Sarajevo, sede del parlamento della BiH © Andocs/Shutterstock

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“Prostituzione politica”, voltagabbana, passaggi da un partito all’altro ideologicamente opposti, coalizioni finalizzate al potere per il potere e persino cambi di nazionalità per scopi politici. Sono questi i principali malanni da cui è affetta la politica della Bosnia Erzegovina. Un’analisi

14/04/2023 -  Arman Fazlić Sarajevo

(Testo realizzato in collaborazione con Media Centar Sarajevo )

In Bosnia Erzegovina l’operato dei partiti e degli attori politici è sostanzialmente finalizzato all’ascesa al governo e al rafforzamento del potere. Nel tentativo di raggiungere questi obiettivi, le forze politiche tendono a tradire i propri principi e le promesse fatte. Quindi, spesso si assiste al passaggio dei politici da un partito all’altro, a intese tra rappresentanti degli schieramenti politici opposti, alla tendenza a tradire le promesse fatte durante la campagna elettorale e persino a cambiare la propria identità nazionale pur di poter assumere un incarico politico.

I partiti politici bosniaco-erzegovesi investono molto tempo ed energia nelle trattative post-elettorali riguardanti la formazione delle coalizioni e la spartizione delle poltrone. Da queste trattative in gran parte dipende il processo di conferimento degli incarichi dirigenziali nella pubblica amministrazione, incarichi che, secondo una ricerca condotta dall’ong Centri civilnih inicijativa, sono oltre 25mila.

Le trattative post-elettorali possono durare mesi, e il processo di nomina dei funzionari pubblici talvolta si protrae per l’intera durata della legislatura a causa di ostruzionismo e altri ostacoli. L’opinione pubblica bosniaco-erzegovese è ormai abituata a questa paralisi politica, particolarmente evidente durante il periodo immediatamente successivo alle elezioni quando i partiti politici, focalizzati sui negoziati sulla spartizione delle poltrone, mostrano scarso interesse per le questioni di interesse pubblico e per l’adozione delle leggi importanti per il percorso di adesione della Bosnia Erzegovina all’Unione europea.

Il processo di formazione degli organismi di potere si complica ulteriormente per via del complesso sistema politico della BiH che prevede vari livelli di potere e diverse procedure di elezione indiretta spesso interdipendenti tra loro (come ad esempio la procedura di elezione dei rappresentanti della Camera dei popoli della Federazione BiH che vengono nominati dai parlamenti cantonali, o l’elezione dei membri dell’Assemblea parlamentare della BiH).

È ormai consueto che i leader dei partiti politici, sia prima che dopo le tornate elettorali, parlino delle possibili coalizioni, manifestando o negando l’intenzione di stringere alleanze con determinati attori politici. Capita spesso che i leader politici annuncino in pompa magna la propria indisponibilità ad entrare in coalizione con alcuni partiti, per poi infrangere tale promessa. Nel tentativo di sottolineare la propria vicinanza ai nuovi partner di coalizione, i leader politici tendono a cambiare la propria retorica da un giorno all'altro , passando da insulti e accuse ad un linguaggio fatto di complimenti e parole di apprezzamento.

Secondo Vehid Šehić, fondatore del Forum dei cittadini di Tuzla e della coalizione per elezioni giuste e libere Pod lupom [Sotto la lente], in BiH le elezioni sono percepite come una questione di vita o di morte. “Invece di incentrare la propria campagna elettorale sulla presentazione del proprio programma ai cittadini e potenziali elettori, i partiti politici non fanno che screditare i loro oppositori, seminando la paura dell’altro e del diverso. Questa strategia continua a rivelarsi una scelta vincente per conquistare la fiducia degli elettori”, spiega Vehid Šehić aggiungendo: “Ciò che spinge le persone a occuparsi di politica non è il perseguimento di interessi collettivi, bensì di quelli personali, ed è per questo che i cittadini nutrono profonda sfiducia nei confronti dei partiti politici, che continuano a mettere i propri interessi al di sopra dell’interesse pubblico”.

