Come in Serbia anche in Bosnia Erzegovina i cittadini hanno protestato per l’aumento del prezzo del carburante, bloccando il traffico sulle principali strade del paese. Anche in BiH però le proteste non sono riuscite ad incidere sulla leadership al potere
Il barlume di speranza che le proteste contro l’aumento del prezzo della benzina organizzate in diverse città della Bosnia Erzegovina potessero scuotere le autorità, ed eventualmente risvegliare il senso di responsabilità dei politici in vista delle elezioni parlamentari previste per il prossimo ottobre, è svanito non appena i media hanno riportato la notizia che alcuni manifestanti mentre bloccavano il traffico si erano messi a ballare il kolo. Il kolo è una danza popolare diffusa in molti paesi dei Balcani che assomiglia più al su ballu tundu sardo (ballo tondo) che alla tarantella, e di solito si balla in occasione delle feste.
Così i bosniaco-erzegovesi, la cui ingenuità è proverbiale, ancora una volta si sono liberati delle loro preoccupazioni ballando ed hanno perso un’altra occasione per costringere la leadership politica a riflettere sulle proprie mosse, una leadership che ormai sembra divenuta inamovibile.
Clima di tensione
Due mesi fa, intervenendo davanti al Congresso americano, Kurt Bassuener, già consigliere dell’ex Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia Erzegovina Paddy Ashdown e membro del Democratisation Policy Council, aveva detto tutto quello che c’è da dire sulla Bosnia Erzegovina di oggi. “La criminalità organizzata fa parte del DNA di questo paese. Devo dire che l’élite politica bosniaco-erzegovese funge da punto di connessione tra politica, business, criminalità organizzata e media. Non mi riferisco qui a nessun gruppo etnico in particolare, vale per i politici di tutti e tre i gruppi etnici. Il loro obiettivo principale è di tenere per sé tutto quello che rubano e di rimanere al potere per poter continuare a rubare e sottrarsi ad ogni responsabilità, sia politica che giuridica. Il sistema che vige nel paese glielo permette. Per loro, nulla di quello che l’Ue potrebbe offrire al paese è meglio della situazione attuale. Perciò è comprensibile perché la metà degli elettori non vada più a votare, perché le elezioni non cambiano nulla”, ha dichiarato.
Per poi concludere: “Il principale punto di forza delle odierne élite politiche bosniaco-erzegovesi consiste nella capacità di creare un clima di paura e di comprare la pace sociale per poter continuare a disporre delle risorse finanziarie, che permettono loro di proseguire con i loro piani. L’unica salvezza per la Bosnia Erzegovina è che gli Stati Uniti e l’Ue pongano fine a questa tendenza”.
Parole chiare e concise. Ci sono voluti ventidue anni – tanti quanti ne sono passati dalla fine della guerra – affinché un analista statunitense dicesse quello che era chiaro già nei primi anni dopo la guerra: organizzazione tribale dei partiti, corruzione, clientelismo e diverse forme di associazione criminale hanno determinato lo sviluppo di un paese che sta crollando sotto il peso di un accordo di pace imposto. Quattro livelli di governo, un apparato statale assurdamente grande, partiti politici che si assicurano il consenso piazzando i loro sostenitori nelle istituzioni statali, mentre al contempo si battono per l’aumento della pressione fiscale sulle imprese private… Tutto questo ha avuto come conseguenza una profonda depressione sociale, alto tasso di disoccupazione e la fuga di molte persone dal paese, soprattutto dei giovani.
L’incapacità della comunità internazionale di assicurare che la magistratura rimanga indipendente dal potere politico ha portato all’attuale status quo. O meglio, alla creazione di un clima di paura in cui ogni minaccia alla pace, persino meramente retorica, e ogni tintinnio delle armi diventano un ostacolo alla costruzione di un futuro comune e alla promozione dei valori democratici.
Potere e denaro
Dal momento che il prezzo del petrolio sui mercati internazionali è stabile o in lieve calo, non vi è alcuna spiegazione ragionevole del perché le autorità bosniache abbiano recentemente deciso di aumentare i prezzi del carburante, fissando il prezzo di un litro di benzina a 1,20 euro, un prezzo vicino a quelli vigenti in Ungheria, Romania e Macedonia.
Dopo lo scoppio delle proteste in molte città della Bosnia Erzegovina contro l’ennesimo aumento del prezzo della benzina, il Partito dell’azione democratica (SDA), principale promotore della Legge sulle accise – che avrebbe dovuto rendere possibile la realizzazione di nuovi progetti infrastrutturali – , ha chiesto che i prezzi della benzina venissero ridotti. Ovviamente lo ha fatto sotto la pressione dell’opinione pubblica e dei propri avversari politici. Il Partito socialdemocratico (SDP) ha accusato l’SDA di aver fatto false promesse, sostenendo che le entrate derivanti dalle accise sui carburanti non saranno - come annunciato - destinate alla costruzione di strade.
Non è difficile supporre dove finiranno questi soldi.
Ecco un esempio emblematico del fatto che in Bosnia Erzegovina chi sta al potere ha le mani libere per fare qualsiasi cosa: nel 2008, quando il prezzo di un barile di petrolio era di 145,2 dollari, in Bosnia Erzegovina un litro di benzina costava 2,4 marchi convertibili (circa 1,2 euro). Oggi un barile di greggio costa 75 dollari, e in Bosnia il prezzo della benzina è pari a 2,3 marchi. È chiaro quindi che l’intera questione delle accise è solo un pretesto per derubare il popolo e prolungare l’agonia del paese alla quale, secondo Kurt Bassuener, gli Stati Uniti e l’Ue dovrebbero porre fine.
Ma sappiamo che questo non accadrà. Al contrario, la società bosniaco-erzegovese continuerà a sprofondare sempre più nell’abisso. Il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik ha definito i manifestanti come “hooligan”, dicendo che gli organi competenti sapranno come trattarli. Anche in Serbia, dove in questi giorni i cittadini hanno protestato contro l’aumento del prezzo della benzina, le autorità si sono comportate in modo simile, accusando l’opposizione di aver organizzato le proteste.
Così il prezzo della benzina è diventato un tema dell’agenda pre-elettorale. In un paese come la Bosnia Erzegovina, dove letteralmente tutto è manipolabile, il dibattito sulle accise e sul prezzo dei carburanti non è che un’altra goccia in un mare di menzogne e false promesse. Nel frattempo continuano a mancare strade decenti e, visto come stanno andando le cose, a breve non ci sarà più nessuno a percorrere quelle esistenti.
Le elezioni di ottobre dimostreranno, in modo inequivocabile, qual è lo stato reale delle cose.