Il bilancio di Osservatorio sui Balcani nel 2005, le prospettive per il futuro. Dai Balcani al Caucaso, l'Europa di mezzo come dimensione politica, spazio fisico e culturale per uscire dalla trappola dello scontro tra civiltà. Un editoriale
Care lettrici, cari lettori,
il 2005 è stato un anno di consolidamento e rilancio della nostra avventura giornalistica. Siamo cresciuti, e soprattutto siete cresciuti (tantissimo) anche voi. Sono circa 3.000 i computer diversi che ogni giorno si collegano al nostro portale. Nel generale oblio cui è stato confinato il sud est europeo, per un media dalle risorse limitate come il nostro, si tratta di un ottimo risultato, di buon augurio per il futuro.
In quest'anno ci siamo rafforzati grazie alla estensione della nostra rete di collaborazioni fatta, in primo luogo, dai giornalisti che scrivono per noi dai paesi della regione e dai traduttori che, in Italia, sostengono il lavoro della redazione.
Quest'anno, con noi della redazione italiana, hanno lavorato - e ci sembra giusto ricordarli tutti - Indrit Maraku e Artan Puto (Albania), Massimo Moratti e Esad Hecimovic (Bosnia Erzegovina), Tanya Mangalakova e Francesco Martino (Bulgaria), Drago Hedl (Croazia), Sasa Stefanovic e Alma Lama (Kosovo), Risto Karajkov (Macedonia), Jadranka Gilic (Montenegro), Mihaela Iordache (Romania), Danijela Nenadic e Jelena Bjelica (Serbia), Franco Juri (Slovenia), Fabio Salomoni (Turchia), Giulia Mirandola (Milano), Rosita Zilli (Bruxelles), Nicola Falcinella (Milano). Marjola Rukaj, da Roma, si è affiancata ai nostri traduttori "storici" Carlo Dall'Asta e Ivana Telebak.
Al lavoro visibile sul portale si sono affiancate diverse collaborazioni con testate giornalistiche della carta stampata (la Repubblica, Altreconomia, Il Manifesto, ...) e un lavoro in video che ci ha portato a realizzare i nostri primi due documentari ("Dopo Srebrenica" e "Pianeta Zastava", oltre alla videointervista a Svetlana Broz), presentati nel corso di numerose serate pubbliche o in alcuni casi mandati in onda sul canale satellitare Rai News 24. Insieme all'Istituto per la storia della resistenza e dell'età contemporanea in provincia di Asti (ISRAT), abbiamo pubblicato il libro "Srebrenica, fine secolo: nazionalismi, intervento internazionale, società civile", la cui prima edizione è già andata esaurita.
Il bilancio dello scorso anno, relativamente solo alla parte redazionale di Osservatorio sui Balcani, è insomma estremamente ricco. Senza considerare che, come molti di voi sanno, il progetto generale di Osservatorio si è quest'anno arricchito di un nuovo portale, di servizio agli enti locali e regionali che operano nell'area balcanica: Balcani Cooperazione .
Questo ultimo anno ha anche visto ampliarsi il nostro campo d'indagine.
Dal gennaio 2005 la nostra informazione comprende infatti un ulteriore tassello nello scenario della nuova Europa: la Turchia. Questo ampliamento è stato possibile grazie al lavoro di un corrispondente fisso da Istanbul, Fabio Salomoni, che ci ha aiutato a seguire da vicino il confronto Turchia-Europa nella delicata fase di avvicinamento di Ankara all'Unione. I drammatici fatti di questi giorni a Trebisonda, l'uccisione di don Andrea Santoro, uomo impegnato a fondo nel dialogo tra le religioni e tra le persone, i tentativi di strumentalizzare questo omicidio, ci confermano l'importanza di continuare a conoscere e raccontare per quanto possibile in maniera non ideologica quanto sta avvenendo in Turchia.
I confini della nostra ricerca si sono quindi ampliati, e in questo percorso di progressivo consolidamento abbiamo deciso di non limitarli più solamente ad un'area geografica, ma di estenderli ad una dimensione culturale e politica, che abbiamo definito come Europa di mezzo.
L'Europa di mezzo è il luogo del dialogo e scontro secolare tra diverse narrazioni, religioni, sistemi politici. La rappresentazione geografica ne potrebbe essere quella faglia che attraversa il continente dal Baltico a Cipro, attraversando le aree balcanica e caucasica. Qui si sono incontrati, mescolati e confrontati islam e cristianesimo, democrazia e socialismo reale, Oriente e Occidente. Chi lo ha attraversato riconosce questo spazio, ne conosce la straordinaria ricchezza storica e culturale, e la sensazione di vertigine che ne deriva.
Questo luogo rappresenta per noi il cuore dell'Europa del ventunesimo secolo, punto di partenza per un progetto di Unione che non sia basato solamente sul libero scambio, ma sul riconoscimento e la valorizzazione delle proprie radici plurime e meticcie, sull'elaborazione dei conflitti che l'hanno attraversata. E' qui che si gioca la sfida di creare un'Europa che abbia un senso e un'autorevolezza non solo sul piano interno, ma anche nello scenario internazionale.
Oggi cerchiamo di allargare il nostro sguardo sull'Europa di mezzo, accogliendo finalmente nel nostro portale anche l'area caucasica.
Come i Balcani, anche il Caucaso dopo la fine della guerra fredda è stato luogo del disastro e della deregolazione (alcuni la chiamano transizione). Abbiamo assistito in questi anni all'incapacità dell'Europa di presentare una qualsiasi speranza per la composizione nonviolenta dei conflitti in corso. La questione delle risorse energetiche, più recentemente, ha riportato alla ribalta questa regione come terreno di uno scontro strisciante tra Stati Uniti e Russia, con l'Unione Europea, Iran e Turchia spettatori interessati. Crisi separatiste (Cecenia), conflitti sotterranei o aperti (in primo luogo quello irrisolto tra Armenia-Azerbaijan), hanno lasciato in questa regione, come nei Balcani, migliaia di profughi dimenticati.
Il lavoro che intendiamo avviare su quest'area, almeno in un primo momento, sarà ovviamente limitato a quelle che sono le nostre risorse. L'Osservatorio sul Caucaso diviene però per noi un impegno costante, parte strutturale di Osservatorio sui Balcani, con una sua proiezione temporale continua anche se per il momento limitata a poche uscite settimanali.
Articoli, traduzioni, segnalazioni, materiali fotografici e reportage dal Caucaso accompagneranno così, da domani in poi, la vostra lettura. Cercheremo di analizzare i conflitti e gli eventuali percorsi di elaborazione degli stessi, parleremo di ambiente, di stato sociale, di beni comuni, di economia e salute. Ci impegniamo a parlare soprattutto di cultura. Per cercare di capire, anche in questo caso, se in quella regione tra Mar Nero e Mar Caspio esiste una frontiera oppure un ponte, un mondo che comprende altri mondi, cioè un antidoto alla trappola dello scontro di civiltà.
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