Milorad Dodik © Alexandros Michailidis/Shutterstock

Milorad Dodik © Alexandros Michailidis/Shutterstock

Lunedì 11 settembre il Tribunale della Bosnia Erzegovina ha confermato l’atto di accusa sollevato un mese fa dalla Procura della BiH contro Milorad Dodik, presidente della Republika Srpska (RS), e Miloš Lukić, direttore ad interim della Gazzetta Ufficiale della RS, accusati di non aver rispettato le decisioni dell’Alto rappresentante in BiH

13/09/2023 -  Arman Fazlić Sarajevo

L’avvio di un’azione penale contro Dodik e Lukić è legato a due atti legislativi, recentemente approvati dall’Assemblea popolare della RS, riguardanti l’Alto rappresentante e la Corte costituzionale della BiH.

La legge sulla non applicabilità delle decisioni della Corte costituzionale sul territorio della RS è stata adottata dopo che la Corte, nel corso di una seduta tenutasi lo scorso 19 giugno, ha deciso di modificare il proprio Regolamento [abrogando l’articolo che prevedeva l’obbligo di rinviare la seduta plenaria della Corte qualora non fossero presenti almeno tre giudici nominati dal parlamento della Federazione BiH e almeno un giudice nominato dal parlamento della RS, ndt].

Sempre a giugno l’Assemblea popolare della RS ha approvato anche alcune modifiche alla legge sulla Gazzetta Ufficiale della RS, cancellando l’obbligo di pubblicare nella Gazzetta le decisioni dell’Alto rappresentante in BiH.

Con un tweet pubblicato lo scorso 7 luglio Dodik ha reso noto di aver “firmato il decreto di promulgazione della Legge sulle modifiche alla Legge sulla pubblicazione delle leggi e degli altri atti normativi della Republika Srpska”. Lo stesso giorno Dodik ha promulgato anche la legge sulla non applicabilità delle decisioni della Corte costituzionale. Per pubblicare gli atti normativi in questione nella Gazzetta Ufficiale si è dovuto però aspettare due giorni, poiché nel frattempo Milka Devušić, direttrice della Gazzetta, ha rassegnato le dimissioni. Nel corso di una riunione telefonica convocata d’urgenza lo scorso 8 luglio, il governo della RS ha affidato incarico di direttore ad interim della Gazzetta a Miloš Lukić.

Le controverse leggi sono state promulgate nonostante la contrarietà dell’Alto rappresentante in BiH Christian Schmidt. Lo scorso 1 luglio Schmidt ha infatti annullato le due leggi approvate dal parlamento della RS, introducendo anche alcune modifiche al Codice penale della BiH, in vigore dal 2 luglio, con cui la mancata attuazione delle decisioni dell’Alto rappresentante è diventata reato.

Con gli emendamenti voluti da Schmidt nel Codice penale è stato introdotto un nuovo articolo che prevede che chiunque ricopra un incarico pubblico a qualsiasi livello di governo in BiH e si rifiuti di implementare o attuare le decisioni dell’Alto rappresentante, o cerchi di impedire l’attuazione di tali decisioni, venga punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Inoltre, è stato modificato l’articolo riguardante il mancato rispetto, da parte dei dipendenti pubblici, delle decisioni dei più alti organismi giudiziari (la Corte costituzionale della BiH, il Tribunale della BiH, l’ex Camera per i diritti umani della BiH, la Corte europea dei diritti dell’uomo) che viene punito con sanzioni analoghe a quelle previste per l’inosservanza delle decisioni dell’Alto rappresentante, compresi il divieto di ricoprire cariche pubbliche e la reclusione da sei mesi a cinque anni.

La cronologia di un’accusa

Dopo la pubblicazione dei decreti di promulgazione delle due leggi di cui sopra nella Gazzetta Ufficiale della RS, l’Ufficio del pubblico ministero della Bosnia Erzegovina ha creato un team composto da tre procuratori con il compito di indagare sulla vicenda. Una volta concluse le indagini, lo scorso 11 agosto la procura ha sollevato l’atto di accusa contro Dodik e Lukić presso il Tribunale della BiH che doveva pronunciarsi sull’ammissibilità dell’accusa entro 15 giorni dall’accoglimento dell’istanza.

Prima della scadenza di questo termine la giudice Jasmina Ćosić Dedović ha rinviato alla procura l’atto di accusa per una modifica, poi la procura ha presentato un nuovo atto di accusa lo scorso 24 agosto.

Tuttavia, prima ancora che la procura inviasse al Tribunale della BiH il secondo atto di accusa, Dodik ha chiesto di rimuovere dal caso la giudice Ćosić Dedović, motivando tale richiesta con il presunto timore di ritorsioni, poiché qualche anno fa, da membro della Presidenza tripartita della BiH, Dodik si era opposto alla nomina di Jasmina Ćosić Dedović come giudice del Tribunale penale internazionale all’Aja.

