Dal 16 al 19 maggio si è svolta ad Arezzo la prima Conferenza internazionale dei popoli del Caucaso. Dai lavori è emerso un documento di 14 punti in cui i partecipanti indicano strategie per la pace nella regione
"Avete visto, cari studenti, che ce l'abbiamo fatta?" inizia così il suo saluto Franco Vaccari, presidente dell'Associazione Rondine Cittadella della Pace, al termine della cerimonia di presentazione dei 14 punti di Rondine per la Pace nel Caucaso a Firenze a Palazzo Vecchio, nel magnifico Salone dei Cinquecento, alla presenza, fra gli altri, di Rosy Bindi e Carlo Giovanardi. Un documento programmatico stilato da studenti provenienti da parti in conflitto fra di loro, che a Rondine sperimentano quotidianamente la convivenza e la coesistenza pacifica "a tavola col nemico".
I protagonisti indiscussi sono loro: li chiamano "i ragazzi", "gli studenti". Ma novellini non sono davvero. Consapevoli, maturi, disinvolti, nonostante siano poco più che ventenni, gli studenti caucasici di Rondine hanno visto più o meno tutti due guerre. L'estate scorsa sono tornati a casa per le vacanze e invece di riposarsi si sono trovati invischiati in una guerra che non avevano voluto. Separati da un conflitto che non avevano chiesto. Oltre alla preoccupazione per i familiari e amici, si è aggiunta, questa volta, l'angoscia per gli amici dall'altra parte del fronte. Mentre in Italia si trepidava per loro.
I 14 punti di Rondine per la Pace nel Caucaso
Gli studenti di Rondine si sono fatti promotori della Conferenza "Venti di pace su Caucaso", che ha preso il via ufficiale il 16 maggio ad Arezzo, con oltre 130 partecipanti provenienti da tutta l'area caucasica. E' nata così la bozza dei 14 punti, ispirata ai 14 punti Wilson. Hanno lavorato a lungo per preparare il documento, frutto di interminabili ore di discussione, mediazione e negoziazione, e della collaborazione degli altri studenti di Rondine.
La bozza è stata poi filtrata dal Gruppo Redazionale Internazionale, una commissione di figure di spicco di esponenti della società civile caucasica e non solo: accademici, ricercatori, giornalisti, esperti, giuristi, cooperanti, attivisti, studenti universitari. La proposta così limata ed elaborata, è diventata il testo base su cui oltre 130 partecipanti hanno lavorato per due giorni, a volte con toni accesi, affrontando anche temi spinosi, e producendo oltre 300 interventi, che sono confluiti nella versione definitiva: i 14 punti di Rondine per la pace nel Caucaso. Annuncia Vittorio Parsi, presidente della sessione conclusiva dei lavori, prima di dare lettura del documento finale "Abbiamo cercato di tener conto degli oltre 300 suggerimenti, sulla base del principio: se non c'è sicurezza per tutti, non c'è sicurezza per nessuno".
Il documento è stato poi presentato il 19 maggio alle autorità, in mattinata, a Firenze, a Palazzo Vecchio, mentre in serata la corposa delegazione è stata ricevuta in Senato.
Sul sito http://www.ventidipacesucaucaso.it è possibile prendere visione dei 14 punti, unitamente ad informazioni dettagliate sull'evento e su tutti i partecipanti.
I lavori a La Verna
Chi scrive ha avuto il privilegio di essere ammessa a partecipare ai lavori della conferenza. A presiedere le sessioni si sono succeduti Leopoldo Nuti, Presidente del Corso di Laurea in Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, Aldo Ferrari, Docente di Lingua e Letteratura Armena presso l'Università Ca' Foscari di Venezia e Vittorio Emanuele Parsi, professore di Relazioni Internazionali presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Facoltà Lingue Straniere, dipartimento di Scienze Politiche. I presidenti delle varie sedute hanno svolto magistralmente il loro compito di moderatori e mediatori, incarico non di facile esecuzione, data la complessità che un'assemblea di oltre 130 partecipanti delle diverse nazionalità caucasiche rappresenta.
Attorno allo stesso tavolo erano seduti i componenti del Gruppo Redazionale Internazionale insieme a studenti ed ex studenti di Rondine, ideatori e promotori della conferenza. Tutti i presenti hanno avuto l'opportunità di intervenire con suggerimenti, consigli, proposte, e a volte anche contestazioni, non sempre nei limiti del lecito, ma tutto sommato contenute. Ognuno ha potuto scegliere fra russo, inglese e italiano la lingua in cui tenere il proprio intervento.
I confronti sono continuati anche al di là delle sessioni ufficiali di lavoro. Ogni occasione, ogni pasto, ogni pausa, sono stati sfruttati per conoscersi, scambiarsi idee, impressioni e pareri. Non è stato raro vedere seduti insieme a pranzo o a cena membri del Comitato Redazionale Internazionale che durante le sessioni di lavoro avevano avuto scontri verbali, salvo poi tentare di ricucire lo strappo, davanti a un bicchiere di vino, o passeggiando intorno al santuario.
In questo è consistito, per altro, l'elemento innovativo della conferenza: non tanto la produzione di un documento che fosse perfetto per tutti i 130 presenti - impresa impossibile - ma l'opportunità di riprodurre, in scala ridotta, l'esperienza di convivenza e coesistenza pacifica che contraddistingue Rondine. "Il documento è importante, certo, ma sono ancora più importanti le persone" ha dichiarato Riva Estifeeva, studentessa di Rondine, russa. Tale è stato lo spirito che ha animato e pervaso l'iniziativa.
