Il progetto prevede la costruzione di 248 ville e 400 appartamenti a uso turistico, due alberghi e due campi da golf sulla collina Srđ sopra al centro storico di Dubrovnik, città patrimonio Unesco. La società civile si oppone e riesce a raccogliere le firme per il primo referendum cittadino della storia del paese
Dubrovnik, celebre in tutto il mondo per i suoi monumenti architettonici, è città patrimonio dell’Unesco. L'Iniziativa civile Srđ je naš (Srđ è nostra), in collaborazione con l'associazione non-governativa Zelena akcija (Green Action), ha raccolto più di 10.000 firme per il referendum locale sul controverso progetto che prevede la costruzione di 248 ville, 400 appartamenti a uso turistico, due alberghi e due campi da golf sulla collina Srđ, subito sopra il centro storico di Dubrovnik.
„Abbiamo raccolto il numero richiesto di firme già nella prima settimana della campagna. E' un segnale forte. I cittadini non hanno più fiducia nei suoi rappresentanti politici che li hanno profondamente delusi“, dice Đuro Capor, il coordinatore dell'Iniziativa Srđ je naš.
In Croazia è in vigore una legge sui referendum molto rigorosa e da quando il paese è diventato indipendente è stato organizzato solo un referendum, quello sull'entrata della Croazia nell'EU. Per poter avere il referendum locale era necessario in soli 15 giorni raccogliere le firme del 20% dell'elettorato registrato sul territorio amministrativo della città di Dubrovnik. La coalizione di sinistra, attualmente al governo, durante la campagna elettorale aveva promesso di cambiare la legge su referendum, ma non ha mantenuto la promessa. Per questo motivo tanti valutano l'iniziativa di Dubrovnik come un passo cruciale per la democrazia in Croazia.
“Nel paese in cui vi è tanto clientelismo e numerosi conflitti d’interesse non dichiarati, la fiducia dei cittadini nelle istituzioni può essere riconquistata soltanto se le stesse istituzioni passano il potere decisionale sui grandi progetti ai cittadini”, sostiene Zorislav Antun Petrović del Transparency International Croatia.
Il progetto del golf resort dell'investitore israeliano è pianificato su una superficie 20 volte più grande del centro storico di Dubrovnik (si tratta di 310 ettari). Il sindaco attuale Andro Vlahušić ha vinto le elezioni promettendo il referendum su questo progetto ma, nel frattempo, ha cambiato idea e ha iniziato ad appoggiarlo fortemente. Mentre i politici in Croazia sostengono la costruzione di ville, appartamenti a uso turistico e campi da golf, gli esperti sono molto preoccupati che una costruzione così grande distruggerà irreversibilmente l’armonia fra l’architettura e il paesaggio che ha reso Dubrovnik conosciuta in tutto il mondo.
“Il progetto minaccia di distruggere l’immagine della città grazie al quale Dubrovnik è stata iscritta per prima sull’elenco del patrimonio mondiale dell’UNESCO già nel 1979”, hanno concluso il mese scorso le associazioni professionali di architetti, storici dell’arte e conservatori dei Beni culturali croati.
L’Iniziativa Srđ je naš lo scorso 20 febbraio ha consegnato le liste con le firme al Consiglio comunale, al quale spetta indire il referendum durante il quale i cittadini risponderanno alla domanda se intendono sostenere o meno il progetto nella versione attuale.
Oltre al progetto sulla collina Srđ, nei piani regolatori lungo la costa adriatica della Croazia sono stati inseriti più di cento progetti che prevedono campi da golf. La maggior parte di questi progetti prevede la costruzione di ville e appartamenti a uso turistico fuori dalle zone edificabili. Questo paese del bacino mediterraneo era l'unico ad avere la legge su golf, ma dopo una forte resistenza della società civile alla fine del 2011 la legge è stata abrogata. Nonostante ciò, il governo croato, nel gennaio di quest'anno, ha proposto, con la procedura abbreviata, una legge molto simile, quella sugli investimenti strategici.
Secondo la legge proposta che fra breve si discuterà in parlamento, ogni progetto che il governo valutasse come „strategico“ otterrebbe tutti i permessi necessari in un tempo molto breve, senza la possibilità di coinvolgere la comunità locale.
„Dopo che nel processo della privatizzazione sono state vendute quasi tutte le aziende statali, questa proposta di legge apre la porta alla svendita del resto delle ricchezze naturali, acqua, foreste e terreni“, sostiene la Conferenza Episcopale Croata (HBK).
Il ministero di competenza ha 60 giorni per valutare se tutte le firme raccolte siano valide o meno. Dato che ne sono state raccolte molte di più delle 8200 richieste dalla legge, gli organizzatori della campagna non temono se il referendum sarà indetto o meno, ma sono più preoccupati sui tempi.