Perché l'elezione a presidente Usa di Donald Trump potrebbe creare divisioni nei Balcani. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
L’America, come si sa, ha votato. E conosciamo come. Sappiamo anche che ha bellamente ignorato ciò che Milan Panić scrisse alcuni mesi fa su Usa Today circa il personaggio Trump. Panić è uno che se ne intende di una certa antropologia del potere. Nel 1992, in una Jugoslavia ormai ridotta alla “Serboslavia” ed affondata in guerre e povertà, divenne primo ministro scontrandosi – lui idealista di cultura wilsoniana – con le bellicose strategie di Milošević. Infatti durò ben poco ed alla fine dello stesso anno se ne dovette ritornare negli Stati Uniti, dove era da tempo emigrato divenendo imprenditore farmaceutico di successo. Ma ricordando la sua breve e tribolata esperienza balcanica del 1992, scrisse appunto che “Trump sta sfruttando le stesse forze maldicenti che hanno reso in passato la Jugoslavia una zona etnicamente divisa e in conflitto, forze di nuovo in ascesa in Europa".
Chi vivrà vedrà, si potrebbe dire. Perché gli Stati Uniti (ed il mondo) ora navigheranno politicamente in unchartered waters, in acque sconosciute e rischiose. Quel che è vero è che fin da subito l’elezione di Trump non solo ha diviso l’elettorato americano come non mai, ma ha anche rivelato profonde ed insospettate fratture culturali all’interno della stessa società americana, fratture che metteranno davvero alla prova, letteralmente, il suo ottimistico motto E pluribus unum (Da molti, uno soltanto).
Ma l’elezione di Trump ha diviso (come se ce ne fosse ancora bisogno …) anche i Balcani. Sia quelli della diaspora jugoslava e post jugoslava residenti (e votanti) negli Stati Uniti (alcuni numeri: un milione solo i serbi, concentrati a Chicago, quasi mezzo milione i croati, 122 mila i bosniaci) sia quelli che semplicemente continuano a vivere nella ex Jugoslavia. Generando da un lato simpatie e condivisioni, dall’altro diffidenza se non ostilità.
A parte il compiacimento sloveno per la (terza) moglie del neopresidente, ex modella di Sevnica (cittadina sulla Sava nella Slovenia orientale), i serbi, i macedoni ed i montenegrini sono quelli che più gioiscono del risultato elettorale. Per i serbi in particolare il nome Clinton non suscitava certo particolari simpatie, viste come sono andate le cose in Kosovo. Viceversa non solo Trump aveva criticato (in una contestata intervista al settimanale Nedeljnik) i bombardamenti americani del 1999, ma i suoi noti quattro cavalli di battaglia elettorali – lotta agli immigrati illegali, guerra al terrorismo, insofferenza per i musulmani e simpatie filo russe o filo Putin – hanno toccato corde sensibilissime soprattutto tra i serbi.
Non a caso il famigerato Vojislav Šešelj, che aveva definito Bill Clinton “criminale di guerra” e che aveva apertamente invitato i serbi d’America a votare Trump, si è ben complimentato definendo la vittoria di quest’ultimo “un evento storico”. Ma Seselj non è solo, dato che anche il deputato ultranazionalista croato Željko Glasnović (ex generale dell’HVO in Bosnia) si è associato al coro degli entusiasti pro Trump insieme al controverso sindaco di Zagabria Milan Bandić. Addirittura nella Repubblica serba di Bosnia l’entusiasmo è talmente lievitato da far sperare nella presenza di una delegazione di alto rango (magari con lo stesso presidente Milorad Dodik) alla cerimonia di insediamento alla Casa Bianca in gennaio.
Nel (prevedibile) gioco delle parti gli albanesi (del Kosovo e d’Albania) sono invece i più delusi della sconfitta della Clinton, tanto che il primo ministro albanese Edi Rama era arrivato recentemente a definire Trump “una vergogna per la nostra civiltà”. E delusi sono anche i musulmani bosniaci, che hanno definito “l’orribile retorica” di Trump un qualcosa di già sentito nei Balcani proprio quando Sarajevo era sotto assedio.
Certo, ora bisognerà vedere quanto alla nuova politica estera americana i Balcani interesseranno, soprattutto se – come sembra – la loro visione geopolitica correrà su tutt’altre aree del mondo. Ma un risultato è già stato prodotto: rinfrescare vecchie divisioni e vecchie insofferenze nella ex Jugoslavia. Insomma, balcanizzazione degli States e americanizzazione dei Balcani?