La cooperazione decentrata può aiutare la Serbia ad accelerare il proprio percorso verso l'integrazione europea? Una tesi di laurea, riceviamo e volentieri pubblichiamo
Di Elisabetta Pesenti
A che punto è oggi la transizione della Serbia alla democrazia? Nel 2005 è stato approvato lo studio di fattibilità, primo passo per l'integrazione in Unione Europea. Ma tra quanti anni la Serbia vedrà davvero realizzato l'accesso? Dal punto di vista della governance e dello Stato di diritto questo Paese sta procedendo concretamente all'attuazione di importanti riforme, ma molte riorganizzazioni e cambiamenti sono ancora da effettuare. Qual è il motivo della lentezza di questo processo, che sembra non imboccare mai definitivamente la via dell'irreversibile concretizzazione? Perché in quest'area e non in altre il fenomeno dei nazionalismi è nato, cresciuto, si è aggrovigliato su se stesso per poi esplodere a ritmo intermittente e con modalità così peculiari? Come potrebbe la Serbia di oggi cercare di rendere la sua posizione geografica un punto di forza e non un luogo di stagnazione di criminalità, un crocevia di commercio di droga, armi, e destabilizzazione?
Queste sono alcune delle domande cui si è cercato di dare una risposta con questo lavoro di ricerca, che tuttavia ha messo in evidenza non tanto la strada percorsa dalla Serbia verso la democratizzazione, quanto piuttosto la lunghezza del cammino ancora da percorrere.
La Serbia di oggi è un Paese che sta affrontando un processo di transizione alla democrazia complicato e non del tutto lineare; in questi anni, infatti, si sono alternati momenti di grande ottimismo ad altri di inerzia, se non di cauta rassegnazione. L'analisi qui svolta ha presentato alcune piste di riflessione sullo stadio di democratizzazione della Serbia, e sul contributo che la cooperazione internazionale - decentrata - offre e potrebbe offrire in futuro. Essa cerca, da diversi anni, di dare una spinta propulsiva al consolidamento della democrazia nella regione, collaborando per velocizzare l'attuazione del processo di decentramento amministrativo, in accordo con le linee adottate dall'Unione Europea. Incontra tuttavia diverse difficoltà, dovute soprattutto ad una classe politica ancora vicina a Milosevic e poco disposta a perdere i propri privilegi in funzione della democratizzazione del Paese.
È chiaro che più si cerca di attuare un intervento decisivo nelle dinamiche di una società, più si accoglie il rischio di fallimento, che nel caso analizzato dell'UNOPS è comunque relativo, come dimostrano i numerosi traguardi esposti in quest'analisi. Secondo il mio punto di vista, il valore aggiunto della cooperazione decentrata potrebbe essere molto meno tangibile di quanto non si creda; i progetti implementati attraverso una collaborazione realmente paritaria tra l'UNOPS e un ente locale serbo, al di là dei risultati concreti, potrebbero innescare un processo, cosa ben più preziosa. Essi potrebbero condurre a un processo di "risveglio" della coscienza sociale, attraverso dinamiche di lavoro il meno invasive possibile, e il più possibile partecipative. Perciò, per quanto cauti possano essere i commenti sull'influenza dell'UNOPS nel processo di democratizzazione dell'area, si può affermare che, allo stadio attuale, il tipo di impostazione utilizzato dal Programma UNOPS City-to-City è probabilmente l'unica carta giocabile, in una zona ancora oggi segnata dai fantasmi del suo prepotente passato.
Vai al testo completo della tesi (pdf)