Continua il braccio di ferro tra Kosovo e Serbia scatenato dalle norme introdotte da Pristina sulle targhe provvisorie che le auto serbe devono montare per circolare in Kosovo. L'Ue tenta di portare le due parti al compromesso, ma fatica a ottenere risultati. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [30 settembre 2021]
Dura ormai da dieci giorni il duro scontro tra Kosovo e Serbia, in un'escalation che ha portato al blocco dei passaggi di frontiera nel nord del Kosovo e allo schieramento delle forze speciali della polizia kosovara da una parte e di unità dell'esercito serbo dall'altra.
Motivo del contendere sono le nuove norme introdotte da Pristina, che impongono targhe provvisorie ai veicoli serbi in ingresso in Kosovo, disposizione che ricalca quella in vigore da anni per le auto kosovare che vogliono circolare in Serbia: una decisione che ha scatenato la rabbia della minoranza serba in Kosovo, soprattutto nelle aree del nord, abitate compattamente da popolazione serba.
L'Ue ha messo in campo la propria diplomazia per spingere le parti al compromesso e ieri le delegazioni serba e kosovara si sono incontrate a Bruxelles. Nonostante l'annuncio di un accordo preliminare, però, i team negoziali sono rientrati in patria senza arrivare alla firma di un'intesa definitiva, e al momento non è chiaro quando ci sarà un nuovo incontro tra le parti.
Anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, attualmente in visita nei Balcani occidentali in preparazione del summit tra i paesi dell'area e l'UE, previsto il prossimo 6 ottobre a Brdo pri Kranju sotto la presidenza di turno slovena, ha fatto ripetutamente appello alla calma. “La cooperazione è l'unica strada possibile”, ha detto la von der Leyen, secondo la quale il dialogo facilitato dall'UE “è l'unica piattaforma in grado di risolvere l'attuale conflitto”.
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