La Corte internazionale di giustizia dell’Aja (CIG) ha respinto la richiesta della Bosnia Erzegovina di revisione della sentenza del 2007 nel caso Bosnia Erzegovina contro Serbia. Le reazioni
Il 9 marzo scorso ha avuto il suo epilogo l’ennesima crisi politica in Bosnia Erzegovina (BiH), provocata dalla richiesta di revisione della sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja nel procedimento riguardante l’accusa di genocidio da parte della BiH contro la Serbia.
La Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha informato la Presidenza della BiH di aver respinto la richiesta di revisione della sentenza, consegnata il 23 febbraio su iniziativa del membro bosgnacco della Presidenza della BiH, Bakir Izetbegović, ma priva del sostegno degli altri due membri (serbo e croato) della presidenza della BiH.
Bakir Izetbegović, prima della consegna della richiesta di revisione della sentenza aveva dichiarato che erano emerse nuove prove, ma aveva anche ammesso di essere consapevole che la decisione di voler riaprire il caso avrebbe provocato una crisi politica nel paese.
La consegna della richiesta di revisione della sentenza ha suscitato in effetti forti reazioni in Serbia e in Republika Srpska, e i politici in Republika Srpska hanno minacciato il blocco delle istituzioni a livello statale. La Corte dell’Aja alla fine ha chiesto a tutti e tre i membri della Presidenza della BiH di esprimersi sulla richiesta di revisione della sentenza.
Nella lettera della Corte internazionale di giustizia dell’Aja, datata 9 marzo, viene specificato che la Corte, dopo aver sentito il parere dei membri della presidenza della BiH, ritiene che la decisione riguardante la richiesta di revisione della sentenza del 26 febbraio 2007, relativa all’applicazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio (BiH vs Serbia) non sia stata adottata dagli organi competenti, cioè a nome della Bosnia Erzegovina come stato. “Per questo motivo, non si può fare nulla riguardo ai documenti intitolati ‘richiesta di revisione della sentenza del 26 febbraio 2007, relativa all’applicazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio (BiH vs Serbia)’”, si legge nella lettera.
La decisione della Corte internazionale ha suscitato numerose reazioni in BiH. Mladen Ivanić, presidente della Presidenza BiH, il ministro degli Affari esteri Igor Crnadak e Bakir Izetbegović hanno fissato subito delle rispettive conferenze stampa straordinarie.
“Considero questa decisione anche come una sorta di successo personale nella mia carriera politica. Si può vincere, quando si hanno posizioni concrete e delle prove. Non penso di aver offeso le vittime, e non le ho menzionate. Le vittime ci sono da tutte le parti, e io le rispetto tutte”, ha dichiarato Mladen Ivanić alla stampa il 9 marzo.
Secondo il membro della Presidenza della Bosnia Erzegovina Bakir Izetbegović la Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha invece preso una decisione politica e non una decisione giuridica: “La Corte internazionale di giustizia ha deciso di chiudere le porte alla giustizia, e di chiudere gli occhi davanti a ciò che è chiaro. Noi abbiamo fatto di tutto per ottenere giustizia, per scoprire la verità e per avviare la revisione della sentenza. Faremo di tutto per non far prevalere l’ingiustizia e la menzogna. Mi aspettavo la verità, che il Tribunale dicesse la verità e che costruisse su tale verità dei rapporti più sani, che non mettesse le parti sullo stesso piano e che non offendesse la dignità delle vittime”.
Anche Francis Boyle, docente di diritto internazionale all’Università dell’Illinois ed ex legale per la Bosnia Erzegovina davanti al Tribunale internazionale dell’Aja, ha commentato la decisione: “La BiH aveva tutto il diritto di richiedere la revisione, e ciò che ha fatto il tribunale non è che la cancellazione dello stato e del suo diritto. E’ terribile. Si tratta di un sabotaggio politico della Corte, ed è esattamente quello che ci hanno fatto nel 2007. È una lunga storia e dovete capire che tutti i giudici sono sotto la diretta o indiretta influenza dei rispettivi governi”.
