Il governo serbo ha la rigettato la bozza di accordo per la normalizzazione dei rapporti con il Kosovo proposta dall'Alto rappresentante UE per gli Affari Esteri Catherine Ashton, chiedendo però l'immediata riapertura del processo negoziale con Pristina. Il servizio di Francesco Martino per il Gr di Radio Capodistria [8 aprile 2013]
E' stato un voto all'unanimità quello con cui, ieri sera, l'esecutivo serbo guidato da Ivica Dacic ha detto “no” al possibile accordo col Kosovo tessuto in questi mesi dalla diplomazia dell'Unione europea.
“Non possiamo accettare le soluzioni offerte, perché non garantiscono i diritti umani e la sicurezza dei Serbi che vivono in Kosovo”, ha dichiarato Dacic durante la seduta del governo di Belgrado. Per poi aggiungere: “Un'intesa di questo genere non è applicabile, e non porterebbe ad una soluzione finale e duratura”. Principale pomo della discordia resta il Kosovo del nord, a maggioranza serba, cui Belgrado vorrebbe garantire larga autonomia.
Dacic ha però chiesto la riapertura immediata del tavolo negoziale con Pristina, confermando la volontà della Serbia di giungere ad una soluzione di compromesso “attraverso mezzi pacifici”.
Alla notizia, l'Alto rappresentante Catherine Ashton ha espresso disappunto per il no di Belgrado. “Dopo otto round negoziali”, ha dichiarato la Ashton, “sono convinta che tutti gli elementi per giungere ad un accordo siano sul tavolo. Faccio appello alle parti per un ultimo sforzo che porti ad un'intesa, negli interessi di entrambi i popoli”. Voci deluse sono arrivate anche dal governo kosovaro.
Che l'accordo non si sarebbe fatto era apparso evidente dalla mattinata di ieri, quando il vice-premier Aleksandar Vucic, leader del Partito progressista, forza di maggioranza relativa in Serbia, si era espresso apertamente contro.
Ancora nessuna chiarezza sui prossimi sviluppi: con quale formula, come e quando verranno ripresi i negoziati. Nel frattempo, però, la speranza della Serbia di ottenere a breve da Bruxelles una data per l'apertura dei negoziati di adesione all'UE, si fa sempre più flebile.