Negli ultimi anni in BiH è emerso il fenomeno delle cosiddette “coalizioni programmatiche”, chiamate così perché durante la formazione della coalizione i partner coinvolti tendono a definire un programma o almeno le linee guida di un’azione congiunta. A insistere particolarmente sull’utilizzo dell’aggettivo “programmatico” sono i leader politici che informano l’opinione pubblica dell’intesa raggiunta e cercano di convincere i cittadini che le future azioni della coalizione sono state tracciate all’interno di una cornice programmatica che dovrebbe garantire la stabilità e la coerenza dell’alleanza.

“Fino a quattro anni fa in BiH non c’erano coalizioni programmatiche. I programmi politici erano irrilevanti, contava solo la spartizione delle poltrone. La situazione è cambiata con il governo di Edin Forto nel cantone di Sarajevo. A livello delle Federazione BiH, come anche a livello statale, la spartizione delle poltrone è basata sul criterio etnico. Certo, sarebbe opportuno che anche a questi livelli venissero definiti chiari obiettivi programmatici, ma lo devono volere tutti gli attori coinvolti. Se anche uno solo è contrario, [la definizione degli obiettivi comuni] diventa un’impresa impossibile, uno scenario a cui abbiamo assistito dopo le elezioni del 2022”, commenta Adnan Huskić, docente presso la Scuola di scienze e tecnologia di Sarajevo (SSST).

Alcuni esempi nella Federazione BiH

I partiti politici della FBiH si sono dimostrati particolarmente incoerenti per quanto riguarda la scelta dei partner per la formazione delle coalizioni post-elettorali. Sul piano politico, l’anno 2018 è stato segnato da negoziati per la formazione del governo della FBiH sulla base dei risultati delle elezioni tenutesi quell’anno. Il Partito socialdemocratico (SDP) e Naša stranka (NS) – che insieme al Fronte democratico (DF) avevano formato il cosiddetto blocco bosniaco-erzegovese – avevano deciso di non entrare in coalizione coi partiti etnonazionali. Predrag Kojović, l’ormai ex leader di Naša Stranka, aveva definito tale decisione “storica”, affermando che “a volte la storia viene scritta dicendo ‘no’”.

Col passare del tempo però suddetti partiti si sono dimostrati poco coerenti per quanto riguarda le loro decisioni riguardanti le coalizioni post-elettorali. Il blocco bosniaco-erzegovese si è infatti sciolto a seguito della decisione del DF di avviare le trattative sulla formazione del governo centrale con i partiti etnonazionali. È curioso notare come la posizione del DF sulla possibilità di entrare in coalizione con il Partito di azione democratica (SDA), uno dei principali partiti etnonazionali, sia cambiato da un no deciso nel 2017 e nel 2018 ad un no ambiguo febbraio 2019 , per poi trasformarsi in un sì nell'aprile 2019 con la firma di un accordo con l’SDA sulla formazione della maggioranza parlamentare. L’SDP e il NS hanno rifiutato di entrare a far parte di questa coalizione, mantenendo così un atteggiamento coerente.

Alla fine però anche l’SDP e il NS, durante le trattative post-elettorali del 2022, hanno deciso di coalizzarsi con i partiti etnonazionali e di centro destra all’interno della cosiddetta osmorka [un’ampia coalizione composta da otto partiti creata dopo le elezioni dell’ottobre 2022], ma anche a livello della FBiH e a livello statale. Nell’estate 2022 il NS ha emesso un comunicato stampa con cui invitava l’Unione europea e gli Stati Uniti a “eliminare Milorad Dodik dalla scena politica”. Poi quasi un mese dopo le elezioni dell’ottobre 2022 i rappresentanti del NS hanno ribadito di non voler entrare a far parte di un governo centrale che comprendesse anche l’HDZ e l’SNSD. Eppure, oggi il NS, come parte della osmorka, governa insieme all’SNSD (a livello statale) e all’HDZ (sia a livello statale sia a quello della FBiH).

Il settimo peccato sociale secondo Gandhi, ossia la politica senza principi, è un fenomeno molto diffuso in Bosnia Erzegovina. “Qui nessuno rispetta determinati principi, forse perché si è consapevoli del fatto che un partito fedele ai propri principi difficilmente raggiungerà un successo politico. Eppure, il rispetto di certi principi e scelte ideologiche potrebbe garantire ai partiti la fiducia dei cittadini a lungo termine”, spiega Vehid Šehić. Stando alle sue parole, i partiti incoerenti difficilmente potranno contribuire allo sviluppo della società democratica, soprattutto considerando la loro riluttanza a basare le proprie azioni sui principi democratici.

