Tra i temi dello scenario post-bellico georgiano emergono le ripercussioni a livello geopolitico nelle aree russofone dell'Est Europa e il futuro dei progetti energetici alternativi a Gazprom
Stiamo assistendo ad una nuova guerra fredda?
È questo l'interrogativo che in molti si pongono dopo l'intervento militare russo in Georgia.
Edward Lucas, autore del saggio "The New Cold War: How the Kremlin Menaces Both Russia and the West", in un articolo apparso sul Times il 9 agosto, sostiene che se la UE non abbandonerà la linea morbida nei confronti di Mosca ad essere a rischio non è solo l'integrità territoriale di Georgia e Ucraina, ma l'indipendenza energetica dell'Europa.
Considerazioni non dissimili quelle del politologo Angelo Panebianco che sulle pagine del Corriere della Sera il 18 agosto, sottolinea l'importanza di "tener conto delle «ragioni» della Russia ma non al punto di andare contro i nostri interessi vitali (per esempio, l'interesse a forniture di idrocarburi dal Caucaso non interamente monopolizzate dai russi o l'interesse a farci carico dei problemi di sicurezza di tutti i membri dell'Unione, presenti e futuri)".
Due sembrano essere i temi fondamentali che emergono dallo scenario post-bellico: le ripercussioni a livello geopolitico nelle aree russofone dell'Est Europa e il futuro dei progetti energetici alternativi a quelli sponsorizzati da Gazprom.
Crisi della coalizione arancione in Ucraina
Il temuto effetto domino sulla Crimea, enclave russofona di Ucraina, non c'è stato, ma la situazione, specie a Sebastopoli, sede della la flotta militare russa, non è delle più rosee.
Nei giorni della guerra, il Presidente Yushchenko, che a differenza del primo ministro Yulia Tymoshenko è volato a Tbilisi ad esprimere solidarietà a Saakashvili, emette un decreto che obbliga la flotta russa a comunicare i suoi movimenti dal porto con 72 ore di anticipo.
Sale la tensione tra Mosca e Kiev...
Qualche settimana più tardi, il 3 settembre, il Blocco di Tymoshenko vota, assieme al russofilo Partito delle Regioni e ai comunisti, un disegno di legge per aumentare il potere del Parlamento a spese del Presidente.
Il premier ritiene il provvedimento necessario per garantire governabilità e per uscire dall'impasse istituzionale di una Costituzione ambigua nell'attribuire compiti e poteri di Parlamento e Presidente.
Yushchenko parla di "colpo di stato bianco" e accusa la sua ex alleata di tradire gli interessi del Paese.
Sulla pasionaria arancione piovono pesanti accuse di accordi sottobanco con il Cremlino.
Mosca si impegnerebbe a sostenerla come candidata alle elezioni presidenziali del 2009 in cambio della rinuncia all'ingresso della Ucraina nella NATO.
Tymoshenko rispedisce le accuse al mittente, ma nel frattempo i deputati di Nasha Ukrayina lasciano i banchi della maggioranza aprendo una crisi di governo che verrà formalizzata il 16 settembre alla scadenza dell'ultimatum di 10 giorni posto da Yushchenko per il ritiro del decreto.
Se Tymoshenko non riuscirà a presentarsi in Parlamento, entro il 15 ottobre, con una nuova maggioranza si tornerà di nuovo alle urne.
In tale scenario ad avere la peggio sarebbe proprio il partito filo-occidentale del Presidente.
Rapporti Mosca - Baku
Le ripercussioni della guerra tra Georgia e Russia sono state alla base dell'incontro del 16 settembre a Mosca tra il Presidente azero Ilham Aliyev e Dmitry Medvedev.
L'Azerbaigian è una pedina fondamentale nella strategia caucasica del Cremlino.
Nonostante Baku si sia impegnata in tempi recenti nella costruzione dell'oleodotto BTC (Baku-Tbilisi-Ceyan) con Georgia, Turchia e i paesi della UE che sostengono l'opportunità strategica di spezzare il monopolio energetico russo, i rapporti con Mosca, orientati al puro pragmatismo economico, sono abbastanza buoni. Prova ne è il costante aumento delle relazioni bilaterali e delle cooperazioni commerciali tra i due stati.
La Federazione russa è troppo vicina a Erevan per essere considerata un'autentica alleata del governo azero.
Il meeting tra i due presidenti si è reso necessario dopo che il bombardamento di un ponte in Georgia aveva temporaneamente sospeso l'erogazione di petrolio ai porti georgiani sul Mar Nero irritando non solo Tbilisi ma anche il governo azero.
"La strategia dei russi - ha dichiarato a Radio Free Europe Pierre Noel, esperto di questioni energetiche presso il Consiglio d'Europa - è stata quella di far credere ad un'agenda limitata. Hanno infatti bombardato il tratto di ferrovia che fornisce petrolio azero alla Georgia, non il tratto di oleodotto che non è direttamente legato alla fornitura georgiana".
Ma la questione più scottante tra Federazione e Azerbaigian è quella relativa al conflitto congelato in Nagorno-Karabakh.
L'intervento militare russo in Ossezia Meridionale e Abkhazia ha sollevato in Azerbaigian nuovi timori.
Nell'eventualità, niente affatto remota, di un'azione militare di Baku volta a riconquistare il controllo della repubblica separatista del Nagorno, Mosca fornirebbe assistenza militare all'Armenia?
Ripercussioni a livello economico
L'effetto destabilizzante della guerra ha avuto gravi ripercussioni economiche anche nel mercato domestico russo.
Anders Aslund, direttore dello Stockholm Institute of East European Economics, già consulente economico dei governi di Russia, Ucraina e Kyrgyzstan in un articolo sul Moscow Times dell'8 agosto, ha definito l'attacco alla Georgia "il più grande errore strategico commesso da Putin".
Aslund ha spiegato che l'azione militare ha in un colpo solo bruciato gran parte del valore della borsa, rallentato le riforme interne e isolato la Russia dal mondo esterno.
Nel linguaggio della finanza internazionale ciò significa incremento del rischio paese, deprezzamento dei valori azionari e fuga di capitali esteri.
Anche Medvedev, che ha citato tra le cause della crisi finanziaria russa la delicata congiuntura internazionale, ha dovuto ammettere che la guerra in Georgia ha effettivamente contribuito a questa ondata recessiva.
Ora resta da vedere se a fronte di questa preoccupante situazione interna (inflazione al 15%, mercato azionario che da maggio a oggi ha bruciato 750 miliardi di dollari, assenza di adeguate infrastrutture per trainare lo sviluppo) la Russia abbia incassato un dividendo sul mercato energetico ritagliandosi il ruolo di interlocutore privilegiato nell'area caucasica.
La questione rimane aperta.
Se nell'imminenza del conflitto Ankara si è infatti rivolta a Mosca per vagliare la possibilità di rifornire le pipeline con gas turkmeno che arriva in Turchia attraverso la Russia, al meeting del 10 settembre a Baku il ministro dell'Industria azero Natiq Aliyev ha rassicurato i partner europei rispetto alla partecipazione dell'Azerbaigian al progetto Nabucco.
E il ministro dell'Energia turco Hilmi Guler ha sottolineato che "il Nabucco rafforzerà non solo la sicurezza energetica della Turchia, ma quella di tutta l'Europa".
In questa vicenda non è ancora chiaro quale sarà il ruolo giocato da Turkmenistan e Kazakhstan. Senza la partecipazione di tutti e tre gli stati del Caspio difficilmente il gasdotto potrà funzionare a pieno regime.
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