Una retrospettiva storica sulla storia della Jugoslavia. Dal Regno di croati, serbi e sloveni ai bombardamenti NATO in Kosovo. Una tesi di laurea
Di Romano Rhodio
L'approfondita analisi degli eventi storici nella ex Jugoslavia, dai primi progetti di federazione degli slavi del Sud fino all'intervento della NATO in Kosovo, iniziato il 24 marzo 1999, sarà uno strumento utile dato che l'ambito in cui opera la "Norimberga balcanica" appartiene chiaramente al settore storico almeno per due motivi: il primo è il naturale corso del processo e dei capi d'accusa mossi contro Milošević che riguardano gli eventi -le guerre del 1991-1999- che hanno generato le accuse emesse dal TPIJ; tali accuse tuttavia necessitano un approfondimento ed un'analisi -ecco il secondo motivo- di tutte quelle scelte e di tutti quei fatti che hanno portato all'origine dello scoppio della "terza guerra balcanica" e della campagna militare denominata "Allied Force" ad opera della NATO. Dobbiamo tornare agli avvenimenti della II Guerra Mondiale particolarmente violenti nella Jugoslavia smembrata tra forze di occupazione e regimi fiancheggiatori, i quali hanno segnato in maniera incancellabile la travagliata e sanguinosa storia di questo paese.
Al termine del secondo conflitto mondiale, le stime sul numero delle vittime nel territorio della ex Jugoslavia manifestarono tutta la loro tragicità poiché nel corso della guerra i due terzi dei morti jugoslavi sono stati uccisi da altri jugoslavi e fanno dello Stato Indipendente di Croazia guidato dalla politica ustaša di Ante Pavelić dai caratteri antisemiti e antiserbi, lo Stato dell'Europa occupata che ha ucciso o lasciato uccidere la più elevata percentuale della propria popolazione.
Nella ex Jugoslavia esiste una vera e propria ossessione del passato, gli episodi della II Guerra Mondiale sono visti come se fossero fatti accaduti da pochi giorni e non appunto 50 anni prima. Questo perché al termine del conflitto, le scelte che hanno caratterizzato la Jugoslavia guidata dal Maresciallo Tito si sono concentrate sulla costruzione di una nuova identità, ovvero l'identità jugoslava e non croata o serba, basata sulla pacifica convivenza e sull'uguaglianza tra popoli.
In Germania, paese in cui il processo di riflessione sulla barbarie e sulla disumanità del regime nazista è stato affrontato e continua tuttora ad essere affrontato, si fa molta attenzione nel non ferire la sensibilità di quei popoli che hanno particolarmente sofferto, come il popolo ebraico. I croati proprio in considerazione del loro passato avrebbero dovuto assumere un atteggiamento allo stesso modo attento e soprattutto tangibile, ed accettare l'impiego di precauzioni linguistiche e di comportamento da adottare con un impegno particolare.
Terminata la II Guerra Mondiale la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia si distingue dal socialismo guidato dall'Unione Sovietica di Stalin e dei paesi satelliti del Patto di Varsavia; ma il socialismo jugoslavo non sarà semplicemente distinto da quello di Mosca; esso rappresenterà nell'intero corso della guerra fredda una vera e propria alternativa.
Il 4 maggio del 1980 è una data che segnerà inesorabilmente le sorti della Jugoslavia considerato che questa data, oltre ad essere il giorno della scomparsa di un capo di Stato, coinciderà con la "morte di una nazione" e la fine della diversità e della convivenza dell'ideale jugoslavo che consisteva in un sistema in cui convivevano sei gruppi nazionali: serbi, croati, sloveni, macedoni, montenegrini e musulmani bosniaci, oltre ad una miriade di gruppi etnici minori quali albanesi, ungheresi, italiani, bulgari, rumeni, slovacchi, cechi, ucraini, rom (zingari), turchi; che vi si usavano tre lingue ufficiali e due alfabeti - latino e cirillico - che vi si praticavano le religioni cattolica, ortodossa e musulmana. Politicamente era uno Stato federale diviso in sei repubbliche e due province autonome, retto da un regime socialista, diverso però da tutti gli altri socialismi reali.
Il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia è stato istituito dal consiglio di sicurezza dell'ONU il 22 febbraio 1993 attraverso la risoluzione n.808; ma è sei anni dopo l'istituzione del TPIJ, il 22 maggio del 1999, che vengono ufficialmente formalizzati i capi d'accusa per Slobodan Milošević dal procuratore capo della Corte Internazionale Louise Arbour. Due anni dopo l'incriminazione, il 30 marzo del 2001, l'ex Presidente è arrestato a Belgrado e trasferito il 29 giugno all'Aja, nel carcere di Scheveningen. La prima udienza preliminare del processo si apre il 3 luglio 2001.
Le difficoltà che hanno avuto gli organi di informazione nel seguire il processo sono comparse durante lo svolgimento delle udienze. La CNN sospenderà la trasmissione del processo dopo la proiezione, voluta dalla difesa, delle immagini che mostravano i danni causati dalla missione NATO "Deliberate Force".
Alla luce dei fatti, non sono poste in discussione le responsabilità dell'Imputato, ma le ombre e le ambiguità che emergono nella ricostruzione storica di avvenimenti così complessi e nella ricerca delle prove. Il Tribunale dell'Aja, verificate le pressioni a cui è sottoposto che limitano la sua libertà d'azione giuridica, si espone al rischio di scivolare nel sistema del "doppio standard" che consiste nel non poter applicare il concetto secondo il quale ogni vittima civile è espressione di un crimine contro l'umanità e che chiunque se ne renda responsabile deve essere punito secondo le leggi del Diritto internazionale.
Nella tesi viene dedicato ampio spazio alle vittime della II Guerra Mondiale, all'informazione nel corso della "III guerra balcanica", agli interessi illeciti (traffico internazionale di armi e di droga) nell'area, al Jihād in Bosnia ed ai volontari di fede islamica, alle testimonianze degli Osservatori Internazionali che fanno emergere le contraddizioni della missione OSCE, ed ampio spazio viene dedicato al TPIJ il quale assume, oltre al palese significato giuridico che rappresenta tale organo di giustizia, un'altra funzione: quella che si manifesta ed evidenzia attraverso il carattere dell'istituzione che, con il suo operato, "ufficializza" la dissoluzione definitiva ed irreversibile della Jugoslavia.