Il 15 dicembre si è svolto a Bruxelles l'Incontro ministeriale del Partenariato orientale, a cui hanno partecipato Armenia, Azerbaijan, Georgia, Moldavia e Ucraina. L'UE rilancia con un nuovo obiettivo di cooperazione e un investimento di 2.3 miliardi di euro. A latere vi è stato anche un incontro trilaterale Pashinyan-Aliyev-Michel
Il 15 dicembre si è tenuto a Bruxelles il sesto Incontro ministeriale del Partenariato orientale . Fanno parte del Partenariato orientale, iniziativa europea lanciata nel 2009, l’Armenia, l’Azerbaijan, la Georgia, la Moldavia e l’Ucraina. Era dal 2019 che i capi degli esecutivi – primi ministri o presidenti – dei paesi che ne fanno parte non si incontravano di persona - in questo formato - con le massime cariche europee. La Bielorussia ha interrotto la propria collaborazione a seguito delle note frizioni con l’Unione Europea.
Con questo incontro si è rilanciato l’impegno europeo con i partner orientali. Per il post-2020 l’Unione europea ha adottato un nuovo obiettivo di cooperazione , che potrebbe essere descritto come le tre R: recovery, resilience and reform. La resilienza riguarda il rilancio e consolidamento di economie sostenibili e integrate nonché la rivoluzione digitale e le sfide al cambiamento climatico, il recovery è incentrato sul recupero pandemico e post-pandemico, e le riforme riguardano soprattutto la tutela dei diritti, della legalità e della sicurezza. Questi obiettivi sono sostenuti da un investimento europeo di 2.3 miliardi di euro.
Concretamente quindi i top-target entro il 2025 sono il sostegno ad altre 500.000 piccole e medio imprese (PMI), la costruzione di 3000 km di strade e ferrovie, la mobilità per 70.000 giovani, la riduzione del consumo energetico domestico del 20%, il monitoraggio della qualità e dell’accesso all’acqua, l’accesso a internet, la legalità, la lotta ai crimini informatici, l’edificazione di società eque ed inclusive, vaccini per 850.000 operatori sanitari e investimenti nel settore medico.
Finora il Partenariato orientale ha comportato un aumento del 22% dei commerci fra i paesi partner e l’UE. Quest'ultima ha sostenuto 185.000 piccole e medie imprese nei paesi partner, con 1,65 milioni di posti di lavoro creati. Sono stati circa 80.000 gli scambi studenteschi e per i giovani.
Armenia, Azerbaijan e Georgia
In Armenia l'Ue si è impegnata a sostenere 30.000 PMI. Inoltre è arrivata la promessa che verranno investiti 600 milioni nel corridoio nord-sud, e altri 300 milioni nello sviluppo informatico. Le regioni meridionali del paese – Sjunik in particolare – saranno oggetto di investimenti specifici (80 milioni di euro) così come Yerevan, interessata a una transizione green da 120 milioni di euro.
Transizione verde anche per la capitale dell’Azerbaijan e in particolare per il porto, per il quale l’UE ha stanziato 10 milioni, e altri 10 andranno alla digitalizzazione delle vie di trasporto. L’UE poi investirà 50milioni di euro per le PMI nel paese e altri 50 per l’ammodernamento e la sostenibilità del settore rurale. In linea con quanto sta già succedendo nelle aree riconquistate, Baku continua a promuovere insediamenti green e smart. L’UE auspica un sostegno di circa 20 milioni di euro per sostenere questo programma nazionale.
Due iniziative attivate per la Georgia riguardano l’area del Mar Nero, sia per migliorare la connessione con la sponda europea, sia per i trasporti anche energetici, per un totale di 125 milioni di euro. Saranno poi 80.000 le PMI georgiane a beneficiare di un investimento europeo stimato intorno ai 600 milioni di euro e circa un migliaio gli insediamenti rurali che dovrebbero accedere a Internet veloce grazie a un investimento di 350 milioni. Infine – e certamente molto apprezzato dalla popolazione della capitale Tbilisi – l’UE stima un investimento di circa 100 milioni di euro per migliorare il monitoraggio e la qualità dell’aria nella capitale, pesantemente inquinata.
Il Trilaterale
Molto atteso per i 3 caucasici, ma soprattutto per Armenia e Azerbaijan, è stato l’incontro trilaterale Pashinyan-Aliyev-Michel a latere dell’incontro ministeriale. Non dovrebbe rimanere un episodio unico, è stato proficuo ed è durato quasi 5 ore. È un formato anomalo: i trilaterali precedenti fra i belligeranti del 2020 sono sempre e solo stati con il presidente Putin, e si contano sulle dita di una mano. Il 10 novembre il primo ha decretato il cessate il fuoco, l’11 gennaio c’è stato quello che ha dato impulso alla apertura delle vie di comunicazioni, e il 26 novembre a Sochi il terzo che ha evitato un nuovo impasse dopo i recenti scontri e dato nuovo impulso all’apertura delle comunicazioni e alla delimitazione pacifica dei confini.
Prima di questo trilaterale, il primo quindi in salsa europea, Mosca e Bruxelles si erano sentite tra loro. In settimana il presidente russo Putin si era sentito anche con il presidente francese Macron e aveva ribadito l’importanza che anche questo trilaterale fosse un puntello nel quadro di quanto concordato finora. Intorno ai continui incidenti sul confine si sta creando un compatto fronte internazionale che teme una nuova destabilizzazione dell’area. Un informale intervento di Macron è testimoniato da una foto pubblicata il 15 dicembre che lo ritrae nella hall di un albergo di Bruxelles con Pashinyan e Aliev.
L’Europa dimostra a vari livelli un rinnovato impegno per la pace regionale. Charles Michel ha facilitato qualche settimana fa una linea diretta fra i ministeri della Difesa armeno e azerbaijano proprio per gestire gli scambi di fuoco ed evitare nuove escalation. Di questo, stando al comunicato del Presidente del Consiglio Charles Michel, si è parlato e la validità dello strumento è stata riconosciuta dalle parti. La discussione ha riguardato poi altri punti di cruciale importanza. Non ci dovrebbero più essere prigionieri azeri in Armenia, mentre ne rimangono di armeni in Azerbaijan. Il sistema di scambio prigionieri-per-mappe di mine sta funzionando, e altri 10 armeni sono stati recentemente rimpatriati.
Durante l’incontro del 14 dicembre l'UE si è fatta promotrice dell’iniziativa di lanciare una piattaforma di consulenza economica per creare fiducia e rafforzare la cooperazione economica nella regione. In tutte le parti c’è la consapevolezza che il livello di animosità e odio reciproco non sono basi su cui sarà possibile costruire un vicinato pacifico, e ancor meno interscambi e integrazioni di comunicazioni e mercati. Se si intende veramente voltare pagina, e fare del Caucaso del Sud una regione di scambi, di mercati, e di comunità interconnesse vanno consolidate sicurezza militare e reciproche tolleranze etno-culturali. Per questi scopi l’UE mette a disposizione le proprie risorse, sia economiche che di know-how.
E in tutto questo complicato quadro di trilaterali multipli, un episodio interessante: Charles Michel, ha lasciato a un certo punto Pashinyan e Aliyev soli . I due hanno parlato a quattr’occhi senza mediatori, per la prima volta dal conflitto. Per fare confidence building a volte è meglio non esserci…