitution of Framework. Nel frattempo il TMC concede le licenze di trasmissione e regola provvisoriamente il sistema dell'emittenza nella regione ed eccezionalmente nel panorama europeo, ma in conformità all'articolo 10 della Convenzione Europea sulle Libertà Fondamentali e i Diritti dell'Uomo, il Regolamento UNMIK 2037 conferisce al TMC la funzione di garante dell'editoria, in attesa che, anche in questo settore, venga stabilito un sistema di autoregolamentazione. In qualità di garante in questi due settori dell'informazione, il TMC deve promuovere la libertà di informazione, la professionalità e la crescita professionale attraverso la posizione di un sistema provvisorio di regolamentazione.
Attualmente in Kosovo vi sono 6 giornali a diffusione diciamo così "nazionale", o più "politically correct", li si definisce "Kosovo wide" e 111 emittenti formate da 89 radio e 22 televisioni: all'agosto 2004, 4 stazioni radio e 3 televisioni hanno licenza per coprire l'intero territorio del Kosovo, 74 radio e 16 televisioni operano con una licenza per copertura locale, infine 11 radio e 3 televisioni sono delle "low powered stations" con finalità che offrono copertura limitata e di servizio a comunità molto piccole, che non sono raggiunte altrimenti da alcun segnale emittente. In questo contesto, si hanno 69 emittenti che trasmettono in lingua albanese, 33 in lingua serba, 4 in lingua turca, 2 in lingua bosniaca ed infine 3 emittenti multietniche che trasmettono programmi in diverse lingue locali.
E' un panorama certamente molto ampio per un territorio di 11.000 chilometri quadrati e per un popolazione stimata di poco superiore ai due milioni di abitanti. Due sono le questioni centrali imposte da questo sistema di emittenza in Kosovo. La prima è il rapporto centrale tra la libertà di informazione e la sostenibilità economica: nelle attuali condizioni socio-economiche del Kosovo può sorgere qualche dubbio sulla reale sostenibilità economica di un panorama di emittenza tanto ampio. Il secondo nodo centrale, che non riguarda solamente i media in Kosovo ma in generale la società e le istituzione kosovare, è rappresentato dalla necessità di chiudere la fase dell'emergenza per passare alla normalità.
Nel 1999 dopo l'intervento della NATO e l'inizio della presenza della Comunità Internazionale, diventa evidente che nella fase dell'emergenza, dopo gli anni della repressione quando la maggioranza albanese e le altre componenti delle società del Kosovo potevano avere notizie in lingua albanese, turca o bosniaca solo attraverso il satellite, la crescita, la moltiplicazione delle iniziative editoriali e di emittenza era una esigenza primaria e la Comunità Internazionale ha contribuito sostanzialmente, interamente in molti casi, a sostenere il costo economico della crescita del settore dell'emittenza in Kosovo.
E' chiaro che la normalizzazione del settore dell'emittenza e dell'editoria nella regione richiederà un ripensamento dell'organizzazione, in particolare di quella dell'emittenza, perché personalmente ho molti dubbi sul fatto che nei prossimi anni l'economia del Kosovo potrà arrivare a sostenere un settore tanto variegato. La necessità di passare alla normalità richiede ovviamente la normalizzazione dell'organizzazione e della legislazione, il TMC è appunto una istituzione temporanea, la normalità richiede una creatività organizzativa, legislativa, una redistribuzione dell'emittenza secondo le intelligenze, le capacità e la volontà delle popolazioni del Kosovo.
In questo quadro, un particolare aspetto riguarda la televisione pubblica del Kosovo che rappresenta un modello unico dal punto di vista storico ed internazionale. Differentemente da quanto accaduto nei Paesi dell'ex blocco sovietico ed in tutti i Paesi dei Balcani, la televisione del Kosovo è unica, in quanto creata ex novo, mentre nei Balcani e nell'Europa Orientale la Comunità Internazionale ha assistito la transizione dalla tv di stato alle tv pubbliche, dalla tv voce del regime alle tv a servizio della società, trovando comunque ancora in operatività le strutture ed il personale, in Kosovo invece RTK è stata creata dal nulla e le ragioni storiche di questa peculiarità sono note a tutti. Un'altra specificità storica che rende RTK unica nell'esperienza balcanica è quella che ne fa l'unico esempio di televisione costruita con un impegno diretto e massiccio della Comunità Internazionale, l'OSCE da una parte, l'Unione delle Emittenti Pubbliche Europee dall'altra e l'ingente impegno economico della Comunità Internazionale. Questo è il contesto legislativo attuale costituito dalle funzioni del TMC, quello dei media in Kosovo ed il caso specifico di RTK.
