La crisi raccontata da Paola Villa, operatrice di IPSIA in Kossovo, attraverso le sue e-mail.
Paola Villa, operatrice di IPSIA, è a Prizren, città del sud del Kossovo dove, sino ad ora, i rapporti tra maggioranza albanese e minoranze era stata migliore che in altre località. Non però in questi giorni durante i quali sono state numerose le case di cittadini serbi date alle fiamme. Ma come vivono i volontari italiani questi momenti? La difficile scelta se restare od andarsene, i rapporti con l'Italia, la concitata ricerca di contatti con tutti coloro con i quali si è lavorato in anni di attività. Riportiamo tre mail ricevute in questi giorni da Paola che ben descrivono la quotidianità della crisi.
e-mail 18 marzo
NOI: Erica, Ilaria, Marco e Stefano sono arrivati da Klina. Erano al centro comunitario. Marco ha tenuto il corso di progettazione. Si sono organizzati per finire anticipatamente, in modo da tornare a Prizren con la luce. Sono partiti da poco da la. Tornano loro 4 più Blerim, l'albanese che lavora con noi a Bica e Grabac (enclavi serbe) e che con loro si era fermato ieri lì a dormire per sicurezza ieri sera. Gli abbiamo detto di togliere gli adesivi IPSIA dalla macchina. Per evitare Giakova hanno preso una stradina secondaria che e' un po' più lunga e passa in mezzo ai paeselli.
LA SITUAZIONE IN KOSSOVO: Klina. Per le strade di Klina e' in corso una manifestazione che inneggia all'UCK. Non sono tantissimi. I negozi sono chiusi. Per strada non c'e' nessuno. "Rumors" dicono che la gente sia a Bica e Grabac.
Prizren. In periferia dove siamo noi tutto e' normale. Negozi aperti. Luce. Gente che lavora e gira. In centro a Prizren (abbiamo fatto un giro io e Pamela stamattina) c'e' tanta gente. Al bar. Per le strade. E' una "normalità" così "normale" da essere ostentata e "innaturale". C'e' gente che sta al bar anche davanti a case che bruciano. Perchè stamattina le case hanno ripreso a bruciare. Nuovi fuochi. Tra le case serbe della collina. Non c'e' in giro polizia internazionale, ne' militari, ne' nessuno che da' l'idea di poter controllare qualcosa. La gente entra nella Chiesa Ortodossa bruciata a guardare, prende oggetti... Alcuni ragazzini che sembrano rom corrono fuori dalle case della collina con televisori, stufe, aspirapolveri... Una donna anziana serba viene fatta salire in una macchina della polizia (locale). Intorno ragazzi dicono "vai a casa tua" e "serba!" (usano il termine dispregiativo per farlo). Luan racconta che vicino a casa sua abita un serbo e a mezzanotte sono arrivati in tanti armati di bastone e volevano farlo uscire e perstarlo. Ci hanno messo molto tempo prima di smettere. OSCE ha lasciato a casa tutti i suoi collaboratori locali. Pare che la gente di Prizren si stia organizzando per andare a SRETSKA (villaggio in parte serbo e in parte gorano). Si ritiene che questo sia abbastanza "pesante" perché dicono che Sretska e' piena di armi e quindi se arrivano lì ci sarà scontro. Pare ci sia caos a Prizren davanti alla Stazione di Polizia e dicono anche davanti a Ben Af (grande magazzino). Non si sa se sia vero, soprattutto il secondo. Per le strade e' tutto tranquillo. All'entrata di Krushe Vogel c'e' un presidio dei militari turchi. Giravano un po' di macchine della polizia e un po' di ambulanze che andavano verso Gjiakova.
PROSPETTIVE FUTURE: Al momento noi non ci sentiamo in pericolo. Però abbiamo la sensazione che la situazione possa mutare in brevissimo tempo e senza particolari preavvisi. Vista la situazione abbiamo deciso di far rientrare in Italia quanto prima le ragazze di servizio civile e le stagiste. Per questo abbiamo chiesto di verificare se ci sono voli disponibili tra i militari (l'aeroporto è chiuso e anche le frontiere, sono notizie ufficiali ma Xhema dice che lui sa che la frontiera con l'Albania é aperta). Livia dice che i militari hanno dato disponibilità per il 23. Mandiamo il fax intanto. Però verifichiamo anche altre possibilità, se esistono. Mondi mi ha suggerito di tenere presente l'Albania e anche a me sembra una ottima idea. Soprattutto per le ragazze. Preferirei andassero prima del 23.