Šehić poi sottolinea che il processo di formazione delle coalizioni a livello locale non coincide necessariamente con quello a livello statale e delle entità, perché a livello locale “ogni coalizione è possibile”. Questo vale anche per la Republika Srpska dove nei consigli comunali la maggioranza è spesso composta da partiti appartenenti a schieramenti avversari a livello statale. Lo dimostra il caso del consiglio comunale di Bratunac e quello di Kostajnica , ma anche quello dell’assemblea parlamentare del distretto di Brčko dove tra i banchi della maggioranza, guidata dall’SNSD, siedono anche i rappresentanti del Partito del progresso democratico (PDP), il principale oppositore dell’SNSD a livello della Republika Srpska.

I voltagabbana

Da tempo ormai in Bosnia Erzegovina si assiste al fenomeno dei cosiddetti voltagabbana, chiamati anche papci [termine dispregiativo per indicare vigliacchi o cafoni, ndt], cioè i politici o gruppi di politici che passano da un partito all’altro. Questo trasformismo spesso porta ad un cambio dei rapporti di forza all’interno delle assemblee parlamentari, influenzando anche la formazione degli organismi di potere a livello statale. I passaggi da un partito all’altro spesso avvengono subito dopo le elezioni, e in questi casi i voltagabbana fungono da ago della bilancia, incidendo in modo decisivo sulla formazione della nuova maggioranza. Lo dimostra il caso del parlamento del cantone di Tuzla, dove dopo le elezioni del 2022 due deputati hanno deciso di abbandonare il Movimento di azione democratica (PDA) per diventare deputati indipendenti, garantendo così l’appoggio necessario per la formazione della nuova maggioranza. Oltre al livello locale dove gli esempi di questo tipo sono numerosi, il fenomeno dei voltagabbana è diffuso anche a livello statale, come testimonia il caso di un membro della Camera dei rappresentanti dell’Assemblea parlamentare della BiH che dopo le elezioni del 2022 ha deciso di cambiare partito. Lo confermano anche alcune intercettazioni da cui è emerso che dopo le elezioni del 2014 alcuni deputati dell’Assemblea popolare della Republika Srpska avevano accettato tangenti in cambio dell’appoggio al nuovo governo della RS. Altri esempi simili sono stati registrati sia in Republika Srpska sia nella Federazione BiH .

Particolarmente curiosi sono quegli episodi in cui un politico passa ad un partito collocato sul lato opposto dello spettro politico rispetto al suo partito di provenienza. Fra questi di possono annoverare alcuni passaggi dall’SDA – partito che a volte si posiziona come una forza popolare centrista, altre volte invece si autodefinisce come partito di centro destra – al DF che, secondo lo statuto del partito, appartiene alla tradizione socialdemocratica, collocandosi quindi a sinistra dello spettro politico bosniaco-erzegovese. Alla vigilia delle elezioni amministrative del 2020, Zijad Ražanica, presidente del DF di Brčko, è passato al movimento Popolo e Giustizia (NP), una forza di centro destra. Un altro esempio è quello di Damir Arnaut, membro dell’Assemblea parlamentare della BiH che durante la scorsa legislatura ha abbandonato un partito centrista, l’Alleanza per un futuro migliore della BiH (SBB BiH) per unirsi a Naša Stranka, un partito liberal socialista.

Il professor Huskić spiega che in Bosnia Erzegovina “la prostituzione politica” è considerata un fenomeno del tutto normale. Tale percezione è in gran parte determinata dal fatto che i partiti politici sono ormai svuotati da qualsiasi significato. Tuttavia, il fattore che, secondo Huskić, contribuisce in maniera decisiva alla diffusione del trasformismo politico è la compravendita dei seggi.

