Yerevan, la generazione digitale (foto M. Ellena)

Yerevan, la generazione digitale (foto M. Ellena)

Con l'elezione a primo ministro del leader della Rivoluzione di velluto Nikol Pashinyan la generazione digitale ha mandato in pensione quella analogica? Un commento

10/05/2018 -  Monica Ellena yerevan

La centrale Piazza della Repubblica di Yerevan ha accolto l’annuncio della nomina a Primo ministro di Nikol Pashinyan con un boato che è risuonato per chilometri. Il candidato della gente, l’uomo del cambiamento che ha orchestrato e guidato il più importante passaggio di potere dell’Armenia indipendente ha ottenuto il sostegno di 59 parlamentari su 101 dopo una breve discussione che ha fatto dimenticare la maratona di nove ore che aveva caratterizzato il precedente voto del 2 maggio, conclusosi con un no sul suo nome.

La nomina dell’8 maggio è stata straordinaria come gli eventi che hanno toccato la repubblica caucasica nelle ultime settimane – mobilitazioni, scioperi, sit-in per dire no a corruzione, clientelismo e malaffare, colpevoli di tenere in ostaggio lo sviluppo economico e sociale del paese.

Al boato sono seguiti balli, canti, inni. Sono volati palloncini e coriandoli, sono sventolate migliaia di bandiere e cappellini bianchi - e sono scese tante, tante lacrime.

"Il popolo ha vinto. Congratulazioni", sono state le prime parole del neo premier dopo il voto, sul palco, davanti alla sua gente alla quale ha ripetuto la sua promessa per un’Armenia più giusta. "Tutte le persone sono uguali davanti alla legge, non ci saranno persone che godono di privilegi e altre no".  Pashinyan ha poi precisato: "La vostra vittoria non è che sono stato eletto primo ministro dell'Armenia; la vostra vittoria è che voi avete deciso chi avrebbe dovuto essere il primo ministro dell'Armenia".

Il vero lavoro comincia ora e le problematiche sul tavolo sono molteplici, a partire dall’approvazione di una nuova legge elettorale e l’organizzazione di elezioni politiche.

La rapida evoluzione della rivoluzione di velluto ha colto tutti di sorpresa, a partire da chi ha dato l’impulso alla protesta. Ma il malumore e la volontà di cambiamento ribollivano nel paese sotto una calma apparente. La rabbia, da decenni, spinge gli armeni in strada e i moti di piazza erano diventati parte integrante della cultura politica del paese già sotto l’Unione sovietica. Dal 2008 però la strada è diventata una sorta di laboratorio di democrazia, dove la popolazione ha trovato spazio per far sentire la propria voce su tutto - dalle frodi elettorali all'aumento delle tariffe dei trasporti pubblici.

Un processo che ha subito una forte accelerazione con Eletric Yerevan. Nel giugno del 2015 la protesta contro un aumento del 16,7% delle tariffe elettriche ha galvanizzando la capitale, nonché il mondo, attraverso una campagna senza precedenti sui social media. L'hashtag #ElectricYerevan ha fatto tendenza su Internet e ha aiutato il movimento ad attirare l'attenzione dei media a cui l'Armenia non era abituata.

"Questa protesta è stata la summa di tutti i precedenti movimenti civici perché è stata costruita sull’esperienza e sulla conoscenza acquisita in questi anni. Dall'idea di proteste decentralizzate promossa dai 100 Drams [il movimento contro l'aumento dei biglietti di trasporto pubblico] all'umorismo usato nella Campagna è [contro la riforma costituzionale] - tutto ha portato fino a questo momento", spiega Babken DerGrigorian che ha coniato l'hashtag #ElectricYerevan ed è oggi parte della squadra di transizione di Pashinyan.

Tre anni dopo gli hashtag hanno di nuovo portato l’Armenia a fare tendenza sul web. Quando il Presidente-poi-Primo Ministro Serzh Sargsyan si dimise il 23 aprile, #rejectSerzh fu presto trasformato #rejectHHK, dall’acronimo del Partito repubblicano di Sargsyan. Twitter e Facebook sono stati inondati da foto in notturna con migliaia di telefoni cellulari a illuminare il suggestivo tufo rosato degli edifici che circondano la piazza. Era la nuova generazione digitale che mandava un messaggio alla vecchia e analogica: "Il vostro tempo è scaduto".

 

La 'Rivoluzione di velluto' vista dalla piazza principale di Yerevan. Il fotoracconto di Monica Ellena