In Kosovo cade il governo di Albin Kurti nel mezzo dell'emergenza coronavirus, lasciando il paese nel caos. Allo scontro politico interno si sovrappone l'ombra della crescente distanza tra USA ed UE sulla risoluzione dei rapporti tra Pristina e Belgrado. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [26 marzo 2020]
Dopo appena 52 giorni dal suo insediamento è caduto ieri in Kosovo il governo di Albin Kurti, storico leader del movimento “Vetevendosje”. Dopo una seduta fiume, è passata la mozione di sfiducia presentata dagli ex-alleati della Lega democratica del Kosovo, lasciando il paese nel caos nel mezzo dell'emergenza COVID-19.
Lo scontro è esploso la settimana scorsa, quando Kurti ha licenziato in tronco il ministro degli Interni Agim Veliu, vice presidente della Lega, favorevole insieme al suo partito a dichiarare lo stato d’emergenza sulla gestione dell'epidemia, misura che avrebbe consegnato le redini del paese nelle mani del presidente Hashim Thaçi, storico avversario del primo ministro.
Alla base del dissidio emergono però motivi più profondi, che chiamano in causa gli Stati Uniti. L'amministrazione Trump – che negli ultimi mesi ha mostrato rinnovato attivismo nell'area - non ha mai nascosto i propri dubbi su Kurti, considerato inadatto a portare a termine un accordo definitivo tra Pristina e Belgrado.
Washington non ha mai nascosto di preferire Thaçi, invitato alla Casa Bianca nelle settimane scorse insieme all'omologo serbo Aleksandar Vučić, in un incontro che ha rafforzato le voci su un possibile imminente accordo che, secondo Kurti, includerebbe un pericoloso scambio di territori.
La crisi di governo è stata salutata con preoccupazione dai principali paesi europei, che hanno invitato inutilmente i politici kosovari alla responsabilità nel mezzo della pandemia di coronavirus. A protestare, battendo rumorosamente pentole dalle proprie finestre, anche migliaia di cittadini kosovari, confinati in casa mentre il numero dei contagiati da COVID-19 nel paese ha raggiunto quota 71.
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