Una tesina di ricerca sul tema dell'uranio impoverito. L'autore, Giorgio Ponti, è stato per due anni cooperante in Kossovo per conto dell'Associazione onlus di volontariato Fiorenzuola oltre i Confini.
Giorgio Ponti
Questa ricerca esamina un argomento assai controverso, e cioè l'utilizzo di armi al DU nei recenti conflitti armati e i suoi effetti sull'uomo e sull'ambiente. In questo contesto, diversi elementi mi inducono a ritenere che in certi casi il DU potrebbe rivelarsi altamente nocivo per la salute, ma che la sua pericolosità sia sovente sottovalutata soprattutto a causa delle oggettive difficoltà che si riscontrano nel tentativo di determinare sperimentalmente la presenza del metallo. D'altra parte è molto probabile che l'uso del DU rientri in una logica di mercato che favorisce gli interessi dell'industria bellica. Come si è visto risulta impossibile ammettere l'esistenza di una correlazione diretta fra l'esposizione alle radiazioni da DU e il manifestarsi di patologie tumorali nel personale militare come nei civili presenti nelle zone a rischio. Ritengo, tuttavia, importante ribadire che il DU ha una rilevanza sanitaria non trascurabile nel caso di esposizione interna, attraverso l'ingestione, l'inalazione o l'incorporazione attraverso ferite. Di conseguenza, i rischi derivanti dal DU andrebbero messi maggiormente in evidenza per mezzo di un'imponente e massiccia campagna di sensibilizzazione pubblica, rivolta soprattutto alle popolazioni, ai soldati e al personale a rischio. Non è possibile ignorare, infatti, che molti bambini potrebbero aver giocato intorno ai carri armati contaminati ed essere venuti a contatto con pezzi di munizioni esplose. Molti civili locali potrebbero inoltre aver pensato di vendere il DU come ferro o di usarlo come metallo per attrezzi. Per contenere i danni provocati dall'impiego di DU occorrerebbe insomma uno sforzo di maggior chiarezza e trasparenza da parte di tutte le istituzioni coinvolte. Per quanto riguarda questa ricerca penso che il quadro emergente da queste poche pagine sia sufficiente per dare al lettore una visione generale del problema e sia un'utile base su cui formulare alcune considerazioni conclusive.
- Il DU è pericoloso e dannoso sia chimicamente che radiologicamente se ingerito o inalato.
- Le ricerche e le analisi effettuate nei territori colpiti da proiettili al DU, dimostrano che la presenza di DU è difficile da determinare sperimentalmente.
- Dagli esami effettuati sui militari e sui territori colpiti, per iniziativa del governo italiano (commissione Mandelli) e all'estero da Organismi internazionali (Unep - Balkan Task Force e varie commissioni di studio sull'Iraq) non è stata individuata una correlazione diretta tra DU e forme tumorali, ma è lecito attendersi l'insorgenza di tumori da DU sia nella popolazione civile che nei militari.
- Gli effetti provocati dal DU sull'uomo saranno più chiari e visibili con il passare degli anni.
- A partire dal 1991 il DU è stato ampiamente impiegato in scenari di guerra nonostante i provvedimenti internazionali che lo proibiscono, perciò le autorità militari e politiche, nel nostro caso italiane, non potevano non essere a conoscenza di tutto ciò.
- Gli organi di informazione, per quanto riguarda il dibattito sul DU, sono intervenuti tardi e con notizie troppo frammentarie e superficiali generando allarmismi; a tutto ciò si aggiunge il totale silenzio di oggi, nonostante ci siano ancora conflitti in atto.
- Gli interessi economici e politici delle grandi potenze hanno ormai il sopravvento su qualsiasi altro tipo di valore al punto di arrivare a distruggere e danneggiare l'ambiente e le popolazioni che lo abitano.
- Le persone decedute e quelle ammalate sia tra la popolazione civile che militare sono state completamente dimenticata nonostante i casi continuino ad aumentare.
- Le guerre del nuovo millennio sono sempre più tra contendenti di forza impari ed oltre a provocare danni immediati, catastrofi ambientali e sconvolgimenti di popolazioni, gli effetti maggiori si avranno nel lungo periodo.
- Le armi al DU sono certamente il più raffinato e micidiale mezzo di distruzione di massa utilizzato nelle guerre contemporanee.
- A fronte anche dei più recenti eventi iracheni, è evidente che le norme di Diritto Internazionale non vengono rispettate e che Organismi Internazionali quali le Nazioni Unite sono sistematicamente assoggettate agli interessi di pochi Stati-nazione.
- Nei casi balcanico, iracheno, afgano ecc. i diritti alla salute, a vivere in un ambiente sano, alla libertà e all'informazione sono stati calpestati in nome di interessi economici e politici di pochi.
