Nucleare o rinnovabile? Dilemmi energetici, accordi commerciali con l'estero e strategie di cooperazione internazionale in un'analisi sulle fonti di energia in Albania

10/06/2009 -  Matteo Vittuari

È dal 2008 che l'idea del nucleare compare con frequenza nelle strategie di sviluppo tracciate dal governo albanese guidato da Sali Berisha. Un'idea, questa, che è stata sostenuta a più riprese da altri paesi dell'area Adriatica (Croazia e Italia) e che rivoluzionerebbe la disponibilità di energia in un paese in cui i combustibili fossili rappresentano largamente la risorsa primaria, e in cui l'insicurezza energetica rimane una delle sfide chiave nel processo di sviluppo. Complessivamente, l'offerta interna non riesce a soddisfare una domanda in continua crescita, tanto nel settore industriale quanto nel civile, rendendo quindi l'Albania un importatore netto di petrolio ed energia elettrica. Tuttavia questi dati non sono sufficienti a spiegare una situazione che dura da oltre un decennio e che trova le sue radici in numerose carenze strutturali: insufficiente capacità di programmazione, scarsa efficienza, lacune di manutenzione e ammodernamento delle reti di distribuzione, allacciamenti abusivi ed evasione dei pagamenti.

E il rinnovabile? Grazie a progetti di cooperazione internazionale, così come ad investimenti e accordi commerciali con società e governi stranieri, il settore dell'energia verde - o "blu", vista l'importanza dell'idroelettrico in Albania - è in continua e rapida evoluzione. Al momento il rinnovabile albanese è rappresentato, da un lato, dall'idroelettrico che, pur considerando la variabilità a cui è soggetta la disponibilità di acqua in caso di periodi di siccità, copre oltre il 20% della produzione complessiva di energia, e dall'altro dalle biomasse legnose, che superano il 10%. Eolico, solare ed altre tipologie di biomasse stanno muovendo i primi passi soltanto ora.

Complessivamente, stando a documenti ed intendimenti, la strategia del governo albanese per il settore energetico (elaborata nel 2003 ed aggiornata nel 2007) prevede una sostanziale inversione di rotta con riduzioni del 60% per i combustibili fossili, del 15% dell'idroelettrico di grandi dimensioni e del 7% delle biomasse legnose. A questo si aggiungerebbero aumenti per tutte le rinnovabili (+7% per l'idroelettrico di piccole dimensioni, +6.5% per sistemi di cogenerazione a biomassa, + 3.5% per il solare, + 1% per l'eolico), che dovrebbero arrivare a coprire il 40% del fabbisogno energetico complessivo.

Gli investimenti stranieri

Nel settore idroelettrico, dove ad ora è utilizzato circa il 35% delle risorse, la situazione è in continua evoluzione, soprattutto per quanto riguarda gli accordi commerciali con paesi terzi. Si va dagli studi realizzati dalla francese Sogreah, incaricata dalla Banca Mondiale di valutare il potenziale dei fiumi Vjosa, Semani e Drin, alla concessione assegnata dal Ministero dell'Economia, Commercio ed Energia all'austriaca EVN e alla norvegese Statkraft per la realizzazione di tre centrali sul fiume Devoll. Questi impianti dovrebbero raggiungere una capacità complessiva di 339 megawatt (rispettivamente 173, 138 e 28) e richiedere un investimento di oltre 1 miliardo di euro. A questi progetti si aggiungono le sei centrali che il consorzio sloveno Interenergo dovrebbe realizzare sul fiume Shala (per una capacità complessiva di 130 megawatt) e quella prevista nella zona di Ashta (48 megawatt) per opera dell'austriaca Verbund.

Accanto all'idroelettrico, si stanno rapidamente sviluppando anche progetti legati a biomasse non legnose, eolico e solare. Gli accordi tra Italia e Albania, unitamente all'opportunità di poter vendere l'energia prodotta sul mercato italiano, ha infatti portato oltre Adriatico Moncada e Marseglia, tra i più importanti gruppi italiani impegnati nella produzione di energie da fonti rinnovabili.

