Un sit-in a Yerevan lo scorso 18 aprile  - Mari Nikuradze/ OC Media

Il governo armeno risponde con il pugno duro alle proteste contro la nomina di Serzh Sargsyan a primo ministro. Arrestati alcuni leader dell'opposizione

23/04/2018 -  OC Media

(Pubblicato originariamente da OC Media il 22 aprile 2018)

Domenica pomeriggio, durante il decimo giorno di proteste contro la nomina di Serzh Sargsyan a primo ministro, la polizia ha usato granate stordenti e compiuto arresti di massa. In diecimila continuano però a manifestare in una campagna di disobbedienza civile, bloccando diverse strade e incroci e urlando lo slogan "free Nikol" [Pashinyan, ndr]. Secondo Civil Net almeno 192 persone sarebbero state arrestate.

Tra loro anche Nikol Pashinyan, deputato e leader del partito di opposizione "Contratto civile", che è presto emerso come il leader di questa protesta. Anche altri deputati di Contratto Civile, Susun Mikaelyan e Ararat Mirzoyan, sarebbero stati arrestati domenica. Secondo Radio Free Europe, la polizia avrebbe però negato l'arresto dei rappresentanti dell'opposizione dichiarando che sono solo "stati forzati a lasciare il luogo in cui si stava svolgendo una manifestazione non autorizzata". Successivamente, secondo EVN Report, i deputati sarebbero stati accusati di avere violato la legge sulla libertà di associazione.

In seguito al suo arresto, Nikol Pashinyan ha esortato la società civile a continuare la protesta, sostenendo che le dimissioni di Sargsyan fossero ormai vicine. Ha inoltre invitato i ministri, i capi delle istituzioni di governo e della polizia, a dimettersi in segno di protesta.

Sabato, uno degli organizzatori delle proteste, Armen Grigoryan, è stato arrestato da uomini della polizia dal volto coperto, mentre si trovava con degli amici in un caffè nella zona centrale di Yeravan.

Stepan Grigoryan, a capo dell'Analytical Centre for Globalisation and Regional Cooperation, un think tank armeno, il 16 aprile aveva dichiarato a OC Media che "le autorità useranno la forza e tutte le risorse a loro disposizione per fermare le proteste" al fine di "preservare il loro regime corrotto e non democratico". Domenica, anche Grigoryan è stato arrestato dalla polizia mentre partecipava alle manifestazioni.

Il Servizio europeo per l'azione esterna ha richiamato domenica le autorità armene invitandole a rilasciare "tutti coloro che sono stati arrestati mentre esercitavano il loro diritto fondamentale di associazione". "L'Unione Europea si aspetta che le autorità armene rispettino pienamente questo diritto, e che applichino la legge in maniera giusta e proporzionata, in accordo con gli obblighi internazionali dell'Armenia, anche nell'ambito della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali", hanno affermato in una dichiarazione.

Il primo ministro Sargsyan aveva incontrato Nikol Pashinyan al Mariott hotel di Yeravan domenica mattina: un incontro che è durato soltanto tre minuti, secondo quanto riportato da CivilNet. Pashinyan avrebbe riferito a Sargsyan e alla stampa di aver "chiaramente dichiarato […] di non avere intenzione di parlare di dialogo, ma solo dei termini delle sue (di Sargsyan, ndr) dimissioni e delle condizioni di una transizione pacifica e tranquilla del potere".

Sargsyan ha risposto dal canto suo definendo quanto affermato da Pashinyan un "ricatto", e aggiungendo che Pashinyan "non ha imparato nulla dagli eventi del primo marzo (2008)".

Nel corso del marzo 2008, proteste pacifiche contro la contestata elezione di Sargsyan come presidente, vennero disperse con forza dalle autorità, portando alla morte di dieci persone, sia nei giorni della protesta, sia nelle giornate seguenti. Oggi, alla Corte europea dei diritti dell'uomo, è ancora aperto un procedimento che accusa di violenze il governo armeno.

Attacchi ai giornalisti

Venerdì, Reportes Without Borders, ha denunciato che "diversi giornalisti" sarebbero stati aggrediti mentre partecipavano alle proteste e ha chiesto alle autorità di "mostrare moderazione, assicurare il rispetto della libertà di stampa e ad indagare tempestivamente sulle violenze". Domenica RWB ha riportato che altri giornalisti sono stati attaccati, ed ha invitato la comunità internazionale a "monitorare adeguatamente la situazione".

Inoltre un giornalista dell'ONG Union of Informed Citizens sarebbe stato picchiato a Yerevan giovedì. "Due poliziotti in borghese hanno picchiato il nostro giornalista Tirayr Muradyan, vicino ai palazzi del governo (Tirayr stava indossando il badge di riconoscimento). I poliziotti in divisa che si trovavano sul posto non sono intervenuti", ha riportato Panorama.am citando Daniel Ioannisyan, direttore progetti di Union of Informed Citizens.

Arus Hakobian, un corrispondente per il servizio armeno di RFE/RL, è poi stato aggredito sabato nei pressi di Artashat, trenta chilometri a sud di Yeravan. La polizia presente non avrebbe fatto nulla per prevenire l'aggressione, nonostante Hakobian abbia chiesto aiuto.

In un altro incidente, sabato sera, un produttore di RFE/RL sarebbe stato aggredito a Yeravan da alcuni funzionari di polizia. Anatoly Yeghiazarian sarebbe stato spinto per terra, preso a pugni e a calci dalla polizia per aver registrato dei video sul telefono, pur avendo mostrato loro il suo pass per la stampa.

La caporedattrice di EVN Report's, Roubina Margossian, è stata ferita da una granata stordente caduta vicino a lei domenica.

Riforme costituzionali

Serzh Sargsyan si è dimesso il 9 aprile scorso dall'incarico di presidente come atto dovuto a seguito delle riforme costituzionali in corso per cambiare il modello di governo da un sistema semi-presidenziale a un sistema parlamentare.

Sargsyan ha dichiarato poi l'11 aprile di puntare alla carica di primo ministro, quella dove si concentra dopo la riforma il potere esecutivo. Eletto dall'Assemblea nazionale il 17 aprile ha poi effettivamente prestato giuramento come primo ministro.

Proteste organizzate intorno allo slogan "No a Serzh", sono nate a partire dal mese di marzo con migliaia di persone che sono scese in piazza a partire dal 13 aprile in quella che Nikol Pashinyan ha definito la "rivoluzione di velluto".