Mustafa ef. Ceric

Secondo il leader religioso dei musulmani bosniaci la politica di Belgrado si sarebbe immischiata nelle questioni della Comunità islamica del Sangiaccato. Quali sono i retroscena della vicenda?

25/10/2007 -  Zlatko Dizdarević Sarajevo

Da tempo la situazione tra i musulmani in Serbia, in particolare tra i bosgnacchi del Sangiaccato, non era così incandescente ed esplosiva come lo è stata nelle ultime settimane. Gli analisti politici della BiH rammentano che nella storia recente le divisioni tra i bosgnacchi sono state peggiori solo nel periodo dell'ultima guerra, nella Bosanska krajina. Questi conflitti avevano diviso sanguinosamente la maggior parte della popolazione locale tra i seguaci di Alija Izetbegovic e quelli di Fikret Abdic. La guerra è passata ma la ferita non si è ancora rimarginata.

Il recente conflitto nel Sangiaccato ha diviso profondamente i musulmani tra i seguaci del muftì del Sangiaccato Muamer Zukorlic, destituito con forza, e il nuovo reis della Comunità islamica della Serbia Adem Zilkic. Il nuovo reis per anni è stato "una figura nell'ombra", imam a Tutin.

Alla letterale destituzione del muftì Zukorlic si è giunti nell'antica e ben nota moschea di Sultan-Valid a Sjenica alla vigilia del Bajram. L'operazione è stata condotta con percosse e reciproci scontri fisici tra i fedeli, con abbondante aiuto della polizia locale. Le forze di sicurezza, evidentemente, sono intervenute su ordine di Belgrado e dalla parte del "nuovo" reis del Sangiaccato Adem Zilkic.

Lo scontro tra i musulmani del Sangiaccato era in corso già prima dell'intervento della polizia alla vigilia del Bajram. L'ultima fase di palese peggioramento è iniziata a partire dal cosiddetto Sabor (assemblea) unificato dei musulmani, tenutosi di recente a Novi Pazar, quando il muftì Zukorlic coi suoi numerosi seguaci ha collocato la Comunità islamica del Sangiaccato molto più vicino a Sarajevo che a Belgrado. A questo Sabor ha partecipato anche il reis-ul-ulema della Comunità islamica della BiH Mustafa ef. Ceric. Allora l'impressione generale era che i rapporti tra Sarajevo e il Sangiaccato fossero più forti dell'idea dei gruppetti dei leader del Sangiaccato che vedono il loro centro principale in Belgrado.

Tradotto in questioni politiche, la corrente del partito del Sangiaccato di Rasim Ljajic, vicino al presidente serbo Boris Tadic, ha sopraffatto la corrente del partito di Sulejman Ugljanin, presidente del Consiglio comunale di Novi Pazar e partner di coalizione di Kostunica e a suo tempo di Milosevic. Secondo l'opinione di molti, Ugljanin è l'uomo più potente della regione.

L'intera storia, ovviamente, non è così parziale. In essa si mischiano la politica tra Sarajevo e Belgrado, la politica all'interno dei vertici della Serbia tra il premier Kostunica e il presidente Tadic, l'annoso conflitto tra i potenti Ljajic e Ugljanin, l'enorme business, non proprio pulito, nella regione, l'agire differente degli ex e attuali servizi segreti e di contro-informazione, la guerra mediatica per le "anime" dei musulmani locali e per il diritto alla "forza spirituale dei bosgnacchi" locali... Le accuse e le controaccuse da tutte le parti sono molto pesanti e poco piacevoli.

Tra gli osservatori esterni non sono pochi quelli che oggi sono pronti a dire: "Se l'obiettivo del governo di Kostunica (senza il cui benestare non ci sarebbe stato il brutale intervento della polizia a Sjenica) era la divisione dei musulmani del Sangiaccato, allora lo ha raggiunto. Dal fronte del nuovo reis del Sangiaccato Zilkic, il quale ha istituito l'Alto Sabor della Comunità islamica della Serbia destituendo Zukorlic, è arrivata una valanga di accuse.

Secondo loro il muftì destituito era "assolutista e arrogante, ha tenuto tutti nella povertà, si è tenuto molti soldi degli aiuti inviati dai paesi islamici. Ha un parco di automobili costose e veloci, ecc". La maggior parte delle accuse si riferiscono alle supposte relazioni di Zukorlic con i potenti businessman del sottobosco criminale.

