Resta tesa la al confine tra Serbia e Kosovo, con barricate e nervosismo palpabile. Al centro della contesa, le nuove norme introdotte da Pristina sulle targhe provvisorie che le auto serbe devono montare per circolare in Kosovo. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [25 settembre 2021]
E' il sesto giorno di proteste e barricate ai valichi di Jarinje e Brnjak, al confine tra Serbia e Kosovo. I serbi del nord del Kosovo hanno ostruito i passaggi di frontiera con decine di camion, e minacciano di andare avanti ad oltranza nonostante il dispiegamento in forze delle unità speciali della polizia kosovara.
La tensione è esplosa dopo la decisione del governo di Pristina di imporre una targa provvisoria alle auto serbe in entrata in Kosovo, dopo la scadenza di un accordo sulla circolazione firmato inizialmente nel 2011. Per Pristina le nuove norme rappresentano una semplice misura di reciprocità, visto che le auto con targa kosovara sono già costrette a montare una targa provvisoria per poter circolare in Serbia.
La loro introduzione ha però dato vita a fortissime proteste da parte della minoranza serba in Kosovo, soprattutto nel nord, area abitata prevalentemente da serbi. In risposta il governo kosovaro ha inviato sul posto le forze speciali, in un crescendo di tensione e recriminazioni.
Giovedì, tre serbi-kosovari hanno denunciato di essere stati malmenati dalla polizia mentre raccoglievano legna non lontano da Brnjak, un'accusa che è stata fermamente respinta da Pristina e definita “un tentativo di disinformazione”.
Esortazioni alla calma e al dialogo sono arrivati sia dall'Unione europea che dagli Stati Uniti, ma per il momento la tensione resta alta: il presidente serbo Aleksandar Vučić ha minacciato il blocco totale del processo negoziale con Pristina fino al ritiro delle forze speciali della polizia kosovara.
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