e-mail 18 marzo verso sera
17.30. E' tutto chiuso ma alla fine riusciamo a trovare un internet aperto. Che sembra chiuso. Mondi e Paolo ci chiamano ora perché le agenzie dicono che c'e' stata una forte esplosione a Prizren e scontri davanti al palazzo ONU e alla polizia con lancio di lacrimogeni per disperdere la folla.se ho capito giusto. perché si sente male. Noi siamo in periferia ma comunque da qui non abbiamo sentito nessuna forte esplosione. Rispetto al palazzo dell'ONU questa mattina aveva dei vetri rotti per lanci di sassi. Su oggi pomeriggio non si è sentita nessuna altra notizia. In merito alla sede della polizia invece anche qui si parlava di scontri. Quando le persone da Klina sono arrivate hanno detto che c'erano sassi a terra e segni di uno scontro che c'era stato in precedenza ma ormai poche persone lì. Dopo non sappiamo bene cosa sia successo. L'impressione su ora, tutto chiuso di nuovo e poca gente in giro nella periferia, è che ci siano di nuovo manifestazioni in corso anche a Prizren. e che la città sia di nuovo mobilitata. Però non si vedono nuove colonne di fumo né si è sentito nulla in particolare. Solo qualche sirena (ma poche) che passavano.
Ore 18.00. Arriva il buio. Siamo tutti a casa. Sentiamo Xhema al telefono. Dice che tutto è tranquillo in città ora. Hanno fatto dei piccoli scontri davanti al ristorante Sharri (tra casa nostra e il centro comunitario di Ortakoll). Nulla di grosso, manifestanti dispersi dalla polizia.
Ore 18.30. Un gruppetto di manifestanti passa davanti al nostro ufficio. Sono pochi. Con bandiere rosse. Inneggiano UCK. E rompono un po' le scatole ai negozietti che sono aperti. Ma passano in fretta. Noi comunque spegniamo la luce dell'ufficio e andiamo al piano di sopra. Per precauzione.
Ore 18.40. L'Euromarket riapre. Non si sa quanto dura e pare ci sia un po' fila per cui si decide di fare scorta. Pasta, formaggio, riso, cose utili, ma anche biscotti, gomme, caramelle e sfiziosità varie.
Ore 19.00. Erica chiama i militari italiani di Klina. Su Bica e Grabac dicono che sono stati trasferiti con l'elicottero in un posto X. Non possono dire quale perché il telefono potrebbe essere controllato. Comunque stanno bene e i militari italiani proteggono le loro case. Dicono. Su di noi i militari dicono che non è il caso di preoccuparsi. I dati su ciò che è accaduto in questi giorni non sono ancora definitive quindi... Comunque se ci sarà bisogno di intervento loro dicono che non c'è problema, li chiamiamo al telefono, loro chiamano i loro amici militari di Prizren, dicono loro che siamo loro amici e quindi ci salveranno di certo.
Ore 19.10. Telegiornale TG3. Il Kosovo è la prima notizia. Ma la notizia è distorta. Sembra una cosa nata da bambini. Poi fanno vedere i giornali kosovari parlando di giornali di Belgrado. Ore 19.15. SMS da Silvia. Ad Assopace a Mitrovica hanno distrutto la macchina. RTM erano andati a prendere Annamaria a Pristina (stesso volo di Pamela) e non sono più riusciti fino ad oggi a rientrare a Klina. Alessandra era a Ferizaj fino alle 3 di stanotte. Dice che lì si sparava. Alida, ex servizio civile che si fermerà fino a giugno, è a Klina, e anche Matilda. Non sappiamo cosa pensano di fare. Besa TV trasmette un film americano (con sottotitoli in albanese). RTK un documentario.
Ore 19.20. TG sul Kosovo della BBC. Collegamento con padre Sava di Decani. Parla di Pogrom. Parla di distruzione delle chiese. Hanno informazioni dalle diverse parti del Kosovo. Dice che i serbi vengono presi ed uccisi nelle loro case. Mitrovica poi è completamente non protetta dalla Kfor. Perché ora, gli chiede l'intervistatore. Risponde che le persone sono armate. Che stanotte il monastero è stato oggetto di una granata. Avete UNMIK e Kfor, chiede l'intervistatore. Secondo padre Sava quello che è accaduto non è un caso. Le azioni erano coordinate per avvenire in tutto il Kosovo assieme.
