Proseguo da dove ho terminato l’intervento iniziale: meno chiacchiere e più fatti. È un’osservazione sulla quale la maggior parte dei molti spunti interessanti emersi in questo dibattito non dovrebbe aver difficoltà a convergere. Eppure, cosa vuol dire concretamente ?...
Una cosa che in questa fase si può chiedere all’Ue e ai governi dei Balcani occidentali é di “portarsi avanti” con il lavoro. Ci sono diverse cose che devono essere fatte prima di avviare il processo di adesione vero e proprio. Prima fra tutte, il cosiddetto “screening’”: ovvero un’analisi complessiva, ministero per ministero, dello status quo in termini di riforme compiute e/o delle inadempienze tecnico-amministrative dei Paesi aspiranti all’adesione. Sulla base di questa analisi, la Commissione deve poi produrre un “parere” sul livello di riforme raggiunto dai singoli Stati. Procedure queste, che normalmente portano via un anno, se non più.
Non entro nei dettagli: chi fosse interessato può leggere un eccellente rapporto pubblicato dal European Council of Foreign Relations (ECFR) che spiega il meccanismo. La sostanza è la seguente: in un momento di crisi economica e “fatica da allargamento”, il segnale più concreto della nostra volontà di far avvicinare i Balcani all’Europa è di cominciare quel lavoro che dovremo fare comunque per negoziare l’adesione.
Nel 2005, quando la Commissione presieduta da Giuliano Amato produsse il suo rapporto, l’Ue emergeva dall’allargamento ad Est, dall’introduzione dell’Euro e si confrontava con i fallimenti degli Stati Uniti in Iraq. Era un’Europa ambiziosa e fiduciosa, e anch’io apprezzai quella presa di posizione così esplicita e forte. A prescindere dall’opportunità o meno di dare scadenze, su cui mi sono espresso nel precedente intervento, il rapporto della Commissione ricevette giustamente plausi, perché la caratura ed il peso dei membri di quel gruppo segnalavano uno slancio politico significativo.
A cinque anni di distanza, le cose si sono complicate. O meglio, quella tesi potrebbe e dovrebbe essere difesa da quegli uomini di governo (in Europa pochi, al momento) che sostengono il processo di allargamento; l’osservatore si limita a leggere ed interpretare Il clima circostante, che purtroppo non si presta a slanci.
Detto questo, l’osservatore non è mai perfettamente neutrale. Quindi per riprendere la frase di un lettore, se dovessi scommettere i fatidici 10 euro, spererei nell’adesione dell’ultimo Paese dei Balcani occidentali all’Unione europea entro il 2020.