Come ha influito l'allargamento ad un'Europa a 25 sui processi di immigrazione in seno all'UE? Una tesi di laurea

26/01/2006 -  Anonymous User

Di Marcella Dalla Cia

Dalle sue origini ad oggi, molti aspetti hanno rivoluzionato la vita della Comunità europea prima e dell'Unione poi. L'allargamento del 1° maggio 2004 è stato il più ampio nella storia dell'integrazione fra gli Stati del continente e ha riguardato dieci Paesi, otto dei quali dell'Est Europa, con forti disparità economiche rispetto agli attuali membri dell'Ue (livelli di occupazione, di reddito e Pil, inflazione, ecc.).

Il fenomeno dell'immigrazione, inquadrato sia dentro i confini comunitari che in relazione a Paesi terzi, influisce giornalmente sull'economia europea. Analizzarlo significa confrontarsi con la normativa a riguardo, con l'introduzione degli accordi di Schengen, con la loro assimilazione nel diritto Ue dopo l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, con il loro recepimento a livello nazionale e con la legislazione statale relativa al trattamento degli immigrati e dei lavoratori cittadini dell'Unione europea.

L'ingresso nell'Ue è stato fortemente voluto da quei Paesi che, usciti dall'orbita di Mosca, hanno saputo rilanciare la loro economia, pesantemente condizionata durante il periodo della Guerra Fredda. Dall'inizio degli anni Novanta ad oggi i loro progressi sono stati notevoli e l'obiettivo dell'ingresso nell'Unione ha permesso livelli di crescita mai raggiunti prima. Eppure questi Stati dovranno ancora aspettare, sia per l'ingresso nella zona Euro (i primi saranno forse Estonia, Lituania e Slovenia in questo 2006 o nel 2007), sia per una piena liberalizzazione della circolazione delle persone (solo alcuni Stati, es. la Gran Bretagna, vi hanno a tutt'oggi acconsentito).

Per il primo obiettivo, non derogabile come per altri Paesi, verranno applicati i criteri di Maastricht (deficit pubblico non eccedente il 3% del Pil, indebitamento non superiore al 60% del Pil, inflazione inferiore alla media dei tre migliori Paesi), e la moneta nazionale dovrà essere monitorata per un periodo di due anni all'interno del Meccanismo di Cambio europeo. Le questioni aperte sono quelle che preoccupano i governi di tutta l'Unione, in particolare il modo di far valere per ogni Paese decisioni prese centralmente e che devono essere applicate alle realtà più diverse.

Per ciò che concerne la libera circolazione delle persone, questa è il fattore più temuto dagli Stati dell'Unione europea, soprattutto considerando che gli spostamenti della popolazione potrebbero essere favoriti da livelli superiori di benessere in altri Paesi. D'altra parte le buone performance economiche potrebbero stimolare nuove delocalizzazioni verso Est. Il rischio qui è che la convergenza delle economie ex socialiste verso i livelli dell'Unione possa scoraggiare dall'effettuare ulteriori investimenti: se il costo della manodopera eguagliasse quello garantito dalle leggi comunitarie gli imprenditori non avrebbero la convenienza a spostare segmenti produttivi.

Anche l'Italia si trova a dover affrontare queste problematiche e a doversi confrontare con economie galoppanti come quelle dei Paesi dell'Est, a fronte di un'economia perennemente stagnante. Essa più di altri Stati si trova impreparata, abituata per lunghi anni ad essere bacino di emigrazione piuttosto che terra di immigrazione. Ora che la situazione si è capovolta, il nostro Paese deve fronteggiare emergenze quotidiane, con una legislazione insufficiente e un'incapacità di leggere nell'immigrazione un'opportunità per dare respiro all'economia e per far fronte all'invecchiamento della popolazione.

Con l'allargamento nuovi canali si sono aperti per il fenomeno migratorio, soprattutto clandestini, che passano per la permeabilità delle frontiere balcaniche, e transitano attraverso i Paesi che sono entrati nell'Unione europea il 1° maggio 2004. L'incapacità di garantire la sicurezza dei confini è alla base della scelta di porre limiti ai flussi di persone provenienti proprio da questi Stati. Diventa allora fondamentale rendere più sicure le frontiere esterne dell'Unione, ma soprattutto adeguare la legislazione europea e nazionale alle esigenze della libera circolazione delle persone così come garantita dai pilastri del trattato di Maastricht.