Il problema legato all'uso di DU per scopi bellici è solo uno dei tanti che minacciano il futuro della società, pertanto auspico che l'umanità, di fronte alla sua possibile distruzione, tra l'altro non più così tanto impossibile, si svegli dallo stato di sonnolenza in cui si trova e si ponga criticamente di fronte ad interessi che finiranno per distruggerla. Vorrei poi far notare l'omertà che recentemente regna intorno al problema dell'uso di DU per scopi bellici: provando con la mia stessa esperienza quanto, nel caso specifico delle indagini sanitarie italiane, la macchina burocratica ed organizzativa sia stata lenta ed inefficiente e si sia messa in moto solo di fronte a tragiche evidenze come la morte di alcune persone e la disperazione di quanti temevano per la loro salute. Purtroppo si è potuto tristemente constatare l'assoluta indifferenza da parte dei governi e delle istituzioni riguardo all'uso di DU in teatri bellici, indifferenza che è resa ancora più tragica oggi, nel momento in cui è stato ammesso il potenziale nocivo del DU per l'uomo. Nonostante l'evidenza del problema, nonostante si apprenda di tanto in tanto dagli organi d'informazione del decesso di altre persone (vedi recentemente in Sardegna), nonostante che le istituzioni abbiano ammesso la conoscenza dell'utilizzo e dei rischi legati al DU prima che scoppiasse il dibattito, nonostante siano passati anni e ci siano stati nuovi conflitti, mi ritrovo, e sono convinto che come me lo siano tanti altri, a dover lottare per essere sicuro di poter usufruire di un sistema di esami medici e di un monitoraggio sanitario che mi garantisca un minimo di salvaguardia contro i possibili rischi di malattia legati alla mia lunga permanenza nei Balcani. Non posso che essere pessimista di fronte a tanta negligenza, non posso non ricordare quante visite e quanti esami ho dovuto fare privatamente (dal 2001 al 2003) in attesa che si incominciasse a considerare che il DU non esiste solo per i militari, ma anche per i civili. In definitiva oggi mi trovo inserito nel protocollo di monitoraggio sanitario dell'Emilia-Romagna per coloro che hanno operato nell'area balcanica, ma che sforzo, quante proteste, e con quanta insistenza le ong hanno richiesto questo; mi chiedo se era dunque necessaria tanta fatica per rivendicare un diritto fondamentale sancito anche dalla nostra Costituzione: il diritto alla salute. In fin dei conti sì, era necessario combattere per ottenere giustizia. Ma allora cosa pensare, se in paesi democratici e considerati tra i più sviluppati come l'Italia, la verità diventa difficile da raggiungere, di quei paesi (Iraq, Afghanistan ecc.) dove la popolazione vive, ha vissuto ( vista la situazione odierna, ho paura vivrà ancora per molto), in condizioni precarie, in uno stato di democrazia fittizia e di guerra continua? La risposta è semplice: le popolazioni di questi paesi non rientrano nei nostri interessi di società occidentali, ma sono tutto al più considerate semplici oggetti, niente di più e niente di meno che numeri per le statistiche. È vergognoso sapere che interi popoli rischiano di essere "falcidiati" da flagelli invisibili e letali come il DU magari solo per il fatto di essersi trovati nella località geografica sbagliata o di essere nati nello stato sbagliato. Probabilmente nei prossimi anni gli studi dimostreranno che in questi paesi l'incidenza di malattie dovute al DU sarà aumentata e non si potrà più mettere in dubbio l'esistenza della cosiddetta "Sindrome"; pensiamo solo alla II Guerra del Golfo, la più recente, e vedremo che i suoi effetti saranno constatabili solo nei prossimi anni. Qui si sta parlando di nuove forme di guerra, più meschine e più raffinate, dove non si combatte più tra eserciti, ma dove si mira a distruggere l'uomo e l'ambiente nel tempo: in futuro quanti decessi ci saranno tra la popolazione irachena dovuti al conflitto che si combatte oggi e quanto ne risentirà l'ambiente? Non possiamo sapere la risposta, ma sicuramente possiamo sapere che ci saranno e che le conseguenze saranno enormi. La società civile, cosciente del pericolo costituito dall'uso del DU e da ogni altra forma di armamenti di questo tipo, si impegni a livello globale nella denuncia e nella messa al bando di queste sottili forme di distruzione di massa. Anche se di fronte agli interessi economico-politici degli Stati sarà difficile, non bisogna desistere e cercare la verità a tutti i costi se non vogliamo documentare ancora altre morti e se non vogliamo distruggere definitivamente la Terra sulla quale noi viviamo. Pertanto è indispensabile che ognuno di noi si impegni perché sia assicurata una giusta e puntuale informazione e non si assista più ad insabbiamenti e false notizie. La vita di migliaia di persone in Iraq, Serbia, Kosovo, Bosnia, Afghanistan e chissà dov'altro è in pericolo e forse già segnata; i prossimi anni saranno decisivi per conoscere la portata reale degli effetti del DU su queste popolazioni e i territori da loro abitati, noi stessi ne saremo testimoni, chi dall'esterno, chi sulla propria pelle, ma una cosa resta certa: non dobbiamo arrenderci. La vita è un bene troppo prezioso ed è per questo che bisogna anteporla a qualsiasi cosa: sia essa uno Stato, un governo o un'istituzione. Allo stesso modo il discorso vale per l'ambiente: senza terre sane e pulite l'uomo non potrà più esistere a lungo. Anche questo vuol dire globalizzazione: riaffermare in tutto il mondo i principi e i diritti base dell'umanità, senza i quali le società, dalle più moderne alle più primitive, sono destinate all'estinzione. In breve: se vogliamo salvarci e salvare il nostro pianeta dobbiamo opporci a qualsiasi tipo di guerra, sia essa "umanitaria", "preventiva" o "religiosa".