La Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che a Srebrenica è stato compiuto un genocidio, ma la Serbia non è imputabile per tale crimine. Analisi del procedimento che ha portato alla sentenza definitiva. Una tesi di laurea
di Andrea Sorrentino
Il 26 febbraio 2007 la Corte Internazionale di Giustizia ha emesso il verdetto conclusivo sul processo decennale che ha visto confrontarsi la Bosnia Erzegovina e la Serbia Montenegro nel caso concernente l'applicazione della Convenzione sulla Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio, in riferimento ad alcuni tragici e sanguinosi eventi che ebbero luogo in Bosnia Erzegovina durante la guerra che mise in ginocchio i Balcani nella prima metà degli anni '90.
La sentenza ha dedicato un intero capitolo, il IV, agli eventi invocati dalla Bosnia Erzegovina contro la Serbia Montenegro in relazione all'Articolo II della Convenzione sulla Prevenzione e Punizione del crimine di Genocidio, il quale analizza gli atti classificabili come genocidio: uccisione di membri del gruppo, lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo, sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita tese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale, imporre misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo, trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo a un altro.
Tra gli eventi citati ed esaminati, la Corte si è soffermata su alcuni dei più brutali massacri del periodo considerato, come quelli avvenuti a Sarajevo, nella Valle della Drina, nei campi di concentramento di Sušića, Foča Kazneno-Popravni Dom, Batković, nei tre campi nelle vicinanze della città di Prijedor, nel campo di Manjača, vicino Banja Luka e in quello di Bosanski Šamac. Ma l'evento al quale è stato dedicato più spazio e sul quale si è concentrato il lavoro della Corte è stato, senza dubbio, il massacro di Srebrenica, portato a termine tra il 9 e il 15 luglio 1995 da gruppi paramilitari e dalle forze militari serbo-bosniache comandate dal generale Ratko Mladić sul piano militare e da Radovan Karadzić su quello politico, sotto l'attenta supervisione di Belgrado, contro i civili maschi musulmani della cittadina bosniaca. Una mattanza che causò la morte di 7.412 bosniaci musulmani di sesso maschile (10.701 secondo le liste compilate dalle donne sopravvissute) di età compresa tra i 12 e i 77 anni e che vide un assoluto immobilismo dei caschi blu olandesi a protezione dell'enclave e del comando francese delle forze ONU in Jugoslavia. La Corte dovette dunque stabilire se quanto avvenuto a Srebrenica fosse attribuibile all'allora Repubblica Federale di Jugoslavia.
Secondo la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia a Srebrenica si consumò un genocidio, ma lo Stato serbo non è imputabile per quei tragici eventi. Belgrado ha violato gli obblighi di impedire il genocidio, ma lo Stato in quanto tale non può esserne ritenuto imputabile. In questo lavoro dal taglio prettamente giuridico si è cercato di analizzare in maniera esaustiva il procedimento della Corte che ha portato a questo verdetto, estendendo lo sguardo oltre l'iter processuale della Corte con una panoramica storico-giuridica che abbraccia cenni di storia della Jugoslavia, le cause che determinarono l'esplosione delle ostilità che distrussero l'area tra il 1992 - 1995, un resoconto dettagliato degli eventi di Srebrenica, vero cuore pulsante dell'elaborato, e un'analisi delle commissioni d'inchiesta precedenti la sentenza.