Un'analisi dal punto di vista della politologia del regime romeno di Ceausescu. Una tesi di laurea. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

03/12/2009 -  Anonymous User

Di Nunzio Vitellaro

Il seguente studio vuole analizzare da un punto di vista politologico il regime romeno di Ceausescu con il fine di meglio definirlo, oltre le classiche definizioni di "comunista" e "totalitario". Che tipo di stato è quello in cui un solo individuo ha il diritto - dovere di prendere tutte le decisioni, anche in campi in cui non ha la minima competenza? Che tipo di regime è quello in cui la famiglia del governante può trattare la proprietà pubblica come fosse propria?

Il primo capitolo è un'analisi e spiegazione del tipo di regime politico sultanistico. Il primo a parlare di sultanismo fu il grande sociologo tedesco Max Weber che nell'opera Economia e Società del 1922, analizza i "tipi di potere", tra cui, appunto, il potere sultanistico, concetto ripreso da diversi studiosi contemporanei, tra cui, in maniera particolarmente valida, dai due politologi Linz e Stepan.
Il secondo capitolo traccia le fasi attraverso le quali il regime del cosiddetto Conducator è diventato sultanista, abbandonando la leadership collettiva: in particolare la rotazione dei quadri del Partito Comunista, sistema che stroncava sul nascere qualsiasi tentativo di opposizione interna allo strapotere della famiglia Ceausescu, la politica estera alternativa a quella del Patto di Varsavia, che garantiva al regime la protezione internazionale dell'Occidente, e il comunismo nazionale, che dava grande supporto popolare.

Il terzo capitolo spiega le caratteristiche del regime nella sua fase sultanistica. Lo stile personale e le politiche di Ceausescu resero evidente che egli era completamente libero da legami di natura legal - razionale, come la leadership collettiva o gli statuti del partito, esercitando il potere in modo altamente personalistico ed arbitrario. Egli era in grado di imporre il suo volere in ogni ambito della vita pubblica romena, dai criteri per misurare le performance economiche, ai meccanismi di reclutamento del personale, dal modo in cui i dirigenti comunisti dovevano essere spostati cambiando carica continuamente, al modo in cui il centro di Bucarest doveva essere organizzato architettonicamente. Il Segretario Generale decideva l'agenda politica e la cambiava a suo piacimento in qualunque momento. Questa posizione di potere assoluto non era paragonabile a quella di nessun leader comunista dalla morte di Stalin in poi. Il potere personale del sultano, però, aumentava di pari passo al malcontento popolare che porterà alla rivolta nel dicembre del 1989. 376
Nel quarto capitolo vengono analizzati gli eventi che porteranno alla caduta del regime comunista e alla morte del governante. Non si tratta però, in questo caso specifico, di un semplice racconto storico; l'evolversi degli eventi del dicembre 1989 in Romania evidenzia l'ambiguità di quella presunta "rivoluzione popolare" e mette in luce la più probabile teoria del golpe interno al regime.

Il quinto capitolo, infine, è un'analisi comparata tra la Romania di Ceausescu e gli altri principali regimi sultanistici contemporanei (Haiti dei Duvalier, la Repubblica Dominicana di Trujillo, la Repubblica Centrafricana di Bokassa, le Filippine di Marcos, l'Iran dello Scià e la Corea del Nord di Kim Il Sung) che ci aiuta a capire come e quanto il regime di Ceausescu si sia discostato da un tipo sultanistico "puro".