Un'associazione nata in Francia per far sì che anche studenti in aree di guerra potessero accedere ad una formazione di alta qualità. A partire dagli studenti ceceni
Aurélia Chaudagne, Lei è la Presidente dell'associazione "Studi senza frontiere" ( ESF). La vostra organizzazione è nata nel 2003 con l'accoglienza di alcuni studenti ceceni a Parigi. Perché proprio la Cecenia?
Eravamo un gruppo di persone, soprattutto studenti, sensibili agli avvenimenti in Cecenia. All'epoca la guerra era ancora molto cruenta, e noi eravamo perplessi per lo scarso interesse che la questione suscitava in Francia, mentre altri conflitti godevano di ben altra copertura mediatica. Le azioni umanitarie condotte in loco erano troppo poche, di fatto il rischio era alto, ma soprattutto le autorità impedivano alle ONG di lavorare sul campo. Insomma, la Cecenia ci sembrava un'area di azione prioritaria. Essendo in primis noi stessi studenti, è stato agli studenti che abbiamo rivolto la nostra attenzione, è stato naturale. Abbiamo pensato che a guerra finita la generazione di giovani non avrebbe avuto i mezzi per partecipare attivamente alla ricostruzione, avendo trascorso la maggior parte della propria esistenza in mezzo alla guerra e alla violenza, completamente isolata dal resto del mondo, senza possibilità di accesso ad una formazione di qualità.
Qual'è lo scopo del far venire a studiare in Europa studenti ceceni?
L'obiettivo principale è consentire ai giovani ceceni, che hanno trascorso la maggior parte della loro vita in guerra, di avere accesso ad un'istruzione superiore di qualità, perché possano divenire in seguito attori dello sviluppo e della ricostruzione della Cecenia. Un ulteriore obiettivo, secondario, è di sensibilizzare l'opinione pubblica francese ed europea alla situazione in Cecenia, per promuovere scambi ed azioni di solidarietà con la Cecenia.
Chi è ESF? Chi ci lavora, chi la sostiene? Quale dimensione e distribuzione ha sul territorio europeo? Quanti sono i volontari che vi lavorano?
ESF è un'associazione apolitica, senza scopo di lucro, il cui fine è quello di sostenere i giovani provenienti da zone in conflitto o situazioni di post-conflitto, garantendo l'accesso ad una formazione superiore di qualità. L'associazione è stata fondata per la maggior parte da studenti e giovani laureati che desideravano soccorrere i propri omologhi delle zone di conflitto. Oggi tutti i membri di ESF lavorano come volontari. Di tanto in tanto stagisti e nuovi volontari rafforzano il nostro team.
Dalla sua fondazione, ESF ha sviluppato partnership e azioni di supporto, regolari o a spot. Da un punto di vista finanziario l'associazione ha beneficiato di donazioni di privati, di imprese, di fondazioni private (per esempio la Fondazione Elle) e di pubbliche sovvenzioni (regione Ile-de-France, Comune di Parigi, Ministero degli Affari Esteri). Ma è difficile raccogliere i fondi, soprattutto in periodi di crisi, come oggi, il tutto ha un impatto sulla nostra attività.
Al momento l'associazione francese riscontra anche alcune difficoltà sul piano delle risorse umane: i membri fondatori non sono più così disponibili, ed è complicato trovare un ricambio generazionale, perché per mettere in piedi un progetto di tale portata, come quello dell'accoglienza degli studenti ceceni, è necessaria la disponibilità a impegnarsi a lungo termine per l'associazione, e a volte, trattandosi di volontari, è complicato.
Dalla data della sua fondazione in Francia, nel 2003, ESF si è diffusa in Europa: diverse antenne sono state aperte in Italia, in Belgio, in Spagna e in Germania (così come in Canada), a cura di giovani di questi paesi che hanno voluto replicare la nostra esperienza. Le antenne lavorano sul nostro stesso modello, spesso hanno ripreso il progetto Cecenia, ma hanno anche avuto la possibilità di sviluppare progetti autonomi (Rwanda, Repubblica Democratica del Congo...)
Oggi è in Germania che l'associazione è più sviluppata, con antenne in diverse città e circa quattrocento membri in totale.
Che ruolo hanno le autorità francesi e russe nell'attività di ESF?
ESF ha realizzato le proprie attività in maniera assolutamente indipendente rispetto alle autorità dei paesi nei quali opera o in cui ha sede. Siamo in contatto con le istituzioni in generale per questioni amministrative, in caso sia necessario l'ottenimento di un'autorizzazione o di documenti ufficiali. Inoltre siamo in contatto con l'Ambasciata di Francia a Mosca sin da quando l'associazione è stata fondata, per l'ottenimento dei visti per i nostri beneficiari ceceni.
La fine ufficiale della guerra ha influenzato i vostri programmi?
I va e vieni fra Francia e Cecenia sono diventati più semplici per i nostri beneficiari, che hanno potuto iniziare a rientrare in famiglia per le vacanze estive. E' stato decisamente un bene, per evitare uno sradicamento eccessivo e troppo profondo, nonostante lo choc intenso a ogni ritorno e la presenza continua di rischi.