L'accordo firmato con l'Albanian Energy Regulatory Authority (ERE) ha garantito alla compagnia "EnpowerAlbania Ltd", in realtà di proprietà dell'italianissima Moncada Costruzioni, la possibilità di utilizzare 95.000 ettari di terreno nelle vicinanze di Valona per la realizzazione di quello che diventerà il più grande parco eolico d'Europa. La produzione dovrebbe raggiungere una capacità complessiva di 500 megawatt, che saranno trasportati in Italia grazie ad una rete di 154km (di cui 130 sottomarini) che collegherà una stazione di conversione presso Babica (Valona) ad una stazione in Italia (Brindisi sud). L'investimento complessivo dovrebbe superare il milione di euro.

Più a nord, il gruppo Marseglia ha invece avviato la costruzione di una centrale alimentata da biomasse liquide della potenza di 140 megawatt e di due parchi eolici della potenza di 234 megawatt. Il contratto, inserito in un accordo di programma tra l'esecutivo italiano e quello albanese, ha un valore complessivo di circa un miliardo di euro e comprende, anche in questo caso, il collegamento tra le coste pugliesi e quelle albanesi attraverso la realizzazione di una rete (in parte sottomarina) di interconnessione ad alta tensione e una stazione di conversione nella provincia di Lezha.

Le operazioni dei gruppi Moncada e Marseglia, come buon parte degli investimenti esteri nel settore idroelettrico, portano ad interrogarsi sui benefici di breve periodo per l'Albania, soprattutto considerando che l'energia prodotta non verrà venduta sul mercato domestico. Sicuramente, investimenti per oltre 2 miliardi di euro porteranno comunque lavoro per le imprese locali ed opportunità per staff e personale qualificato che dovrà affiancare gli esperti e il management italiano.

Sempre nell'ambito dei rapporti bilaterali Italia-Albania, il ministero italiano dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare sta promuovendo, unitamente al ministero dell'Economia albanese, azioni per il co-finanziamento di progetti finalizzati alla riduzione delle emissioni di gas serra nei settori dell'efficienza energetica in edifici pubblici e per la realizzazione di impianti eolici e di mini idroelettrico. Su una linea simile si sta muovendo anche il gruppo bancario tedesco KFW, che ha attivato un fondo di 9 milioni di euro per investimenti in progetti legati a energie rinnovabili (3,5 milioni), efficienza energetica negli edifici pubblici (3,5 milioni) e assistenza tecnica e trasferimento tecnologico su queste tematiche (2 milioni).

La cooperazione internazionale

Accanto alle operazioni di carattere commerciale, ulteriore linfa alle energie rinnovabili arriva dai progetti legati alla cooperazione bilaterale e territoriale come EnerSun e Biomalba. Il progetto EnerSun, finanziato nell'ambito dell'Interreg III A transfrontaliero adriatico, vede impegnati Regione Abruzzo, Comune di Pescara, Confederazione italiana agricoltori e Comune di Scutari, ed è finalizzato alla realizzazione di due impianti fotovoltaici ad inseguimento solare a Pescara e Scutari.

Il progetto Biomalba, finanziato da Ministero Affari Esteri ed Iniziativa Centro Europea (InCE), vede invece impegnate la Facoltà di Agraria dell'Università di Bologna, l'Università Agricola di Tirana, l'Agenzia Albanese per le Risorse Naturali (AKNB) e l'Associazione Albanese dei Produttori di Olio di Oliva, ed è finalizzato allo studio di fattibilità di una filiera a biomassa basata sull'utilizzo della sansa di oliva. Se il progetto EnerSun apre in qualche modo la strada al fotovoltaico, BiomAlba rilancia l'idea dell'utilizzo dei residui agricoli ed agroindustriali.

Oltre a nucleare e combustibili fossili, c'è quindi un settore dinamico e in rapida evoluzione, caratterizzato anche da esperienze innovative - un laboratorio che forse non porterà l'Albania a diventare la superpotenza energetica dei Balcani, ma che sicuramente merita, e necessita, di essere monitorato con attenzione. Esperienze così diversificate dovrebbero comunque essere integrate in una strategia di lungo periodo, che prenda in considerazione sia il problema energetico in sé, sia gli impatti che produzione e consumo di energia hanno non solo a livello economico, ma anche in termini di ambiente, cambiamenti climatici e salute.