Armenia-Azerbaijan: il cessate il fuoco non regge
16 july 2020
Dopo che la giornata di ieri era stata relativamente calma, Azerbaijan e Armenia si sono accusati nuovamente oggi di aver bombardato a partire da questa mattina posizioni militari e villaggi.
Gli scontri armati sono partiti domenica scorsa. Da allora sono rimasti uccisi 15 militari (11 da parte azerbaijana e 4 armena) ed un civile.
Nella serata di martedì 14 luglio migliaia di persone si sono radunate nel centro di Baku, capitale dell'Azerbaijan, chiedendo alle autorità di intensificare il conflitto con l'Armenia. Prima che la protesta fosse dispersa dalla polizia, alcuni manifestanti hanno occupato brevemente l'edificio del parlamento.
Sul conflitto è intervenuto, sul proprio account Twitter , l'analista politico ed esperto di Caucaso Thomas de Waal che ha sottolineato come fosse prevedibile che, in assenza di passi avanti nei negoziati sul Nagorno Karabakh, vi fosse il rischio di una recrudescenza del conflitto armato.
“Nulla accade per caso ed è chiaro che le violazioni del cessate il fuoco rappresentano decisioni politiche. La violenza si era ridotta quasi a zero nel 2018 dopo la rivoluzione in Armenia e le indicazioni date in tal senso dai leader dei due paesi”, ha aggiunto de Waal.
“Non è chiaro chi abbia iniziato anche se l'Azerbaijan ha più interesse a ricordare al mondo che la situazione sul terreno 'non è normale' e subisce la maggior frustrazione per nessun passo avanti nei negoziati. Lo scorso 7 luglio il presidente dell'Azerbaijan lo ha detto chiaramente”.
“Certo è che quando una delle due parti in conflitto inizia, l'altra risponde e nessuno arretra. Il conflitto è radicato profondamente in entrambe le nazioni. E torna utile ad entrambi i governi, per distrarre i cittadini dai problemi economici e dalla pandemia”.
Thomas de Waal fornisce poi uno sguardo sulla situazione geopolitica dell'area: “La Russia ha forti relazioni con entrambi i paesi e ora cercherà di concordare un nuovo cessate il fuoco. Ma come già avvenuto nel 2016, sentimenti anti-russi indeboliscono la sua posizione: in Azerbaijan cresce la rabbia perché Mosca è vista come il padrino militare dell'Armenia, in Armenia si accusa la Russia di scarso sostegno. La Turchia appoggia l'Azerbaijan ed ha rinunciato a qualsiasi ruolo da mediatore. L'Iran resta spettatore e cerca buoni rapporti con entrambe le parti e non va creduto chi afferma vi sia un ruolo iraniano. Infine gli Stati Uniti, sebbene co-presidenti del gruppo di Minsk, si fanno notare ancora una volta per la loro assenza”.