Un profilo degli ultimi undici imputati messi in stato d'accusa dal Tribunale dell'Aja a fine dicembre e trasferiti in Olanda tra febbraio e marzo. Otto si sono consegnati, due sono stati estradati, uno è scomparso. La Procura Internazionale conclude in questo modo la prima fase del proprio mandato

06/04/2005 -  Anonymous User

Di, Dzevad Sabljakovic, Associazione Sarajevo, per Le Courrier des Balkans, 27 marzo 2005 (titolo originale: "TPI: Les Charettes du Moi de Mars")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta

I primi sono sbarcati all'Aja a fine febbraio. Radivoje Miletic e Milan Gvero, ex generali dell'Esercito della Republika Srpska, sono accusati di omicidi e persecuzioni su base razziale, religiosa e politica, così come di sequestri e deportazioni forzate della popolazione bosniaca nelle regioni di Srebrenica e di Zepa, tra il marzo e l'agosto del 1995.

All'epoca erano collaboratori di Ratko Mladic, comandante in capo dello stato maggiore dell'Esercito della Republika Srpska, uno degli imputati maggiormente ricercati. Miletic si occupava della direzione delle operazioni e delle deportazioni, Gvero dei problemi etici e degli affari religiosi e giuridici.

Il caso Rasim Delic

Rasim Delic, ex capo dell'Esercito di Bosnia-Erzegovina, si è consegnato volontariamente a fine febbraio. Lo si accusa di non essere intervenuto per impedire ai suoi soldati di commettere dei crimini, ed anche di non avere cercato di perseguirli. Questi soldati erano dei mercenari stranieri e dei mujaheddin.

I primi crimini furono commessi l'8 giugno 1993, giorno in cui Delic prese il comando dello stato maggiore dell'Esercito di Bosnia-Erzegovina. Lo stesso giorno, vicino al villaggio di Malina, nel comune di Travnik, i mujaheddin requisirono da 35 a 45 tra soldati e civili croati fatti prigionieri e li fucilarono. Identico è pure il capo d'accusa contro Enver Hadzihasanovic e Amir Kuburi, ufficiali do grado elevato nell'Esercito di Bosnia-Erzegovina. Delic è accusato di essere stato al corrente del massacro perpetrato a Malina, ma di non avere fatto nulla perché gli autori fossero perseguiti. Inoltre, sempre secondo l'atto d'accusa, il 13 agosto 1993 egli avrebbe autorizzato la formazione dell'unità El Mujahid i cui membri hanno commesso numerosi crimini, fino alla fine della guerra.

Il generale Perisic arriva all'Aja

La serie di consegne volontarie è proseguita all'inizio di marzo con l'arrivo del generale Momcilo Perisic, accusato d'aver bombardato Sarajevo e Zagabria tra il novembre 1993 e il novembre 1998, quando era comandante in capo dell'Esercito jugoslavo, e di aver partecipato ai massacri perpetrati a Srebrenica. D'altra parte, e anche secondo l'atto d'accusa, Perisic, in quanto comandante in capo, doveva sapere che i comandanti del Corpo d'armata Sarajevo-Romanija, i generali Stanislav Galic e Dragomir Milosevic, avevano dato l'ordine, tra il 1993 e il 1995, di bombardare la città di Sarajevo e di utilizzare dei cecchini le cui vittime sarebbero state i civili di Sarajevo. Questi due generali e il loro comandante, il generale Mladic, come anche numerosi altri ufficiali superiori, erano membri dell'Esercito jugoslavo posti sotto il comando dell'Esercito della Republika Srpska, e di conseguenza sotto quello di Perisic.

In virtù di questo stesso principio, l'accusa incolpa Perisic d'aver bombardato Zagabria il 2 e 3 maggio 1995 e di avere la responsabilità dei massacri perpetrati nel luglio 1995 a Srebrenica. Perisic sapeva che Mladic, che era ai suoi ordini, si preparava ad attaccare Srebrenica e che ci si poteva aspettare che le sue truppe si rendessero colpevoli d'atrocità sui Bosniaci fatti prigionieri. Ciò nonostante egli non fece nulla per impedirlo né per perseguire i responsabili dei massacri di Srebrenica.