Ore 19.30. SMS da Silvia. Dice che Kostunica ha definito come guerra la situazione in corso.Ore 19.40. Telefonata da RTM. Loro al momento non hanno servizi civili, solo due obiettori di coscienza. Pensavano di far rientrare solo una persona, perché doveva già tornare per motivi suoi. Se non riescono in altro modo e se noi decidiamo di andare in Albania potrebbero chiederci un passaggio.
Ore 19.45. Telefonata da Xhema. Ha sentito la frontiera con l'Albania dove a quest'ora c'è un suo parente. La frontiera è aperta anche stanotte e sarà aperta anche domani. In ogni caso ci assicura che se abbiamo bisogno ci assicura che ci farà uscire anche se le frontiere dovessero essere chiuse. Ci consiglia di non partire comunque stanotte e noi siamo d'accordo. Sulla situazione di Prizren in generale non ha novità. Dalle sue parti è tutto tranquillo. Lo tranquillizziamo anche noi sulla nostra zona. Ci sentiamo più tardi.
Ore 19.50. RTK manda il telegiornale. Un servizio da ogni città. Su Prizren si vedono ancora le immagini delle case che bruciano e della gente che inneggia all'UCK. Ma anche una persona (non sappiamo chi sia) che tiene un comizio. Dice che i serbi hanno osato bloccare il centro del Kosovo e ora devono pagare e andarsene.
Ore 20.00. Vediamo il TG italiano. Certo che se queste notizie arrivano in Italia così tutti si spaventeranno. Infatti il telefono ricomincia subito a suonare, parenti, amici... Io, Pamela, Stefano e Marco ci ritroviamo. Decidiamo di far rientrare le ragazze domani. Cerchiamo di decidere come è meglio organizzarsi. Chi va (con il rischio di ritrovare le frontiere chiuse e non poter rientrare). Chi resta. Se andare con la macchina (con il rischio che resti fuori, o con il rischio che si rompa sulle strade di Albania, o con il rischio che stanchi si faccia qualche incidente). Alla fine decidiamo per i due uomini (Marco e Stefano). E per andare in pullman. Xhema recupera informazioni e riusciamo anche ad evitare di pagare un aereo e ripiegare sul traghetto.
Ore 21.00. Lo diciamo alle ragazze. Cala il silenzio. Nessuna vorrebbe andare. Tutte vogliono l'assicurazione di poter tornare. Quando le cose saranno più a posto. La notte passa tra preparativi, messaggi e telefonate. E poi si va a dormire abbastanza presto. Che domani ci si alza alle 6.30 Dall'Italia arrivano notizie su altre chiese bruciate e sul posto dove forse sarebbero i serbi di Bica e Grabac. Tutto tranquillo, più o meno. Ci sentiamo un attimo io e Pamela. E noi che restiamo? Che facciamo? Manteniamo il programma dei seminari o li annulliamo? Non è facile decidere. Da una parte c'è la voglia, non solo nostra ma di tutti, di fare finta che tutto sia normale. Dall'altra c'è la consapevolezza che non è così. Alla fine decidiamo di annullare. Non tanto per motivi logistici quanto perché in questi giorni né noi né loro abbiamo la testa per ragionare veramente sul futuro delle associazioni.
Ore 6.30. Suonano le sveglie.
Ore 7.30. Tutti più o meno pronti. Gli ultimi biglietti da lasciare. Nella fretta della decisione non hanno nemmeno avuto modo di salutare le persone. C'è proprio un senso di "fuga". "E' una esperienza traumatica questa" dice qualcuno. "Sembra che tutto il lavoro fatto sia stato inutile" dice qualcun altro.