Alla vigilia dei lavori, Irakli Kakabadze, illustre poeta georgiano, ha brindato perché le vie di pace scoperte in Italia si potessero esportare anche in Caucaso.
Gli studenti di Rondine, l'orgoglio del Caucaso
"Questi programmi non servono a niente, i ragazzi tornano a casa, e tutto continua come prima." Gli scettici dovranno ricredersi. Gli studenti caucasici si sono rimboccati le maniche, e un primo importante risultato lo hanno già portato a casa. Si sono guadagnati la fiducia dei loro anziani: dei loro maestri, genitori, fratelli e sorelle più grandi. L'atteggiamento dei "grandi," "degli esperti" nei confronti dei ragazzi di Rondine è stato di estrema fiducia e speranza.
Non si può comprendere appieno la portata di quanto accaduto a La Verna se non si tiene in conto la particolare mentalità caucasica. Il ruolo degli anziani all'interno della comunità è centrale. Tale fattore è riscontrabile presso le varie culture caucasiche, le unisce come un filo conduttore. Nelle famiglie più tradizionali può anche capitare che il giovane non si sieda a tavola a cospetto del padre, ma rimanga in piedi a mescere. Che un gruppo di ventenni sia riuscito a scomodare 130 adulti, alcuni anche anziani, tutti personalità in vista nei paesi di provenienza, per portarli sulle colline toscane a trascorrere del tempo con i rispettivi "nemici" è qualcosa di rivoluzionario, quasi sovversivo. I ragazzi ci sono riusciti, perché sono la prova vivente che la convivenza pacifica è possibile, che alla guerra e all'odio esiste un'alternativa: "l'hanno vissuto sulla propria pelle", è stata una delle espressioni più di frequente ripetute. Per una volta, è l'esperienza della pace, non della guerra, a provocare quest'osservazione. Una prova vivente sotto gli occhi di tutti, dal momento che gli studenti hanno continuato a lavorare, mangiare, dormire, insieme sotto lo sguardo sconcertato e insieme orgoglioso dell'assemblea, che sabato sera al termine della giornata inaugurale, ha potuto contemplare Chermen Kelekhsaev, osseto, e Khatia Benidze, georgiana, che si sono esibiti danzando insieme negli ammalianti balli tradizionali caucasici.
Vederli riuniti in circolo, tutti insieme, a concertare, deve aver prodotto un'impressione notevole. Se fossero rimasti nei loro paesi di origine, se non fossero venuti in Italia a studiare, nessuno avrebbe mai assistito ad una scena simile. Per molti popoli caucasici gli incontri "con l'altro" sono di fatto impossibili. Contatti degni di questo nome, ad esempio, fra ingusci e osseti, non ne esistono. I rapporti fra i due popoli, già deteriorati, sono peggiorati ancora, se possibile, dopo Beslan. Al di là delle barriere fisiche - confini chiusi, innumerevoli check-point, una diffusa militarizzazione dell'area - esistono poi quelle psicologiche: i tentativi di riavvicinamento e riconciliazione, nel migliore dei casi vengono guardati con sospetto e perplessità, nel peggiore vengono considerati un tradimento della causa nazionale. I rari profughi georgiani che hanno deciso di rientrare in Abkhazia con il consenso delle autorità abkhaze (si fa riferimento al periodo antecedente gli scontri del 2008) sono stati accusati di tradimento dai nazionalisti georgiani più accesi. Se a un osseto saltasse in mente di fare un giro in Inguscezia, ci sono buone probabilità che qualche rappresentante degli organi di sicurezza locali - gente che non va famosa per le buone maniere - si interessi a lui e gli chieda le ragioni della trasferta. Al di là dei pregiudizi stratificati, le barriere concrete che impediscono la conoscenza reciproca sono numerose. E' in situazioni del genere che i principi di extraterritorialità e di neutralità su cui Rondine si basa costituiscono una piattaforma fondamentale e sicura, prima per gli studenti, poi per i delegati alla conferenza. Tutti i presenti sono stati concordi nel riconoscere che qualsiasi iniziativa futura intrapresa sotto l'egida di Rondine godrà di fiducia, proprio grazie alla riconosciuta imparzialità dell'Associazione.
La reazione degli studenti di fronte agli eventi bellici che hanno devastato le loro terre e li hanno posti l'uno contro l'altro, loro malgrado, dice più che interi trattati sulla gestione dei conflitti. La prima lezione da imparare è: le ferite vanno richiuse immediatamente, prima che l'odio e le sofferenze induriscano i cuori e rendano tutto più arduo. Che si sia trattato di una percezione istintiva o di un ragionamento consapevole poco importa: i ragazzi hanno capito, hanno sentito che bisognava agire e agire subito, e appena tornati in Italia si sono attivati. La prima manifestazione organizzata per far conoscere il Caucaso ha avuto luogo a Rondine il 13 settembre "Il Caucaso è qui". Le ostilità ufficialmente sono scoppiate l'8 agosto. Date le circostanze, a buon diritto si può parlare di una "forza di reazione rapida".
La maturità degli studenti si rivela anche attraverso la consapevolezza di non poter risolvere tutto e subito. "Abbiamo discusso a lungo, fra di noi, ci troviamo d'accordo praticamente su tutto. Le uniche cose su cui siamo divisi sono le questioni politiche. Ma questa è solo la nostra prima conferenza..." si esprime così Dmitry Kortava, un altro studente di Rondine, quasi a chiedere più tempo. Le questioni ostiche e dolorose sono tante, purtroppo è risaputo. Ma per poter seminare bisogna prima creare un terreno fertile. E' inutile gettare dei semi sulla roccia. Non germoglierà mai niente.