L’opinione pubblica ha interpretato la richiesta di Dodik come un tentativo di guadagnare tempo perché, stando alla normativa vigente, il Tribunale della BiH è obbligato a sospendere tutte le attività legate ad un procedimento penale ogniqualvolta sia chiamato ad esprimersi su una richiesta di rimozione di uno dei giudici coinvolti nel procedimento in questione. Il Consiglio generale del Tribunale non è riuscito a deliberare sulla richiesta di Dodik per tutto il mese di agosto per mancanza di quorum dato che alcuni giudici erano in ferie e altri in malattia. Il Consiglio si è finalmente riunito in seduta lo scorso 5 settembre, respingendo la richiesta di rimuovere la giudice Jasmina Ćosić Dedović.

Un altro aspetto problematico riguarda la nomina del procuratore capo nel processo contro Dodik e Lukić. Secondo quanto riportato dai media, si tratta di Nedim Ćosić che lavora presso la procura della BiH da maggio di quest’anno. Dodici anni fa Ćosić si era trovato al centro di uno scandalo ottenendo un incarico presso il tribunale di Sarajevo senza aver superato l’esame di stato. Una vicenda di cui si è occupato in modo approfondito il Centro per il giornalismo investigativo della BiH . Nel 2013 Ćosić è stato nominato giudice del tribunale di Sarajevo, dove è rimasto fino ad aprile di quest’anno quando è stato eletto procuratore presso la Procura della BiH.

Il Tribunale della BiH lo scorso 21 agosto ha rinviato alla Procura l’atto di accusa contro Dodik e Lukić, avendo riscontrato alcune lacune che sembra possibile ricondurre ad un errore da dilettanti: stando a quanto riferito dai media, il procuratore capo non avrebbe precisato il reato di cui sono accusati i due imputati.

Qualche giorno prima, lo scorso 15 agosto, Dodik ha sporto denuncia contro il procuratore Nedim Ćosić presso l’Ufficio del pubblico ministero di Banja Luka, mettendo in dubbio la legittimità dell’atto di accusa sollevato contro di lui e Lukić. Dodik sostiene che lo scopo dell’azione penale avviata da Ćosić sia quello di danneggiare l’istituzione del presidente della Republika Srpska e il direttore della Gazzetta Ufficiale della RS.

Reazioni e proteste

L’ambasciata degli Stati Uniti a Sarajevo ha accolto con favore la decisione della Procura della BiH di sollevare un atto di accusa contro Dodik e Lukić, vedendovi un’importante azione e un segnale che dimostra che nessuno è al di sopra della legge.

Anche le reazione dei sostenitori di Dodik non si sono fatte attendere. Il gabinetto del presidente della Republika Srpska ha definito l’avvio dell’azione penale contro Dodik come un tentativo di cancellare le istituzioni della RS democraticamente elette, portato avanti dalle autorità di Sarajevo, con il sostegno dell’ambasciata statunitense in BiH, nello specifico dell’ambasciatore Michael Murphy.

“Lo scopo dell’accusa sollevata contro il presidente della RS per aver adempiuto ai suoi doveri costituzionali firmando il decreto di promulgazione di una legge approvata dall’Assemblea popolare della RS è quello di sopprimere non solo il presidente della RS, ma anche l’Assemblea popolare della RS, come il più alto organismo del potere legislativo della RS, nonché la stessa Costituzione della RS, a cui il presidente della RS ha esplicitamente fatto appello”, si legge in un comunicato stampa diffuso dal gabinetto di Dodik.

Dalla parte di Dodik si sono schierati anche i suoi compagni di partito e partner di coalizione, avanzando argomentazioni, ormai ben note, secondo cui si tratterebbe di un processo politico, e accusando Christian Schmidt di essere un rappresentante illegittimo e illegale della comunità internazionale poiché il suo mandato “non è stato confermato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu”.

Anche l’ambasciata russa a Sarajevo ha espresso il suo sostegno a Dodik, affermando che “in assenza di un’adeguata decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, il cittadino tedesco Christian Schmidt non può essere considerato l’alto rappresentante in BiH. Pertanto, le sue decisioni sono illegittime”.

Nel frattempo, lo scorso 1 settembre a Istočno Sarajevo, Lopare, Doboj e Nevesinje – città situate lungo il confine amministrativo tra le due entità che compongono la Bosnia Erzegovina – è stata organizzata una manifestazione di protesta a sostegno di Dodik e Lukić. Pur essendo state definite da molti una grande sfida securitaria, le proteste si sono svolte senza incidenti e non hanno visto una grande partecipazione, come invece annunciato da Dodik e dai suoi sostenitori.

I manifestanti hanno sventolato striscioni con parole a sostegno di Dodik e del presidente russo Vladimir Putin, indossando magliette con lo stemma del gruppo Wagner e la scritta “Il confine c’è” [riferendosi al confine tra le due entità della BiH]. Alla protesta hanno preso parte anche molti funzionari dell’Unione dei socialdemocratici dipendenti (SNSD) guidata da Dodik. Nella città di Istočno Sarajevo sono state dispiegate ingenti forze di polizia per garantire la sicurezza di una manifestazione a cui alla fine hanno partecipato solo poche centinaia di persone. Anche la polizia del cantone di Sarajevo è stata dispiegata dall’altra parte del confine per motivi di sicurezza.