Le controaccuse della gente di Zukorlic sul conto di Zilkic sono di un carattere un po' diverso, ma non meno forti. Loro dicono che Zilkic era una "figura qualsiasi e un pupillo della politica di Belgrado, da Milosevic a Kostunica". Sulle sue supposte azioni "negli anni prima della guerra e sulle relazioni strette con il KOS (l'ex servizio militare jugoslavo di contro-informazione) si potrebbero scrivere libri..."

Tutto questo pesante dramma all'interno della Comunità islamica del Sangiaccato, però, tiene nell'ombra la punta dell'iceberg: si tratta della reazione della Comunità islamica della BiH e della lettera che a questo riguardo il reis Ceric ha inviato direttamente al presidente serbo Boris Tadic. La cosa assume una dimensione particolare quando si viene a sapere che questa lettera è partita per Belgrado attraverso l'Ambasciata della Serbia a Sarajevo. Ef. Ceric evidentemente aveva intenzione di portare l'intero caso ad un livello di relazioni fra i due stati, e di presentare se stesso come il rappresentante della BiH difronte alla Serbia. In questione è il problema per cui il "leader bosgnacco" scrive al "leader serbo". La lettera rientra nel contesto dell'"apertura del dialogo serbo-bosgnacco sulla base della comprensione e del riconoscimento reciproco".

È del tutto evidente come il reis Ceric, quindi un leader religioso, si identifichi come leader di tutti i bosgnacchi. Fra questi, però, non tutti sono credenti e di certo non ritengono il leader religioso dei musulmani in BiH sia il loro leader "negoziale" a livello internazionale. Ma si tratta anche di capire quanto tutti i credenti della BiH avrebbero voluto vederlo in questa veste politica.

Il reis-ul-ulema della Comunità islamica in BiH Mustafa ef. Ceric nella lettera al presidente Tadic si è concentrato su tre dimensioni. La prima riguarda l'avvertimento sull'"immischiarsi politico del potere della Serbia nelle questioni interne della Comunità islamica". Con questo il reis si richiama alla recente posizione espressa da Tadic sul fatto che ciò non debba accadere. La seconda dimensione riguarda il fatto stesso della nomina dell'imam di Tutin Zilkic come reis-ul-ulema. Il capo dei musulmani in BiH ritiene che la Serbia non abbia la base storica (mensura) né quella della legge religiosa musulmana (serijat) per l'istituzione del reis-ul-ulema. La terza dimensione porta l'attenzione sulle relazioni coi musulmani ma anche sugli ortodossi locali secondo i loro "centri spirituali". Egli dice che "i bosgnacchi in Serbia, in particolare nel Sangiaccato, non hanno l'obbligo, ma hanno il diritto alle relazioni spirituali con Sarajevo". Negare questo diritto, afferma ef Ceric, equivarrebbe a "istituire in BiH un'istituzione del patriarca serbo e negare il diritto dei serbi in BiH di comunicare con Belgrado per soddisfare i loro bisogni spirituali e intellettuali".

È evidente che il reis Ceric con la sua uscita ha difeso il destituito il muftì Zukorlic, così come quest'ultimo per anni nelle relazioni interne coi musulmani in Serbia ha subordinato Belgrado a Sarajevo. Per una tale prassi oggi lo attaccano apertamente dalle file di Zilkic affermando che "in occasione dell'elezione del reis di Sarajevo i voti che Zukorlic ha portato a Ceric hanno consentito a quest'ultimo di sconfiggere candidati più validi per quella carica".

Allo stesso tempo tutti gli osservatori della "guerra del Sangiaccato" riconoscono che nel primo giorno del Bajram, il nuovo reis Zilkic era l'ospitante della celebrazione del Bajram al parlamento serbo, tenutasi per la prima volta nella storia della Serbia! E in quell'occasione Zilkic ha detto che spera che "tutti collaborino per il bene di questo nostro stato comune". Poco dopo ha dichiarato ai giornalisti che "né Ankara né Sarajevo hanno il diritto di decidere a nome dei musulmani della Serbia!". Ma a pochi era chiaro cosa c'entrasse Ankara!

La storia, però, non è ancora finita. Fino a questo momento dal gabinetto di Tadic a Belgrado non è giunta la risposta al gabinetto di ef Ceric a Sarajevo.

In nome del cielo proseguono i giochi politici sulla terra.