Ore 8.00. Davanti all'autobus. Si caricano le valigie e le borse. Un abbraccio. Xhema piange. Lacrimoni grossi. Di rabbia. Sms dall'Italia. Ci siamo, Abbracci via sms. Qui comunque la sensazione è dura. Saliti loro sull'autobus noi ripieghiamo in un bar. Caffè, sigaretta. E silenzio e amarezza. Poi, quando il nodo si scioglie si prova a pensare al futuro. Per rabbia e scelta. E ci si accorge delle conseguenze che l'oggi avrà. "Non verranno stagisti fino all'estate" ha detto un'Università. "Non ci saranno i volontari per terre e libertà, vero?". "E voi? Restate?". Sono le domande che girano. Noi restiamo. Questa è la scelta. Se anche la situazione dovesse peggiorare e fossimo costretti ad andarcene fisicamente per un poco, noi poi restiamo e torniamo. Siamo legati a questo posto e a queste persone. Quello che sta succedendo non può che farci dire che bisogna continuare. Che la direzione è giusta. Che serve tempo e pazienza. Tanto tempo e tanta pazienza. Ma bisogna andare avanti. Ma questo è solo sul noi. Sul paese in generale che dire? Non c'e' nulla di normale qui. Non e' normale che la gente bruci le case e aggredisca persone. Non e' normale che chi ha il dovere di difendere non difende. Non è normale...Ore 9.00. Telefonata dalla mamma di Erica.
Ore 9.30. Sms dal confine. Stanno controllando i documenti. Noi siamo tornati a casa, abbiamo fatto una doccia e poi in ufficio. Xhema con la sua faccia distrutta. Senada che dice che abbiamo fatto bene. Ma che chiede "Ma anche Erica?" Le dico che torna. Si rasserena. Disdiciamo i programmi del corso di Marco per oggi e domani. Sentiamo Mark a Klina, Bajram a Krushe Madhe.
Ore 10.00. La situazione sembra proprio tranquilla. Negozi aperti. Gente per strada. Passa anche qualche macchina della Polizia kosovara. La radio dice che oggi sono aperte tutte le frontiere e funziona anche l'aeroporto di Pristina. Una macchina passa velocissima davanti all'ufficio e si ferma sgommando bloccando una bicicletta con un ragazzino. Tutti siamo un po' tesi e subito pensiamo a chissà che. Xhema si mette davanti alla porta, Senada guarda da dietro il computer. Discutono tra loro. Non c'entrano le proteste, non c'entra nulla. Il ragazzino ha venduto schede telefoniche false e loro vogliono farsi ridare i soldi.
Ore 10.15. Leggiamo i giornali di oggi. Koha ditore. Titolo principale è: "Appello politico per limitarsi ma la violenza aumenta". E poi. Surroj "Oggi il Kosovo è ostaggio". Organizzazione dei Comuni del Kosovo "La missione deve continuare, per i cambiamenti se ne deve parlare quando tutto sarà tranquillo". A Belgrado e Nish si bruciano moschee. Serwer: albanesi e serbi hanno perso entrambi. Casa bianca cerca di fermare le violenze in Kosovo. Riunione urgente del Consiglio di Sicurezza per il Kosovo. Sono successe tante cose in questi giorni, le conseguenze si vedranno nel futuro. La priorità e il ritorno della sicurezza. All'interno si parla anche dei serbi di Bica e Grabac. Dice che ieri un migliaio di uomini con bandiere sono saliti da Klina fino al villaggio e sono stati fermati dai soldati della Kfor. Nessun arresto o scontro violento. Il sindaco di Klina dice che per quello che ne sa lui le persone di Bica sono state evacuate mentre le persone di Grabac sono rimaste nel loro villaggio. C'è una domanda rabbiosa che mi frulla in testa da stanotte. Facciamo anche che oggi il livello di violenza si calmi. Ma questo non è ancora normale. In questi giorni ci sono state uccisioni, furti, danni... un Paese normale significherebbe che una autorità persegue chi compie i reati. Un Paese normale e' un posto dove ognuno può muoversi, spostarsi. Questo oggi anche se il livello di violenza si ferma che Paese normale è? Un Paese normale che i pochi serbi che aveva chiusi in enclavi ora li ha rinchiusi in gabbie ancora più piccole. Basi militari o simili. Un Paese che i pochi simboli serbi che aveva li ha distrutti. Oggi è tutto tranquillo. Dicono. E sembra così. Ma non è normale. Non c'e' niente di normale qui. E se non succede qualcosa nei prossimi giorni. Qualcosa che vada in una direzione diversa. Continuerà a non esserlo. Solo che nel mondo non se ne accorgerà nessuno e tutti continueranno a pensare a Baghdad e ad altro. La polizia di Prizren ieri ha mandato un avviso agli albanesi che hanno occupato case dei serbi. Se vogliono possono restare ma devono sapere che potrebbero avere dei problemi con gli altri albanesi che potrebbero scambiarli per serbi e aggredirli. (E' normale? ).
