Un'analisi che parte dalla definizione del modello democratico scelto dal governo armeno, quello occidentale, e valuta i parametri atti a dare una valutazione qualitativa e quantitativa delle performance democratiche
A cura di Marilisa Lorusso
I criteri di democraticità prescelti nella ricerca sono i processi elettorali e la partecipazione al potere, intesa come divisione orizzontale e verticale del medesimo. Si ottiene un diagramma a tre dimensioni, dove la resa democratica rivela delle fasi alternanti di ascesa e contrazione della democrazia.
Nel primo pezzo si considerano le fasi della vita democratica, così sommariamente divise: 1988 - 1990 ascesa di domanda democratica; 1991 - 1994 parziale sviluppo democratico; 1995 - 1996 crisi democratica; 1996 - 1997 governo scarsamente democratico; 1998 ripresa democratica. Segue una lunga fase di stagnazione, che è definita in base ai processi elettorali e alla ripartizione orizzontale del potere, definita come il numero degli attori che sono coinvolti o incidono nel processo decisionale. Ci si concentra su i mass media e della società civile. Dei primi si ricostruisce il grado di indipendenza, fortemente inficiato dai costi. Della società civile viene considerata la maturità di coscienza dei diritti umani, il ruolo dell'intelligencija, la struttura della società stessa.
Il secondo pezzo propone uno studio della divisione verticale del potere, che ne prevede la ripartizione fra organi ed enti territoriali differenti. In Europa, laboratorio di varie forme di autonomia, si possono incontrare esempi differenti, che vanno da un accentramento massimo, a una sua massima distribuzione, come nel caso dell'estrema autonomia dei Cantoni Svizzeri.
La Costituzione armena del 1995 riconosceva nel Capitolo VII la divisione del territorio e la presenza dei relativi enti di rappresentanza ed esercizio dell'autorità locali. Ma di fatto la mancanza di un vincolo fiduciario fra i rappresentanti locali e la popolazione, essendo i primi nominati dal centro e non eletti, non ne garantiva la necessaria autonomia. Con l'adesione alla Carta Europea delle Autonomia Locali, nel 2002, l'Armenia si impegnava a potenziare l'indipendenza di comunità rurali e cittadine, e delle regioni o province. Conformemente agli impegni presi venivano stese la Legge per gli Enti Locali (lg. 337/2002) e veniva emendata la Costituzione (Capitolo VII, 2005). La legge si sofferma soprattutto sulla descrizione dei mezzi economici per esercitare la propria piena autonomia, nonché sulla procedura per la rimozione del capo di comunità, che deve essere sottratta agli arbitri del potere centrale. La norma costituzionale passa in rassegna i poteri delle 10 province. Esse presentano degli aspetti di omogeneità ma anche, parzialmente, potenzialità e problematiche differenti
Il contributo della cultura costituzionale e della tradizione democratica estere stanno forgiando l'esperienza armena, ma si può sottovalutare la ricca potenzialità del diritto locale, dato che le statualità dell'ere antica e medievale offrono, nelle teorizzazioni e nel diritto coevi, spunti che potrebbero avere degli aspetti di attualità. L'immaginario collettivo armeno non percepisce tali segmenti di storia come remoti e potrebbe accettare con più serenità e coerenza una normativa che si ricollega a forme di autonomia autoctona che l'implementazione procedurale di strumenti esteri.
Scarica primo pezzo: La democrazia armena
Scarica secondo pezzo: Democrazia e Partecipazione: la ripartizione verticale del potere in Armenia