“Gli eletti possono rinunciare al proprio seggio in cambio di grosse somme di denaro, e spesso lo fanno. I partiti che governano ormai da tempo percepiscono la propria permanenza al potere come una questione esistenziale per eccellenza, quindi sono disposti a spendere ingenti somme di denaro per corrompere diverse persone. In fin dei conti, ai voltagabbana, purtroppo, non importa cosa dicono di loro o come li vedono gli altri, perché il denaro o i privilegi che ottengono sono una ricompensa più che sufficiente”, afferma Adnan Huskić.

“Da noi la politica è un mestiere molto redditizio. Esiste un vero e proprio mercato politico dove le persone che hanno ottenuto la fiducia di un partito dopo le elezioni passano ad un altro partito. Così viene tradito e violato quel principio europeo per cui ogni mandato politico è determinato dalla legislazione elettorale”, spiega Vehid Šehić, aggiungendo che il fenomeno dei voltagabbana è presente in tutto il mondo, compresi i paesi della regione ex jugoslava (i cosiddetti žetončići in Croazia e i preletači in Serbia e in Montenegro), ma in Bosnia Erzegovina è di gran lunga più diffuso rispetto ai paesi vicini.

La maggior parte dei passaggi da un partito politico all’altro è effettuata da politici eletti direttamente dai cittadini. Quindi, passando ad un altro partito, questi politici tradiscono la volontà popolare espressa alle elezioni. Ecco perché i cittadini ormai non si aspettano più che le persone a cui hanno dato il proprio voto dopo le elezioni rimangano fedeli alle idee promosse durante la campagna elettorale.

“Il problema è che molti partiti hanno perso la matrice ideologica del proprio operato, tanto da rendere difficile qualsiasi distinzione tra partiti civici e di sinistra da un lato e quelli etnonazionali dall’altro. Quando non c’è alcuna ideologia, come elemento distintivo dell’operato politico dei gruppi di cittadini riuniti in organizzazioni politiche, tali gruppi si trasformano in gruppi di interesse”, spiega Vehid Šehić. Stando alle sue parole, in BiH nessuno è disposto ad assumersi la propria responsabilità per il fallimento di certe politiche e nessuno viene sanzionato per i comportamenti incoerenti e contrari ai principi etici, fatto che contribuisce al diffondersi del trasformismo politico.

Anche secondo il professor Huskić, le classiche differenze ideologiche sono ormai quasi scomparse. Non è però un fenomeno circoscritto alla Bosnia Erzegovina, simili processi si sono verificati anche in altri paesi dopo la guerra fredda. “In BiH esistono almeno due dimensioni politiche: la dimensione individuale-collettivo (i partiti politici promuovono e si battono per i diritti individuali o collettivi?) e la dimensione accentramento-decentramento. Questa seconda dimensione si sta radicalizzando, soprattutto per quanto riguarda il decentramento”, spiega Huskić.

Il cambio di nazionalità

In BiH è ormai consueto che i politici cambino la propria identità etnonazionale fra una tornata elettorale e l’altra in modo da poter assumere determinati incarichi, soddisfacendo così i propri interessi personali. L’appartenenza etnonazionale riveste grande importanza per la partecipazione alla vita politica della BiH.

Ad oggi sono stati registrati numerosi casi di cambi di nazionalità per scopi politici, come quello di un esponente dell’HDZ che dopo le elezioni del 2014, a cui partecipò da candidato croato, fu nominato ministro della Salute del cantone dell’Erzegovina Neretva, per poi presentare la propria candidatura alle elezioni del 2018 dichiarandosi serbo. Anche molti giovani politici sono disposti a cambiare la propria identità etnonazionale pur di trarre qualche vantaggio politico. Lo dimostra il caso della leader dell’organizzazione giovanile dell’SDS che nel 2018 si dichiarò bosgnacca per potere ottenere il seggio nell’Assemblea popolare della Republika Srpska. La sua candidatura fu respinta perché candidandosi alle elezioni amministrative del 2016 si era dichiarata serba, e i candidati alle elezioni, come ha precisato la Commissione elettorale della BiH (CIK) non possono semplicemente cambiare la propria identità etnonazionale nel corso di una legislatura.

