Il presidente kosovaro Hashim Thaçi ha confermato la volontà di Pristina di portare la Serbia di fronte alla giustizia internazionale con l'accusa di genocidio, per i fatti risalenti al conflitto di fine anni '90. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [6 aprile 2017]
"In tempi rapidi chiederemo giustizia per il tentato genocidio che la Serbia tentò di realizzare in Kosovo. Domanderemo anche i danni di guerra. E' un dovere nei confronti della nostra storia". Il presidente kosovaro Hashim Thaçi rilancia l’intenzione di Pristina di portare Belgrado di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia per quanto accaduto durante conflitto di fine anni '90, che portò all'intervento NATO e alla dichiarazione di indipendenza di Pristina del febbraio 2008.
Durante la guerra più di 10mila kosovari albanesi persero la vita e a tutt'oggi, 1700 persone risultano introvabili. Parlando alla stampa locale, Thaçi ha ribadito che Pristina è impegnata da anni nel raccogliere i documenti che proverebbero "con certezza assoluta" la volontà genocidaria delle forze delll'allora presidente jugoslavo Slobodan Milošević.
La mossa, rischia però di complicare il processo di normalizzazione dei rapporti tra Kosovo e Serbia, già in stallo nonostante gli sforzi dell'Unione europea e di intrecciarsi con l’apertura della Corte Speciale sui presunti crimini della guerriglia albanese, voluta dall’Ue, in cui lo stesso Thaçi potrebbe risultare indagato.
In passato, sia Croazia che Bosnia-Erzegovina hanno già portato la Serbia a giudizio per genocidio, con risultati discordi. Nel 2015 la Corte Internazionale rigettò la richiesta croata insieme alla parallela contro accusa serba. Nel 2007 il massimo tribunale dell’ONU confermò il genocidio a Srebrenica, ma senza provare la responsabilità diretta di Belgrado. E il mese scorso, un tentativo bosniaco di chiedere un nuovo giudizio è stato bocciato tra le polemiche.
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