© Kostenko Maxim/Shutterstock

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Il recente annuncio che fra tre anni i cittadini della Bosnia Erzegovina potranno effettuare chiamate verso altri paesi della regione senza costi di roaming fa ben sperare nel progressivo avvicinamento agli standard UE. Ma è un percorso da non dare assolutamente per scontato

12/03/2019 -  Ahmed Burić Sarajevo

L’annuncio che a partire dal 2021 i cittadini della Bosnia Erzegovina potranno effettuare chiamate verso altri paesi dei Balcani senza alcun costo aggiuntivo è una di quelle notizie che non si sa mai come prendere: con una certa dose di ottimismo oppure rassegnandosi al fatto che i cittadini bosniaco-erzegovesi vengono irrimediabilmente ingannati.

Qualche giorno fa il presidente della Presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina Milorad Dodik, che ultimamente sembra sempre più “collaborativo”, ha dichiarato che “per volere della Presidenza, la Bosnia Erzegovina firmerà un accordo regionale sul roaming, che ci permetterà di ridurre dell’80% i costi del roaming verso tutti i paesi della regione e che prevede che entro il 1 gennaio del 2021 anche i costi delle chiamate verso i paesi membri dell’Unione europea vengano ridotti dell’80%. Ciò significa che tra due anni in Bosnia Erzegovina e in altri paesi della regione il roaming verrà probabilmente abolito, come già avvenuto nei paesi membri dell’UE”.

In un’altra occasione, sempre nei giorni scorsi, Dodik ha dichiarato: “Non ho tempo da perdere. Se entro un anno al massimo non dovessi riuscire, insieme ad altri colleghi della Presidenza, a riportare la Bosnia Erzegovina, ormai diretta verso l’autodistruzione, sulla strada giusta, lascerò la Presidenza e tornerò a Banja Luka, anche se tutto dovesse crollare”.

La Bosnia Erzegovina è un paese strano, probabilmente il paese più strano d’Europa. Un paese dove, stando alle statistiche, la spesa media mensile delle famiglie ammonta a circa 1000 euro, mentre lo stipendio medio mensile è inferiore ai 500 euro.

Un paese che non smette mai di stupire: il prezzo del gas è superiore addirittura del 30% rispetto alla media europea, e fare la spesa a Sarajevo costa quanto, ad esempio, a Trieste o a Berlino. Anche le bollette telefoniche superano la media europea, ma non sono le autorità competenti né tanto meno gli operatori telefonici a decidere le tariffe bensì, a quanto pare, la Presidenza del paese.

Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che alcuni operatori via cavo e provider internet accettano esclusivamente pagamenti in contanti, e che queste somme di solito non vengono dichiarate al fisco, possiamo immaginare attraverso quali canali passa e dove finisce questo denaro: nelle tasche di chi tollera l’evasione fiscale o da qualche parte all’estero.

Ma finalmente le maschere sono cadute. Gli operatori telefonici sono una delle armi più potenti nelle mani dei partiti di governo. La scelta delle persone a cui affidare le posizioni chiave nel settore delle telecomunicazioni non viene effettuata secondo i criteri di competenza e professionalità, bensì secondo dettami prettamente politici, e non sembrano esistere strumenti in grado di proteggere i cittadini dai furti delle compagnie telefoniche.

Resta da vedere se l’accordo regionale sul roaming sarà effettivamente firmato, come annunciato, al secondo Summit digitale dei Balcani occidentali che si terrà a Belgrado il 4 e 5 aprile prossimi, ma ci si augura che ciò accada.

Perché la firma di questo accordo dimostrerebbe in modo inequivocabile la volontà di implementare l’agenda digitale europea e aprirebbe la strada ai negoziati sulla riduzione dei costi del roaming tra l’UE e i Balcani occidentali. E i cittadini “percepiranno molto presto i benefici derivanti dall’accordo”, almeno stando alle parole di Pranvera Kastrati, esperta del Consiglio regionale di cooperazione . “In parole povere, i cittadini dei Balcani occidentali telefoneranno di più, navigheranno su Internet di più, invieranno più messaggi, e pagheranno di meno”, ha dichiarato la Kastrati.

Proprio quando è sembrato che fossero state raggiunte le condizioni per la firma dell’accordo, è stato reso noto che l’accordo sarà firmato con riserva, senza però precisare che cosa questo potrebbe effettivamente implicare. Tuttavia, sapendo come funzionano le cose in Bosnia Erzegovina, non vi è dubbio che la riduzione dei costi del roaming sarà un processo lento. Perché i cittadini bosniaco-erzegovesi si sono ormai abituati al fatto che lo stato faccia pagare loro tutte quelle cose che nell’Unione europea sono gratuite o quasi.

La leadership al potere in Bosnia Erzegovina non deve preoccuparsi della possibilità che nel paese si verifichino disordini sociali o una rivolta organizzata, perché i cittadini continueranno a interpretare le vicende politiche in chiave identitaria, prestando più attenzione all’appartenenza etno-nazionale dei leader politici che alle loro azioni.

Per molti cittadini bosniaco-erzegovesi l’Europa resterà ancora per molto tempo una destinazione lontana. Della quale continueranno a parlare, a prescindere dal costo delle telefonate, con i loro amici e cugini che negli ultimi anni se ne sono andati in centinaia di migliaia dalla Bosnia Erzegovina, e che continuano ad andarsene.