Secondo Vehid Šehić, la principale caratteristica della vita politica della BiH è l’ipocrisia. I politici tendono a fare molte promesse, ma in pochi rimangono fedeli ai propri principi e regole morali. “Così siano giunti alla situazione in cui i politici tendono a cambiare la propria indentità etnonazionale per ottenere un seggio alla Camera dei popoli, oppure una poltrona nel governo o in una delle istituzioni statali in cui devono essere rappresentati tutti i popoli [costituenti] della BiH. Questa tendenza ebbe inizio nel 2002 quando, da componente della CIK, mi opposi al conferimento dell’incarico di membro del Consiglio della RS ad un candidato che aveva cambiato la propria identità etnonazionale, ma fui messo in minoranza”, ricorda Šehić.

Da allora, come spiega Šehić, più volte è stata avanzata la proposta di inserire nella Costituzione e nella legge elettorale della BiH un articolo che vieti il cambio di nazionalità per il periodo di tre legislature consecutive. Una proposta che ad oggi non è mai stata seriamente presa in considerazione, nonostante molti paesi caratterizzati dalla presenza delle comunità multietniche abbiano adottato soluzioni simili. Uno dei fattori che facilitano l’abuso del concetto di identità etnonzionale per scopi politici è proprio la riluttanza della leadership bosniaco-erzegovese a modificare la normativa in materia, lasciando così un’ampia zona grigia fatta di lacune legislative.

L’alfabetizzazione mediatica e politica

Vuk Vučetić, dottore di ricerca in scienze della comunicazione, ritiene che il possesso delle capacità necessarie per orientarsi nella cacofonia dei contenuti politici, compresi quelli riguardanti la formazione delle coalizione, sia una precondizione necessaria per un’informazione di qualità e per un’adeguata comprensione della complessa realtà politica prima e dopo le elezioni.

“L’opinione pubblica è informata o può essere informata nella misura in cui i media si dimostrano professionali e responsabili nel riportare le notizie riguardanti le attività politiche. Mi pare che ci sia una sufficiente varietà di contenuti relativi alle vicende politiche in BiH, anzi, a volte i contenuti sembrano troppi. Considerando che in BiH esiste una moltitudine di media elettronici e online, possiamo constatare che l’opinione pubblica bosniaco-erzegovese quotidianamente viene sommersa da un’enorme quantità di vari contenuti, informazioni politiche, speculazioni, pettegolezzi, insinuazioni, annunci sensazionalistici (clickbait), ma anche da litigi politici, accuse e insulti che intossicano lo spazio pubblico (online). Se a tutto questo aggiungiamo anche l’attività aggressiva dei bot politici, che non sono altro che ‘un pubblico professionale’, pagato per intossicare lo spazio online, la situazione diventa quasi insopportabile in termini di quantità dei contenuti”, spiega Vuk Vučetić.

Il modo in cui i media parlano delle coalizioni politiche è sostanzialmente uguale al modo in cui riportano le notizie riguardanti altri temi politici: quindi, un’informazione caratterizzata da un forte sensazionalismo e dalla banalizzazione della politica.

“Sembra che i media percepiscano la politica come una delle tante merci che devono essere imballate e vendute al meglio”, commenta Vučetić, aggiungendo che il compito di contestualizzare la realtà politica di solito viene affidato ai cosiddetti fast thinker, ossia agli esperti scelti ad hoc che non di rado servono gli interessi di determinate opzioni politiche. In altre parole, tutti i grandi media hanno i propri “patroni politici”, motivo per cui le trasmissioni e i servizi giornalistici dedicati agli argomenti politici spesso sono di parte. Certo, ci sono sempre delle eccezioni, i media e i giornalisti che cercano di svolgere il loro lavoro in modo professionale e responsabile, ma faticano a far sentire la propria voce.

A dire il vero, alcuni media, piattaforme online e individui attivi sulla scena mediatica della BiH continuano a impegnarsi nell’analizzare e mettere in luce diverse incongruenze che caratterizzano le dinamiche politiche nel paese. Tuttavia, le trasmissioni e gli articoli dedicati ad analisi politiche serie e approfondite attirano solo l’attenzione di una ristretta cerchia di esperti, anche perché l’opinione pubblica bosniaco-erzegovese, come ricorda Vuk Vučetić, non dispone di un adeguato livello di alfabetizzazione mediatica e politica, motivo per cui molto spesso diventa un facile bersaglio di manipolazioni.