Background
Dieci anni fa la Corte internazionale dell’Aja ha emesso una sentenza secondo la quale la Serbia non è direttamente responsabile per il genocidio di Srebrenica, commesso dalle forze militari della Republika Srpska, ma ha la responsabilità di non aver impedito che il genocidio accadesse. La Corte ha stabilito che la Serbia ha violato la Convenzione sul genocidio dal momento che non ha fatto tutto quello che era in suo potere per impedire il delitto di genocidio, e non ha punito e nemmeno consegnato gli esecutori al Tribunale dell’Aja.
Recentemente Izetbegović ha affermato che esistevano nuove prove per poter avviare la revisione di questa sentenza e che le prove chiave sarebbero emerse durante il processo all'Aja a Ratko Mladić, ex comandante dell’Esercito della Republika Srpska. Secondo Izetbegović, questo processo ha dimostrato che “qualche migliaio di ufficiali dell’Esercito jugoslavo hanno partecipato al genocidio in BiH e che il regime di Slobodan Milošević aveva organizzato la logistica che stava dietro al genocidio”.
I membri del team legale della BiH, Sakib Softić, David Scheffer e Phon van den Biesen hanno consegnato il 23 febbraio la richiesta di revisione della sentenza. La richiesta ha suscitato le immediate e dure reazioni dei politici serbi in BiH e in Serbia. Il premier della Serbia Aleksandar Vučić ha organizzato subito un incontro a Belgrado con il presidente della Serbia Tomislav Nikolić, il presidente della Presidenza della Bosnia Erzegovina Mladen Ivanić e il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik. Vučić ha affermato che a causa della richiesta di revisione della sentenza i rapporti della Serbia con la Bosnia Erzegovina sono ritornati indietro di due decenni: “Noi rispetteremo sempre l’integrità della Bosnia Erzegovina, come anche l’integrità della Republika Srpska, ma non possiamo permettere l’umiliazione della Serbia e non permetteremo a nessuno di umiliare la Serbia”.
Il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik ha dichiarato che l’iniziativa sulla revisione della sentenza esprime l’odio dei bosgnacchi di Sarajevo verso i serbi. A Sarajevo si è riunito anche il Consiglio per l’implementazione della pace in BiH (PIC) su iniziativa dell’ambasciatore russo, per poter parlare della situazione politica in Bosnia Erzegovina. Il PIC ha espresso preoccupazione per le possibili conseguenze che questa questione potrebbe avere sul funzionamento della Presidenza, del Parlamento e del Consiglio dei ministri BiH, e ha invitato al miglioramento del clima politico nel paese.
Vittime deluse
Nell’ultimo mese, da quanto dura la crisi politica relativa alla revisione della sentenza, si è data poca attenzione alle vittime del genocidio. La presidentessa dell’Associazione “Madri di Srebrenica” Hatidža Mehmedović ha detto che le vittime speravano nella giustizia ma che questa non c’è stata: “Sappiamo che la comunità internazionale è complice in tutto quel che è accaduto, dall’aggressione al genocidio di Srebrenica. Ha chinato la testa davanti alla verità e oggi è stata bocciata in questo esame. Speravamo nella giustizia ma non c’è”.
L‘ex sindaco del comune di Srebrenica, Ćamil Duraković ha dichiarato che la decisione del Corte internazionale di giustizia è un colpo duro e amaro contro le vittime. La presidentessa della Fondazione Giustizia per la BiH, Fadila Memišević ha precisato che questa decisione è stata una delusione per le vittime, ma anche per lo stato della BiH, che è la vittima più grande dello sfacelo della Jugoslavia: “100.000 morti, oltre 50.000 feriti, città distrutte, villaggi bruciati, fosse comuni, madri che cercano ancora i propri cari per seppellire almeno un osso. Questa è una delusione terribile. Per compiere un genocidio sappiamo che devono esserci le risorse di uno stato e volevamo che venisse confermato che a compierlo è stato il regime di Slobodan Milošević”.