Per quanto riguarda la mia opinione sui fatti di marzo, sappiamo tutti e nessuno se lo può nascondere che le cause sociali economiche, politiche e strutturali di quanto avvenuto sono chiare: i fatti di marzo sono la tragica conseguenza di una specifica condizione politica e cioè il fallimento della Comunità Internazionale, delle istituzioni locali, dello sviluppo economico, che avrebbe dovuto dare prospettive sociali e di futuro ad una popolazione che è la più giovane d'Europa. Gli accadimenti di marzo, tuttavia, insegnano anche come sia tragicamente possibile che parole ed immagini diventino odio. Non è scientificamente dimostrabile una sequenza di causa ed effetto tra il comportamento dei media e gli scontri, ho detto di essere personalmente convinto che le cause sono di origine politica, sociologica ed economica. Tuttavia è possibile segnalare da un punto di vista della scienza della comunicazione pubblica come specificatamente un media del Kosovo nella notte del 16 marzo e nel primo mattino del 17 marzo abbia implementato una strategia di comunicazione tipica dei patriottismi pre-moderni, dando per certa ed assertiva una notizia non verificata, stabilita soltanto da un'unica fonte senza verifica alcuna, nella quale una specifica comunità del Kosovo viene indistintamente accusata di atti criminali non provati e allertando il pubblico con tecniche che dapprima suscitano allarme, "breaking news", asseverate dalla interpretazione politica dell'accadimento, che non solo certifica il fatto stesso ma lo eleva a fatto politico - "sappiamo che quella specifica etnia è solita ammazzare i bambini" - e che successivamente cambiano l'intera programmazione in associazione con l'uso sapiente della musica classica che aumenta l'effetto emotivo.
Si tratta in effetti di tecniche già viste in occasione della morte di personalità potenti del blocco sovietico. Non è scientificamente dimostrabile però un rapporto di causa-effetto e credo che l'ufficio del TMC nel suo rapporto di aprile abbia chiaramente ravvisato da un punto di vista dell'analisi comportamentale dei media una precisa strategia di comunicazione, riassunta poco fa nel tema "quando le parole e le immagini diventano odio".
Per ragioni comprensibili, non ho la possibilità di trattare nello specifico le modalità con le quali, nell'esercizio delle funzioni e dei doveri dalla legge affidati al TMC, esso intenda dare il suo contributo a che episodi di questo genere non possano più ripetersi, dando nel contempo un ulteriore contributo allo sviluppo di media responsabili in Kosovo.
Desidero dirvi che nel luglio 2003, quando Robert Gillette ed io arrivammo in Kosovo, i primi tre mesi del nostro mandato furono impiegati per giungere, a dispetto di tutti, ad un accordo che portasse alla raccolta del canone televisivo a favore di RTK, perché proprio l'esistenza da una parte di un gruppo di emittenti televisive "Kosovo wide" e di RTK dall'altra è economicamente insostenibile se RTK non viene sostenuta anche da un canone pubblico, che il TMC è riuscito a negoziare a ad implementare dal primo dicembre 2003: porterà quest'anno nelle casse della televisione pubblica del Kosovo all'incirca 7 milioni di euro.
A questo primo contributo dato alla sostenibilità economica del settore in Kosovo, il TMC ha il dovere di dare un secondo contributo con un'indagine piena su quanto avvenuto la notte del 16 e del 17 marzo 2004. Vi leggo le considerazioni fatte dall'Ambasciatore Van den Berg a nome dell'Unione Europea, dei Paesi dell'EFTA, dei Paesi Candidati e dei Paesi Associati all'Unione Europea, rappresentando quindi circa 50 Paesi nella sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 29 novembre 2004: "Ci vorrà tempo per ricostruire la fiducia fra le vittime, per mettere un rimedio strutturale alle comunità che sono state vittime dei fatti di marzo, questo necessita una ampia investigazione su coloro che hanno creato un ambiente adatto ai fatti di violenza come lo sono stati certi media in Kosovo. Possono questi media non essere criminalmente responsabili, sono tuttavia moralmente responsabili e per questo devono rendere conto."
Concludo dicendo che nell'impegno di Robert Gillette, mio, dei 25 funzionari kosovari che con noi lavorano, siamo motivati dalla convinzione che non ci può essere in Kosovo democrazia e sviluppo senza libertà di pensiero, di opinione, di comunicazione, senza la libertà per i media e non ci potrà essere democrazia e sviluppo in Kosovo senza la loro professionalità e responsabilità e, a mio parere, non ci sono media eticamente accettabili in una democrazia moderna senza un alto livello di professionalità e sincere motivazioni di responsabilità pubblica.