Dopo un faticoso processo, il 21 gennaio la Serbia apre i negoziati di adesione all'Unione europea. Sui fronti politico ed economico, però, le prospettive per il 2014 appaiono meno brillanti. Il servizio di Francesco Martino per il GR di Radio Capodistria [11 gennaio 2014]
Il 2014 della Serbia si apre con una data storica: il 21 gennaio Belgrado aprirà finalmente i negoziati di adesione all'Unione europea. Un risultato atteso, che corona un processo di avvicinamento spesso travagliato.
Nell'anno che si è aperto, il sogno europeo rischia però di scomparire in fretta dall'attenzione dei cittadini serbi. In primavera sarà la politica interna a scalare le prime pagine dei giornali: sempre più insistenti infatti le voci di elezioni anticipate, che potrebbero stravolgere il panorama politico a Belgrado.
E' il Partito progressista del vice-premier Aleksandar Vučić, oggi prima forza in parlamento, a spingere per il voto. I sondaggi danno ai progressisti un larghissimo sostegno popolare, oltre il 40% e Vučić non nasconde la speranza di conquistare la maggioranza assoluta e scaricare gli attuali alleati, i socialisti del premier Ivica Dačić.
Nel 2014, sarà però soprattutto l'economia al centro delle preoccupazioni. Il quadro è grigio: molti analisti si dicono preoccupati. Per limitare il deficit, previsto per quest'anno al 7,1% del PIL, il governo ha votato una lunga serie di misure di austerità. Dal 1 gennaio è aumentata l'IVA sui prodotti di prima necessità: decisione che erode la capacità di acquisto dei consumatori serbi, che oggi devono far quadrare i conti con uno stipendio medio di 380 euro al mese.
L'economia crescerà a ritmi anemici, e duecento aziende pubbliche dovranno essere ristrutturate. Per molti il 2014 rischia quindi di diventare l'anno della disoccupazione. E i senza lavoro, in Serbia, sono già oltre il 24%.