Hotel abbandonato in Abkhazia (tome / Flickr )

"Mai più con la Georgia. Anche perché l'Abkhazia può vantare più argomenti di Pristina per aspirare a diventare uno vero Stato". Parla Sergei Shamba, da febbraio 2010 premier della repubblica secessionista de facto. Affacciata sul mar Nero e, all'indomani della sentenza Onu all'Aja, su un futuro non impossibile

26/07/2010 -  Francisco Martinez

Il premier de facto abkhazo Sergei Shamba ha fiducia nel futuro e mantiene una distanza prudente con Mosca, di cui pur apprezza l’appoggio economico e militare. Poco prima della nostra intervista, ha ospitato una delegazione di astronauti russi, arrivata a Sukhumi per esprimere appoggio e solidarietà al nuovo governo.

"Non siamo uno Stato made in Russia"

Le strade sono piene di manifesti che inneggiano ai “200 anni con la Russia”. Non crede che così diate argomenti a chi sostiene che l’Abkhazia sia stata annessa da Mosca?

Sarebbe stata un’annessione se la Russia avesse preso il nostro territorio. Ma così non è, dal momento che la nostra indipendenza passa dal Parlamento.

Sergei Shamba, primo ministro dell'autoproclamata repubblica dell'Abkhasia, nata dala secessione con la Georgia dopo la guerra di agosto 2008 (foto di Francisco Martinez)

(foto di Francisco Martinez)

E la Russia ci ha riconosciuti come Stato. L’esercito di Mosca può restare entro i nostri confini per garantirci sicurezza, anche attraverso una sua base militare. Ma se questa fosse un’occupazione, molti Paesi europei potrebbero essere considerati occupati dagli Stati Uniti…

Pensa che una forza militare europea potrebbe collaborare con l’esercito russo?

Dopo la guerra del 1993, l’Onu ha inviato un contingente multinazionale alle nostre frontiere. Ma la missione si è conclusa, e non è stata rinnovata nonostante la Georgia ci abbia attaccato in diverse occasioni. Così, dopo la firma dell’accordo di cooperazione e amicizia con Mosca, abbiamo deciso che la Russia potesse garantire la nostra difesa.

Quali sono oggi le vostre priorità?

Certamente la sicurezza. Poi il riconoscimento internazionale. All’indomani della guerra con la Georgia lo hanno sottoscritto solo 4 Paesi: Russia, Nicaragua, Venezuela e Nauru. Ora che Mosca assicura la nostra stabilità, possiamo concentrarci sullo sviluppo economico e tentare di attrarre investimenti esteri.

Sognando l'alternativa con Europa e Turchia

Vi aspettate altri riconoscimenti a breve?

Lavoriamo per questo in diverse aree del mondo, specie in America latina, Medio Oriente e Pacifico. Ma puntiamo a buone relazioni anche nella nostra regione, con Ue e Turchia. Con alcuni Paesi europei è più difficile in quanto membri Nato, che ha posizioni sulla Georgia molto influenzate dagli Stati Uniti.

Che ruolo può giocare verso di voi l’Europa?

Sia Ue che Usa vorrebbero imporci il riconoscimento della sovranità georgiana. Ma quell’integrità territoriale fu creata a tavolino da Stalin. È una proposta senza futuro, e non l’accetteremo mai.

Che proponete oggi alla Georgia?

Con Tbilisi ora possiamo parlare solo di coesistenza pacifica e buone relazioni tra vicini, nei negoziati in corso a Ginevra. E questo nonostante le ripetute aggressioni subite dalla Georgia nel passato recente, ben presenti nella memoria della nostra gente, perché strozzavano la nostra vita e le nostre fabbriche. Eravamo maltrattati e dimenticati. Nel 1992 in Abkhazia non c’era un’auto che funzionasse… E oggi stiamo dimostrando al mondo che possiamo svilupparci, sia a livello economico, sia come democrazia. Abbiamo tenuto elezioni trasparenti, certificate da numerosi osservatori internazionali.

