Rigassificatore - © Vytautas Kielaitis/Shutterstock

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La guerra in Ucraina ha messo in crisi la sicurezza energetica di molti paesi dei Balcani, dipendenti dalle forniture russe. Il lancio di un rigassificatore ad Alexandroupolis, in Grecia, viene visto come il primo passo verso una diversificazione sostenibile. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [8 maggio 2022]

Dovrebbe diventare operativo entro il dicembre 2023 - con una capacità di 5,5 miliardi di metri cubi di gas all'anno – il rigassificatore lanciato lo scorso 3 maggio nella città portuale greca di Alexandroupolis.

All'inaugurazione dei lavori erano presenti i premier di Grecia, Bulgaria, Macedonia del nord e Serbia, tutti paesi urgentemente pressati a diversificare le proprie fonti di approvvigionamento energetico alla luce della crisi provocata dall'aggressione russa all'Ucraina.

Il lancio del rigassificatore di Alexandroupolis, che renderà possibile l'importazione di gas liquefatto verso buona parte dell'Europa sud-orientale, arriva pochi giorni dopo la decisione del gigante russo Gazprom di bloccare l'esportazione di gas verso la Bulgaria, dopo il rifiuto di Sofia di effettuare i pagamenti in rubli, come richiesto dal Cremlino.

Una mossa, quella di Mosca, che ha messo nuovamente in evidenza la fragilità della sicurezza energetica nell'area, data la fortissima dipendenza dalle forniture russe. Fino ad oggi la Bulgaria ha importato quasi solo gas russo, che transita poi fino alla Macedonia del nord.

Anche la Serbia, che non ha imposto sanzioni alla Russia, portando avanti la sua tradizionale politica di equilibrismo tra Russia e Occidente, e che per ora non dovrebbe incorrere in azioni di rappresaglia energetica da parte del Cremlino, mette le mani avanti e cerca fonti alternative in vista di un futuro comunque incerto.

Per la Grecia, invece, l'impianto di Alexandroupolis significa diventare sempre di più un hub energetico indispensabile per tutta la regione.

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