Tocca agli Albanesi del Kosovo

Tre giorni dopo Perisic, è stata la volta degli Albanesi del Kosovo. L'ex comandante dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) Ramush Haradinaj, fino ad allora Primo Ministro del Kosovo, è stato incolpato per aver permesso la persecuzione della popolazione serba del Kosovo nel 1998, insieme ai suoi sottoposti Idriz Balaj e Ljahij Brahimij.

I tre imputati sono accusati di aver tentato, tra il primo marzo e il 30 settembre 1998, nella zona d'operazioni di Dukadjin, a colpi "d'intimidazioni, rapimenti, imprigionamenti, torture ed assassinii" di spingere i civili serbi di questa regione a fuggire, impedendo nello stesso tempo qualsiasi cooperazione tra i Kosovari albanesi o rom e le autorità serbe.

L'ex ministro degli Interni della Republika Srpska, Misha Stanisic, è diventato uno dei nuovi inquilini del centro di detenzione di Sheveningen lo scorso 11 marzo. È accusato di avere partecipato in prima persona, tra il 1 aprile e il 31 dicembre 1992, in Bosnia-Erzegovina, a «spedizioni criminali organizzate» il cui scopo era «eliminare in modo permanente, e procedere con la forza e con tutti i mezzi all'eliminazione su base etnica dei Musulmani bosniaci, dei Croati e di altre popolazioni non-serbe dei territori dello Stato serbo, secondo un piano preordinato».

A questo scopo, sempre secondo l'atto d'accusa, le forze di polizia ed altre forze poste sotto il comando di Stanisic si sono resi colpevoli di assassinii, persecuzioni, deportazioni, sterminii, torture: hanno commesso atti inumani e crudeli, qualificati, nei dieci punti dell'accusa, come crimini contro l'umanità e violazioni della legge e dei costumi di guerra.

Una sola accusa contro i Macedoni

L'ultimo atto d'accusa della «collezione di dicembre» di Carla del Ponte portava i nomi di Ljube Boskovski, ex ministro degli Affari Interni della Macedonia e di Johan Tarculovski, ufficiale di polizia presso il Ministero dell'Interno.

L'unica imputazione macedone del Tribunale dell'Aja contesta ai due imputati di aver attaccato il villaggio di Ljuboten tra il 10 e il 12 agosto 2001, incursione nel corso della quale 7 civili furono uccisi, un centinaio maltrattati e 14 case furono incendiate. Tarculovski comandava l'unità di polizia che aveva condotto questo attacco. Boskovski, da parte sua, era stato informato ed aveva dato la sua approvazione «pur sapendo, o avendo ragione di credere» che i suoi subordinati si sarebbero lasciati andare a crimini, e non avendo tuttavia fatto nulla per impedirlo. Né ha ritenuto opportuno, più tardi, aprire un'inchiesta e fare condannare i colpevoli.

Tarculovski è stato trasferito da Skoplje all'Aja il 21 marzo e Boskovski il 24, dopo essere stato prelevato da una prigione di Pula. Boskovski possiede la doppia nazionalità macedone e croata, ed era dietro le sbarre accusato d'aver fatto assassinare in Macedonia sette immigrati pakistani ed indiani nel 2002. Le autorità di Zagabria avevano annunciato, dopo la sua incriminazione da parte del Tribunale dell'Aja il 15 marzo, che sarebbe stato rapidamente trasferito, promessa mantenuta dopo la conclusione del formale iter giuridico.

Degli undici nuovi incriminati, la sola incognita rimane il generale Zdravko Tolimir, terzo collaboratore di Mladic incaricato della sicurezza, messo sotto accusa unitamente a Miletic e Gvero, e che è poi scomparso senza lasciare tracce.