Per contro, in Francia è diventato più difficile persuadere l'opinione pubblica dell'utilità e dell'urgenza della nostra azione: se la guerra è finita a che pro aiutarli, perché farli venire qui? Ma è soprattutto a guerra finita che il paese ha bisogno di persone istruite e competenti per la ricostruzione! In generale, la situazione sul posto è diventata di lettura sempre più difficile in Francia: la guerra è finita ufficialmente, ma si verificano ancora numerosi soprusi, il regime in atto è problematico ma totalmente riconosciuto dalle autorità russe, si sa che la corruzione è endemica, ma è comunque necessario lavorare con le autorità locali...
Chi sono i vostri studenti? Come vengono selezionati? Quanti studenti sono stati beneficiati da ESF fino ad oggi?
Ventuno studenti ceceni sono stati accolti in Francia, tre in Italia e quattro in Germania. Si tratta di giovani che erano già studenti in Cecenia, ma le condizioni degli studi e la scelta ristretta delle materie non consentiva loro di seguire degli studi di qualità. I beneficiari sono stati selezionati sulla base di un dossier consistente e dettagliato, in due tempi: una preselezione attraverso i nostri contatti in loco, e una selezione finale operata dai paesi di accoglienza. Il criterio principale della selezione è da individuarsi nella motivazione e nei progetti per il futuro.
Inoltre una trentina di rifugiati ceceni in Francia ha usufruito del supporto dell'associazione per riprendere gli studi (consigli, assistenza tecnica, corsi di francese, ecc.), ma qui si parla già di un altro progetto.
Quali sono le difficoltà più frequenti incontrate dagli studenti nello stabilirsi in Europa? E al contrario, rientrando in Cecenia a programma terminato?
La difficoltà principale che i beneficiari incontrano arrivando in Europa è senza dubbio la barriera linguistica. Al secondo posto c'è lo choc culturale, che va di pari passo con la scoperta della vita in tempo di pace, cosa, che, paradossalmente, non sempre risulta facile. In media gli studenti impiegano da sei mesi a un anno per ambientarsi e imparare la lingua.
Al rientro in Cecenia i beneficiari devono fare i conti con un secondo choc culturale. Anche se sono sempre rimasti ceceni, nonostante ciò hanno vissuto in paesi radicalmente differenti per un periodo compreso fra uno e tre anni, e si sono disabituati alla vita di casa loro, alle difficoltà quotidiane in una zona post-conflitto. Inoltre, durante la loro assenza, la situazione in Cecenia si è evoluta, non sempre nel verso auspicato, ed è comunque necessario riadattarsi alla nuova situazione.
Quale, fra i risultati conseguiti, considerate il più importante?
Per noi il risultato più importante è semplicemente aver potuto condurre a buon fine questo progetto e aiutare un certo numero di giovani ceceni. In effetti, alla nascita dell'associazione, tutti ci avevano predetto un fallimento cocente.
Anche se non tutti hanno avuto la stessa riuscita in ambito scolastico, quasi tutti hanno potuto realizzarsi, in una maniera o nell'altra, durante il loro soggiorno.
I risultati reali del nostro programma potranno, comunque, essere valutati solo più avanti, dal momento che l'educazione è un investimento a lungo termine, ma siamo in ogni caso persuasi che la nostra azione è già stata utile per i nostri beneficiari, e, così almeno speriamo, per la Cecenia in generale. Dopo la fondazione dell'associazione, in effetti, sono emerse altre piccole iniziative come la nostra, ma soprattutto gli studenti di Grozny hanno potuto constatare che era possibile, anche restando in Cecenia, essere selezionati per un programma all'estero, ottenere un visto, partire per studiare. Già solo questo in sé ha rappresentato una bella vittoria.
Un progetto che invece non avete potuto realizzare?
Avevamo un bel progetto, realizzare un centro culturale a Grozny, nell'ambito della ricostruzione, per poter fornire sostegno e un accesso a più giovani in loco. Idealmente avremmo voluto che il centro culturale comprendesse non solo un laboratorio di apprendimento per le lingue straniere, ma dei veri e propri atelier culturali (fotografia, pittura, musica, ecc.), dei punti di informazione sui programmi di accoglienza all'estero, e anche che fosse un luogo di incontro e di scambio, con esposizioni, conferenze, ecc. Malgrado il vivace interesse dei numerosi partner e delle istituzioni in Francia e in Europa, non siamo riusciti a convincere le autorità russe, per cui, al momento, il progetto rimane chiuso nel cassetto.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Al momento in Francia abbiamo sospeso l'accoglienza di studenti ceceni. E' un programma molto impegnativo in termini di finanziamenti e risorse umane, e quest'anno non abbiamo i mezzi per accogliere un nuovo gruppo. Inoltre la situazione in Cecenia è cambiata parecchio dal 2003, per cui abbiamo bisogno di un po' di distacco per valutare quali sono i bisogni urgenti attuali in termini di educazione e vedere come il nostro progetto possa evolvere. Continuiamo a seguire gli ultimi beneficiari che ancora stanno studiando, e abbiamo anche in corso un progetto di borse di studio in Rwanda. Appena i nostri mezzi ce lo consentiranno, speriamo di lanciare nuovi progetti, in Cecenia e in altri luoghi.