La maggioranza degli investimenti esteri in Abkhazia è russa.

Mosca ci ha riconosciuto e le imprese russe qui sono benvenute. Ma aspettiamo anche investitori europei e turchi. Certo, ci pregiudica il mancato riconoscimento, ma i primi imprenditori internazionali sono già cominciati ad arrivare. Penso ad aziende austriache nel turismo, ad esempio, e soprattutto alla Turchia, con cui abbiamo relazioni molto produttive, con molte società e imprese turche aperte qui. Ci sono poi i contatti attraverso il mar Nero: Ankara è il nostro secondo partner commerciale dopo Mosca. Dopo un lungo primato turco, oggi l’80% dei nostri scambi è con la Russia, il restante con Ankara.

"Abbiamo più ragioni del Kosovo". La corsa abkhaza al riconoscimento internazionale

C’è differenza tra la secessione dell’Abkhazia e quella del Kosovo?

L’Abkhazia ha anche più diritto del Kosovo all’indipendenza, sebbene ogni caso sia a sé stante e non si possano fare paragoni. A differenza del Kosovo, noi stessi abbiamo liberato il nostro territorio e creato il nostro Stato. In Kosovo ha fatto tutto la Nato. E infine non è la prima volta che siamo una nazione: negli ultimi mille anni, avevamo un nostro Stato nel Caucaso, il più potente della regione. Al contrario il Kosovo è stato sempre un territorio di transito, che sia l’Albania che la Serbia considerano proprio.

Se il Kosovo non può sopravvivere senza la Nato, non lo potrebbe neppure l’Abkhazia senza la Russia.

Siamo sopravvissuti senza Russia dal 1993. Siamo sopravvissuti a un lungo periodo di embargo.

Allora come Kosovo e Abkhazia, anche la Cecenia dovrebbe essere riconosciuta?

Naturalmente, la Cecenia ha diritto all’indipendenza, ma non mi pare che il governo attuale lo reclami o aspiri a questo. Quello precedente aveva un tale programma, ma l’indipendenza è di chi la può difendere, con le armi e a livello spirituale. Durante la prima guerra cecena, l’Abkhazia fu l’unica a schierarsi con la Cecenia: protestammo per la distruzione di Grozny e contro Eltsin. Ma in Cecenia non seppero mantenere l’indipendenza perché il sostegno popolare non era abbastanza ampio. Qui tutta la società appoggiava l’idea: non solo gli abkhazi, che sono componente maggioritaria, ma anche armeni, russi e greci. Tutti, tranne i georgiani.

In prima fila per il business olimpico di Sochi 2014

L'anno scorso, un'imbarcazione turca diretta in Abkhazia è stata bloccata dalla Georgia, creando un serio incidente diplomatico. Il conflitto prosegue anche sul mare?

Non è stato l’unico caso. Se non ci fosse questo ostacolo, il nostro commercio con l’estero sarebbe ben più florido. Tbilisi tenta di isolarci ma ci sono imprenditori turchi che non si lasciano fermare. Nonostante l’appoggio russo, non controlliamo ancora del tutto le nostre acque. E nel caso del carico via mare turco a cui lei si riferisce, trasportava petrolio destinato al nostro Paese. Ma Mosca ci ha garantito che migliorerà i controlli nelle nostre acque territoriali.

Come influirà sull’Abkhazia il grande appuntamento con i Giochi olimpici invernali previsti a Sochi nel 2014?

Abbiamo grandi interessi economici in vista dell'evento olimpico a Sochi, appena oltreconfine, nella vendita di materiali da costruzione, perché esportiamo sabbia, cemento e ghiaia. Puntiamo a migliorare le comunicazioni e possiamo mettere a disposizione il nostro aeroporto, il più sicuro del Caucaso. Può atterrarvi ogni tipo di velivolo. E poi c’è un progetto per potenziare i trasporti su ferrovia che ci uniscono alla Russia.