Đorđe Radanović, presidente del Comitato per la tutela dei diritti dei serbi della Federazione BiH e organizzatore della manifestazione, ha dichiarato che i cittadini non permetteranno mai che “i funzionari della Republika Srpska vengano maltrattati dal Tribunale e dalla Procura della BiH”. Commentando le proteste, Dodik ha affermato di essere “fiero” di tutte le persone che lo hanno sostenuto e di tutti i cittadini che, scendendo in strada a protestare, “hanno dimostrato di avere la forza e la volontà di difendere la Republika Srpska”.

In un primo momento è stato annunciato che la protesta si sarebbe svolta davanti alla sede del Tribunale e della Procura della BiH. Tuttavia, la richiesta di autorizzazione di organizzare la manifestazione in quel luogo è stata respinta dal ministero dell’Interno del cantone di Sarajevo per motivi di sicurezza.

Va inoltre sottolineato che attualmente la Procura della BiH, oltre a perseguire penalmente Dodik, è impegnata anche nell’esaminare una denuncia sporta da Dodik contro l’Alto rappresentante Christian Schmidt. Nella denuncia in questione si afferma che “Schmidt svolge l’incarico di Alto rappresentante in modo illegittimo poiché non è stato nominato dall’autorità competente” e che “si presenta falsamente come un funzionario, ossia come Alto rappresentante con l’intento di danneggiare gravemente la Republika Srpska”.

Inizialmente Dodik ha sporto denuncia contro Schmidt presso l’ufficio del pubblico ministero di Banja Luka. Quest’ultimo però ha inoltrato la denuncia alla procura del cantone di Sarajevo, che poi ha deciso di inviare il fascicolo alla procura generale della BiH.

Nonostante ad oggi la Procura non abbia pubblicato il contenuto dell'atto di accusa, i giuristi hanno commentato la sua importanza e le possibili implicazioni attingendo alle informazioni pubblicamente disponibili.

In un’intervista rilasciata al servizio pubblico, il giurista Vlado Adamović ha dichiarato che questo caso sicuramente si trasformerà in un processo penale insolito a causa delle dinamiche che lo hanno generato, considerando gli attori coinvolti e l’oggetto del contendere. Secondo il giurista, la legge con cui Schmidt ha escluso dalla vita politica chiunque non rispetti le sue decisioni riduce drasticamente la possibilità di un dialogo politico.

“Questo caso sicuramente avrà forti ripercussioni politiche, tali da determinare la sostanza del rapporto tra legalità e legittimità sul piano della sovranità interna. Quindi, finalmente saremo costretti a iniziare a chiarire le cose”, ha affermato Adamović, sottolineando quanto sia importante affidare il caso a giudici con grande esperienza. “Tre individui che emetteranno la sentenza in questo caso potrebbero risolvere molti problemi del nostro paese”.

Commentando l’atto di accusa sollevato contro Dodik, alcuni esperti hanno fatto notare che la procura, invece di accusare il presidente della RS per “l’attacco all’ordinamento costituzionale [della BiH]” – una formula pronunciata anche da Schmidt all’inizio di luglio – ha deciso di perseguirlo per “il mancato rispetto delle decisioni dell’Alto rappresentante”, un’accusa che, secondo gli esperti, risulta molto più difficile da provare.

Nonostante alcuni giuristi della RS sostengano che l’atto di accusa contro Dodik non sia valido poiché il presidente della RS gode di un’immunità penale, in pratica la situazione è ben diversa. Stando alla legge sull’immunità penale, i titolari di funzioni legislative non possono essere perseguiti per le azioni compiute nell’esercizio delle loro funzioni né nell’ambito dei processi penali né in quelli civili, mentre l’immunità di cui godono i titolari di cariche di governo riguarda solo i processi civili.

Milorad Dodik è stato sottoposto a sanzioni da parte degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, ma non anche dell’Unione europea. Pur avendo il Parlamento europeo chiesto a più riprese di introdurre sanzioni contro il presidente della Republika Srpska, l’UE non ha mai intrapreso tale passo per via della contrarietà di alcuni stati membri, come l’Ungheria, temendo che col tempo anche altri paesi possano cambiare posizione.

Intanto, all’inizio di agosto, l’ambasciata della Germania a Sarajevo ha fatto sapere che il governo tedesco ha deciso di sospendere quattro progetti infrastrutturali in Republika Srpska, per un valore complessivo di 105 milioni di euro, per via della “politica secessionista che continua ad essere perseguita dalla RS e da Dodik”.

Benché negli ultimi anni contro Dodik siano state sporte diverse denunce per tutta una serie di reati, quello confermato lunedì 11 settembre è il primo atto di accusa sollevato contro il leader dell’SNSD.