Gli stati che si affacciano sul Mar Caspio si sono ritrovati a Baku per tentare di determinare lo status giuridico di questo bacino strategico
Il 5 e 6 aprile Baku ha ospitato la 44ma riunione del gruppo di lavoro sulla convenzione sullo status giuridico del Mar Caspio, bacino strategico, per risorse minerarie, ittiche e per questioni geopolitiche e di sicurezza. Alla riunione hanno partecipato delegazioni provenienti da tutti i cinque stati litoranei del Caspio: Azerbaijan, Iran, Kazakistan, Russia e Turkmenistan.
Che il Caspio abbia grande rilevanza geostrategica è dimostrato anche solo dal fatto che nella recente operazione militare russa in Siria è stato coinvolto sia lo spazio aereo del bacino - utilizzato dai jet russi pur in assenza di un'autorizzazione di sorvolo sul territorio da parte dell’Azerbaijan - che le sue acque, solcate dalla marina militare russa .
Proprio questo è uno dei nodi che appare ancora irrisolto nella stesura della bozza della convenzione: quattro paesi su cinque vogliono che il Caspio diventi zona demilitarizzata. La Russia è contraria.
Il summit interministeriale pare sia stato proficuo anche se non sono trapelati i dettagli su come stia procedendo la negoziazione: la strada alla convenzione potrebbe essere ancora lunga, ed è già stato comunicato che il prossimo incontro si terrà in Iran.
Un po' di storia: lo status Caspio
La questione del Caspio esplode nel 1994, quando il conflitto per il Nagorno-Karabakh sta entrando nel regime di cessate il fuoco. A far rendere improvvisamente urgente una questione internazionale che era rimasta sospesa dalla fine dell’URSS è l’Azerbaijan. Nel 1994 viene concluso il “Contratto del secolo”, così è denominata l’intesa tra 11 multinazionali petrolifere, capeggiate dalla britannica BP, e il governo dell’Azerbaijan per lo sfruttamento degli idrocarburi azeri. L’anno seguente la costituzione adottata nel paese sancisce nell’articolo 11 che “Il territorio dell’Azerbaijan è uno, inviolabile e indivisibile. Il Territorio della Repubblica dell’Azerbaijan include le acque interne, il settore del Mar Caspio (Lago) pertinente alla Repubblica di Azerbaijan e lo spazio aereo sovrastante la Repubblica di Azerbaijan”. Il vaso di Pandora era stato aperto, e ora lo si sarebbe dovuto in qualche modo richiudere, trovando soluzione per le questioni che ne erano fuoriuscite: lo status giuridico del Mar Caspio; la delimitazione dei confini delle acque territoriali dei paesi che si affacciano sul bacino e dello spazio aereo sovrastante; i diritti di sfruttamento delle sue risorse del sottosuolo, del fondale marino, dello specchio d’acqua; i diritti di navigazione e infine – di grande attualità – il diritto allo stanziamento di flotte militari.
Il Mar Caspio è un bacino salato su cui si affacciano 5 paesi: Iran, Azerbaijan, Russia (le Repubbliche del Daghestan e della Calmucchia, la Regione di Astrakhan), Kazakhistan e Turkmenistan. E’ un mare chiuso, ma attraverso il sistema di canalizzazione realizzato in periodo sovietico si può navigare dal Mar Nero fino alla foce del Volga, risalendo il Don, immettendosi poi nel Canale Volga-Don. Da nord a sud si estende per 1200 km e la larghezza media è di 310 km. Le rotte interne variano dalle 300 alle 900 miglia marine e vi si affacciano diversi porti, alcuni dei quali vantano una storia secolare come quello di Baku o di Anzali.
La questione del suo status emerge tardi nella sua storia di bacino. Fino all’arrivo dell’Impero zarista è fondamentalmente un mare persiano. Diviene poi un mare russo-persiano, poi sovietico-persiano/iraniano, e in questa periodo prendono forma alcuni degli accordi ancora in uso, divenuti quasi consuetudinari.
Con la fine dell’URSS i paesi successori mettono in dubbio che gli accordi sovietici relativi al Caspio siano ancora vincolanti. L’Azerbaijan mette avanti le mani includendo nella propria costituzione l’eventualità che al Caspio si possa non applicare il diritto del mare, ma che il bacino passa essere suddiviso come un lago. Prima che la tensione esploda, nel 1995 nasce il cosiddetto Working Group, un summit intergovernativo a cinque, a livello di vice-ministri degli Esteri che si incontra regolarmente negli stati rivieraschi per redigere una convenzione sullo status legale del Caspio. Nel tempo pragmaticamente ci si orienta non più sullo status ma sul regime di utilizzo del Caspio .
Un nodo complesso
Oggi quello che era considerato un mare esclusivamente iraniano-sovietico ha cambiato volto. I due paesi eredi l’uno dell’Impero Persiano, l’altro di quello Zarista, che se lo erano conteso e spartito come in un minuetto, si potrebbero ora trovare minoritari.
La connotazione giuridica di "mare" implicherebbe l’applicazione del principio della ‘linea mediana’, in base al quale la frontiera sarebbe data dalla linea costituita da tutti i punti equidistanti dalle coste. L'eventuale passaggio del criterio della linea mediana nella divisione in aree di sovranità comporterebbe stabilire settori nazionali così ripartiti: 30% per il Kazakistan, 20,6% per l'Azerbaijan, 19,2% per il Turkmenistan, 15,6% per la Russia e 14,6% per l'Iran.1
Il criterio della linea mediana non è una regola generale, ma è quello che è stato adottato negli accordi bilaterali fra gli stati costieri del nord. In assenza infatti di una convenzione, e con l’urgenza di ottimizzare lo sfruttamento del bacino, tre degli ex Sovietici hanno concordato soluzioni ad hoc non vincolanti per gli altri rivieraschi. Pratica peraltro condannata e osteggiata dall’Iran. Il primo accordo risale al 1998, fra Russia e Kazakhistan, ed è stato seguito nel 2002 da un accordo russo-azerbaijano e nel 2003 da uno kazako-azerbaijano. Tutti questi accordi non precludono l’adozione di una convenzione comune, e nascono in anni di grande tensione nel Caspio.
Nell’agosto del 1998 l’Azerbaijan aveva ufficialmente annunciato di aver l'intenzione di svolgere attività nel giacimento petrolifero Araz-Alov-Sharga (conosciuto in Iran come Alborz) in collaborazione con alcune compagnie straniere, dichiarazione che aveva causato le proteste dell’Iran, che riteneva di dover essere interpellato in caso di attività in quella parte del bacino. Il 23 luglio 2001 una nave di ricerca della British Petroleum che operava nel giacimento era stata costretta a sospendere le sue attività di esplorazione sotto la pressione delle navi militari e dell’aviazione iraniane.
Oggetto del contendere non sono solo questioni geostrategiche e sfruttamento degli idrocarburi. Si dibatte anche di pesce. Il Mar Caspio è abitato da 123 specie di pesci, di cui circa 30 sono di grande valore commerciale. Ogni anno vi vengono pescate 500-600mila tonnellate di pesce, fra cui specie marine quali aringhe, lucioperca, carpa, orate, pesce gatto, ma soprattutto lo storione, in cinque specie diverse, come il pregiato Beluga. Pesca di frodo e intensiva stanno minando un settore industriale che non conosce crisi di domanda. La mancata implementazione di azioni di tutela concertate tra i cinque stati rivieraschi può mettere a rischio l’intero ecosistema.
1 Barbara Janusz-Pawletta, The Legal Satus of the Caspian Sea, Berlino,Springer, 2015.