Yeltsin

(carlfbagge /flickr)

Due decenni dopo la scomparsa dalla scena mondiale di una delle due superpotenze del XX secolo, si analizza il percorso seguito dal cuore di essa, la Federazione Russa, nel suo assetto politico-territoriale e nelle sue implicazioni sulla sovranità.

24/01/2011 -  Marilisa Lorusso

Il periodo preso in esame va dalla fine dell’Unione alla vigilia della crisi finanziaria del 1998, con particolare attenzione al 1996-1997, gli anni di passaggio dal primo al secondo mandato del Presidente El’cin. Quella che si propone però non è una lettura della Russia vista dall’esterno o da Mosca. Il punto di osservazione è interno, se non periferico: è la Russia delle sue componenti federate e di come nel vischioso periodo di transizione si affermano e ri-negoziano la propria sovranità interna, se non estera.

L’analisi è divisa in tre parti. La prima è dedicata al riordino territoriale e politico della Federazione, alle peculiarità del federalismo russo, alle sfide che si trovò ad affrontare, fra la cautela del centro, le pressioni di alcune parti federate, l’esigenza di riforma e il timore di disgregazione.

La seconda è dedicata alla zona più travagliata della Federazione: il Caucaso del nord, con una speciale attenzione alla crisi cecena, alla situazione in Daghestan, per poi ricordare che il Caucaso non è solo Cecenia e Daghestan, ma una regione complessa, con problemi – volente o non volente – che si intreccino e si integrano a livello regionale.

La terza parte raccoglie le valutazioni complessive sull’incerta sovranità federale, sulla fragilità interna del Paese, al bivio di scelte fondamentali su come consolidare la propria statualità.