Aleksandar Vučić - ToskanaINC/Shutterstock

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La Serbia continua a imporre misure tra le più rigide per contenere il coronavirus. Nel clima di emergenza, il presidente Vučić ha concentrato nelle sue mani ancora più potere, sollevando nell'opposizione preoccupazioni sulla tenuta democratica del paese. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [9 aprile 2020]

“Siamo arrivati alla quinta settimana di quarantena e il sistema sanitario resta ancora in piedi”. Con queste parole la premier serba Ana Brnabić ha difeso davanti al paese le pesanti misure adottate da Belgrado per combattere l'epidemia di coronavirus, tra le più restrittive in Europa, annunciando che anche il prossimo weekend sarà segnato dal coprifuoco, imposto da venerdì pomeriggio fino a lunedì mattina.

In Serbia il numero dei contagiati ha superato i 2600, mentre quello dei morti ha toccato quota 65. Per contenere i contagi, il governo di Belgrado sta vagliando anche la possibilità di isolare le città più toccate dal virus, come Belgrado, Niš e Novi Pazar, mentre da alcuni giorni tutti i malati, anche quelli con sintomi lievi, vengono trasferiti obbligatoriamente in ospedali provvisori organizzati d'emergenza.

Non tutti però accolgono in modo acritico le misure anti-COVID varate sotto lo sguardo attento del presidente Aleksandar Vučić, che con lo stato di emergenza ha accentrato ancora di più il potere nelle sue mani, e che – secondo voci autorevoli dell'opposizione – sta sfruttando la situazione per rafforzare il carattere autocratico del potere in Serbia.

La settimana scorsa, ad esempio, dopo l'introduzione di un discusso provvedimento anti fake-news, una giornalista è stata fermata per 48 ore dopo aver denunciato le condizioni pericolose in cui lavorano medici e operatori sanitari a Novi Sad.

Vučić, che ha annunciato che anche il suo primogenito Danilo è risultato positivo al COVID-19, non ha escluso la possibilità di introdurre un coprifuoco di 24 ore su 24 a Belgrado “se questo dovesse rendersi necessario”.

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