© Goran Vrhovac/Shutterstock

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Firmato la settimana scorsa un accordo a tre tra Serbia, Macedonia del Nord e Albania per facilitare il movimento di persone e merci sul modello di Schengen. Un'iniziativa  regionale che trova resistenze soprattutto in Kosovo. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [14 ottobre 2019]

Libero movimento di persone, capitali, merci e servizi: insomma, una "mini-Schengen" in formato balcanico. È questo il senso dell'accordo a tre firmato giovedì scorso a Novi Sad dai premier di Serbia, Macedonia del nord ed Albania, che puntano a finalizzare l'intesa entro il 2021, quando si potranno attraversare i confini con la semplice carta d'identità.

L'idea di uno “spazio di libero scambio” nei Balcani occidentali è un'idea promossa da tempo dal primo ministro serbo Aleksandar Vučić, una prospettiva di integrazione regionale sul modello europeo proprio mentre l'Ue sembra sempre più scettica sull'includere la regione in tempi ragionevoli.

L'accordo mira a creare nei Balcani occidentali le condizioni per un futuro migliore, standard di vita più alti e meno disoccupazione. “Abbiamo problemi e discordie, ma questo non deve impedirci di trovare un'intesa per il benessere comune dei nostri cittadini”, ha commentato a caldo il premier albanese Edi Rama.

Il suo omologo macedone Zoran Zaev ha rilanciato invece la prospettiva regionale dell'iniziativa, annunciando che i rappresentanti di Bosnia Erzegovina, Montenegro e Kosovo saranno invitati il prossimo 10 novembre ad Ohrid per discutere di un possibile ulteriore allargamento dell'accordo.

Una speranza che però fa i conti con forti resistenze sopratutto in Kosovo, attualmente impegnato in una guerra doganale con Serbia e Bosnia Erzegovina. La firma dell'accordo è stata già esplicitamente criticata da Vjosa Osmani, leader della Lega democratica del Kosovo, che con tutta probabilità andrà a formare il prossimo esecutivo a Pristina insieme al movimento Vetëvendosje.

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