Ore 10.20. Chiama Cooperazione Italiana per sapere se stiamo bene e dove siamo. Avvisiamo di chi è partito e di chi li accompagna. Chiama Tanja Sekulic per sapere di Francesca (ma anche di noi e della situazione qui).
Ore 10.28. Sms. Sono arrivati in Albania. Xhema approfitta della giornata "libera" per andare a cercare i pezzi di ricambio per la Panda che ha il cambio rotto. Senada discute al telefono con il coordinatore di Bresane su come deve essere fatto il report finanziario del centro. Erica e Ilaria avrebbero dovuto andare a Bica per il corso di italiano. Erica e Ilaria sono andate a casa. Ma anche a Bica non c'e' nessuno. Tutto e' normale. Niente e' normale.
e-mail 19 marzo
Appena rientrate dal giro in centro. La Chiesa ortodossa piccola, quella vicina alla nostra ex casa (per chi lo sa) ieri aveva davanti 2 poliziotti locali. Oggi più nessuno. Per cui tutti entrano a guardare. Entriamo anche noi. E facciamo qualche foto. La Chiesa è tutta bruciata. Da alcune parti esce ancora del fumo. In alcune parti delle mura si intravedono gli affreschi. In altre parti si vede che sono state staccate delle cose, dove l'incendio perchè non c'e il segno del fumo. Dei bambini ci giocano dentro. Raccolgono cose. Ci guardano.
La base ONU ieri aveva dei vetri rotti ma non c'era nessuno davanti. Oggi ci sono 5 blindati Kfor tedeschi. E una ventina di militari a piedi con giubbotto antiproiettile e mitra a tracolla. Nel centro della città meno gente di ieri in giro. Ma ancora fiamme. Nuove case che bruciano. Vediamo arrivare i pompieri ad un certo punto. Il Bogoslovia (il seminario ortodosso) bruciato ieri ha una serie di persone sul tetto che spostano oggetti e cose. Arrivano 3 macchine della polizia kosovara e si fermano davanti. E guardano. nessuno interviene.
La Cattedrale ortodossa ha davanti una camionetta Kfor. In un primo momento pensiamo che abbiano pensato di difenderla. Invece alcuni militari con giubbotti e mitra proteggono un altro militare che imbraccia una telecamera e riprende la cattedrale. Poi stringe la mano ad un uomo che gli aveva fatto un po' da "guida" e se ne vanno tutti. Sulle mura della Cattedrale sono comparse scritte che ieri non c'erano. C'e' scritto in rosso "Abbasso UNMIK" ma anche "Morte ai serbi". In francese. Chissà perché. Anche qui la gente continua ad entrare ed uscire tranquilla. La Chiesa ortodossa piccola, la "cappellina" poco più avanti sembra (forse e') stata presa a picconate.
Come ieri ragazzini apparentemente rom escono dalle case portando oggetti un po' bruciati. Meno gente di ieri in giro a guardare.
Molto meno interesse per noi. Meno tensione. Più "normalità". Se questa si può definire tale. Paradossi della vita kosovara al ritorno incontro per strada alcune persone del mio primo periodo in Kosovo, del 99, quando non sapevo ancora l'albanese. E mi parlano in serbo. Tranquillamente. In mezzo alla strada. Mi capita con due persone diverse. Io resto un po' perplessa. Pamela ancora di più.
Mentre siamo in giro ci arrivano i messaggi di Silvia e di Roberto.Case bruciate a Bica.
Lo giriamo in Albania.L'unica risposta e' "merda".
Non ho commenti da fare in questo momento.Mi aspetto solo che la comunità internazionale faccia qualcosa.
Ma non vedo nessun segnale.Anzi, i segnali che vedo in questo momento mi sembrano andare in altra direzione.
I militari proteggono solo l'ONU. Non i serbi. Niente altro da dire.
Vedi anche:
Kossovo: le reazioni internazionali
Violenza in Kossovo: oltre quel che appare
Kosovo, la notte dei cristalli