E' ripartito dopo un lungo stop il dialogo bilaterale tra Serbia e Kosovo in cerca della normalizzazione dei rapporti reciproci. Nonostante il rinnovato sforzo di mediazione dell'UE, la ricerca di un compromesso tra Belgrado e Pristina resta lunga e faticosa. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [18 luglio 2020]
E' una ripartenza difficile, ma è pur sempre una ripartenza. Giovedì scorso il presidente serbo Aleksandar Vučić e il premier kosovaro Avdullah Hoti si sono incontrati a Bruxelles per far ripartire i negoziati tra le parti interrotti da quasi due anni.
Lo sforzo negoziale arriva a poche settimane dal flop del vertice bilaterale fortemente voluto dall'amministrazione Trump, e naufragato dopo l'annuncio dell'incriminazione del presidente kosovaro Hashim Thaçi per crimini di guerra da parte della Corte speciale sui crimini dell'UCK.
Obiettivo della rinnovata trattativa, mediata dal Rappresentante UE per la politica estera Josep Borrell, è quello dei normalizzare i rapporti tra Belgrado e Pristina dopo la dichiarazione di indipendenza dal Kosovo del 2008, mai riconosciuta dalla Serbia, passo indispensabile per assicurare ad entrambi una prospettiva di integrazione europea.
Sulla questione dello status del Kosovo, come prevedibile, non è stato fatto alcun progresso concreto. Vučić ha anzi espresso nervosismo verso la posizione kosovara, accusando Hoti di voler ottenere “tutto e subito” e aver tentato di “ricattare” la Serbia.
Qualche passo in avanti c'è invece stato sui temi delle persone scomparse, dei rifugiati e delle questioni economiche. Il premier kosovaro ha espresso fiducia nel nuovo sforzo di mediazione dell'UE guidato dal nuovo rappresentante speciale Miroslav Lajčák, ma ha ricordato che per Pristina l'unico sbocco delle trattative è il riconoscimento del Kosovo da parte serba.
Le trattative continueranno ora a livello dei funzionari e lontano dai riflettori, mentre il prossimo incontro ad alto livello è stato messo in agenda per settembre.
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