Bosnia, nazionalismo e religione

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28 May 2012

9 gennaio, Natale ortodosso. Un reportage del fotografo Matteo Vegetti su questa cerimonia religiosa a Srebrenica, Bosnia Erzegovina. In questo racconto quanto ancora lacerante sia il conflitto ed il contrasto tra l'ostentazione dei simboli ed una convivenza possibile. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Il reportage completo può essere visionato sul sito di Matteo Vegetti.

Nella Srebrenica del giorno d'oggi, dove più di 8000 musulmani persero la vita durante l'atto di pulizia etnica più crudele di tutte le Guerre dei Balcani, l'ormai maggioritaria popolazione serba si prepara all'avvento del Natale: il tradizionale ramo di quercia (che verrà bruciato la notte della Vigilia) viene tagliato da boschi ancora coperti di neve, le donne sono rinchiuse in cucina a preparare una quantità incredibile di cibo e gli uomini sono per strada ad arrostire maiali (o montoni per le famiglie più ricche), ad ubriacarsi a bicchieri stracolmi di rakia (la fortissima grappa locale) e cantando a squarciagola inni nazionalisti che glorificano la Grande Serbia (il folle sogno di Milosevic di un territorio unificato per tutti i Serbi dell'ex-Yugoslavia).

Nel frattempo, la restante popolazione musulmana resta a guardare in silenzio mentre le celebrazioni raggiungono il loro culmine la Vigilia di Natale, con la Santa Messa, e la mattina successiva, dove il maiale viene mangiato freddo e ogni famiglia serba si gode una colazione a base dell'onnipresente rakia.

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