Domenica 7 ottobre si terranno le elezioni amministrative in Bosnia Erzegovina. Nel Paese, che da mesi attraversa un difficile momento di crisi politica ed economica, i riflettori sono puntati su Srebrenica dove, per la prima volta, potranno votare solo gli attuali residenti e non quanti vi risiedevano prima della guerra
Il 27 gennaio 2012, la Commissione elettorale centrale della Bosnia Erzegovina (BiH) ha annunciato la decisione di non estendere alle prossime elezioni il regolamento speciale che, a Srebrenica, consentiva la partecipazione al voto a tutte le persone iscritte alle liste elettorali del 1991, anche se non più residenti in città. I profughi, in stragrande maggioranza di nazionalità bosgnacca, sono stati in questo modo esclusi dalle elezioni amministrative di domenica prossima, 7 ottobre. Il loro apporto era stato decisivo nel determinare la vittoria del candidato del Partito di Azione Democratica, SDA, alle elezioni del 2008.
Dopo l'annuncio di gennaio della Commissione elettorale è divenuto chiaro a tutti che il favorito diveniva un candidato del Partito Democratico Serbo, SDS, o del partito del presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik (SNSD), forze politiche che a più riprese hanno negato il genocidio del luglio 1995. E subito sono insorte le organizzazioni dei sopravvissuti che, da anni, si battono contro il negazionismo.
Nei mesi scorsi, le proteste per l’inerzia degli organismi internazionali e l’incapacità delle istituzioni centrali di trovare una soluzione duratura all’instabilità politica della municipalità di Srebrenica, sono state tanto numerose quanto inascoltate. L’episodio più eclatante è stata la contestazione dell’ambasciatore Usa Patrick Moon e delle delegazioni internazionali in occasione delle commemorazioni dell’11 luglio scorso a Potočari. Alla vigilia della 17ma commemorazione del massacro, il diplomatico statunitense aveva confermato la notizia della revoca del voto ai non residenti, secondo quanto disposto dalla Commissione elettorale centrale.
Di fronte alla chiusura da parte di organismi interni e internazionali coinvolti nel processo elettorale a ridiscutere la questione del voto dei profughi, diverse opzioni sono state prese in considerazione dai partiti e dalle organizzazioni che si definiscono “pro-bosgnacche”. Tra queste, in un primo momento, anche quella del boicottaggio di massa delle elezioni amministrative.
L'incongruenza dei numeri
L’aspetto cruciale è il numero dei votanti: a maggio Ćamil Duraković, in qualità di facente funzioni dell'attuale sindaco, spiegava ad Al Jazeera l’incongruenza fra il numero effettivo di residenti e il numero di votanti registrati dalla Commissione elettorale centrale dopo la decisione di escludere dal voto i profughi. Infatti, a fronte di una popolazione stimata dal comune di 7.500 abitanti, di cui 405 iscritti alle scuole primarie (quindi minori, non votanti), alla Commissione elettorale risultavano 12.260 persone residenti con diritto di voto. Oltre 5 mila persone, dunque, risultavano titolari di diritto di voto secondo la Commissione, senza di fatto vivere nella cittadina secondo il comune. In maggioranza, aveva dichiarato Duraković, si trattava di persone di nazionalità serba vissute in città nel periodo 1996-2004 e ora trasferitesi altrove, in municipalità confinanti o in Serbia.
Voterò per Srebrenica
Emir Suljagić, ex ministro dell’Istruzione del cantone di Sarajevo ed autore del libro “Cartolina dalla fossa”, in cui descriveva la propria odissea durante l'assedio e la caduta di Srebrenica, è tornato nella cittadina della Bosnia orientale con un’idea semplice quanto efficace: se non è possibile votare senza la residenza, almeno fittizia, occorre far sì che chi ha intenzione di votare per Srebrenica ottenga la residenza.
La campagna “Glasaću za Srebrenicu” (Voterò per Srebrenica) condotta da Suljagić e da un gruppo di giovani rientrati, ha portato alla registrazione come residenti di oltre 2.200 persone e, il 23 di agosto, è stata dichiarata conclusa. In un’intervista al settimanale sarajevese Dani del 31 agosto Suljagić, che rifiuta l’etichetta di leader dell’iniziativa, l’ha definita come la “prima proiezione dei principi costituzionali e delle leggi centrali sulle rive della Drina”, oltre che un importante momento di protagonismo della società civile bosniaco erzegovese. Alla prima rilevazione della Commissione, di 12.260 votanti, vanno quindi ora aggiunti i nuovi 2.200 residenti.
Sempre ad agosto di quest'anno inoltre, si è concluso il procedimento di revisione delle carte d’identità rilasciate dalla municipalità di Srebrenica a partire dal 2000. In un’altra intervista ad Al Jazeera , Ćamil Duraković spiegava come il lavoro della commissione mista per la revisione delle carte di identità, avviato da un’indagine della polizia centrale che, nel 2007, aveva coinvolto numerosi comuni della Bosnia orientale, fosse durato più di un anno. La commissione ha individuato 1.721 persone incongruamente registrate come cittadini di Srebrenica, la maggior parte di esse provenienti dalla Serbia. I dati sulle “iscrizioni illegali” sono stati comunicati agli organi di polizia e alla Commissione Elettorale per procedere alla verifica e alla cancellazione.
Tenuto conto anche di questo dato la Commissione elettorale centrale ha infine comunicato che il numero di iscritti alle liste elettorali di Srebrenica era di 13.396. Ad oggi, le stime in possesso dei candidati alle elezioni del 7 ottobre sono però leggermente superiori, 6.600 cittadini di nazionalità bosgnacca e circa 7.600 cittadini di nazionalità serba. Il doppio della popolazione effettivamente residente.
Una diatriba “contabile” che inevitabilmente mina l'esito elettorale ed espone al rischio di lunghe diatribe sulla validità di ogni singolo voto.
Tre soli candidati
Ćamil Duraković, nato nel 1979 a Srebrenica, è fuggito dalla città assediata nel luglio ’95 prendendo parte alla colonna di profughi che raggiunse Tuzla a piedi attraverso i boschi. Emigrato negli Stati Uniti, si è laureato nel 2003 in Amministrazione giudiziaria e psicologia, ed è rientrato a Srebrenica nel 2005. E’ stato portavoce del movimento di cittadini rientranti di Srebrenica che, nel 2007, abbandonarono simbolicamente la città e allestirono una tendopoli a Sarajevo, da cui chiesero per mesi la concessione di uno status speciale per la municipalità. E’ stato nominato vicesindaco di Srebrenica nel 2008, in seguito all’elezione del candidato SDA Osman Suljić. Nel 2010 è stato coinvolto in un’indagine sugli abusi sessuali subiti da una minorenne rom di Bratunac, ma è stato riconosciuto estraneo ai fatti. Durante il suo mandato di vice, ha sostituito a più riprese il sindaco Suljić, spentosi dopo lunghi mesi di malattia a marzo di quest’anno. Duraković, attualmente facente funzioni di sindaco, in accordo con i vertici SDA si è candidato con una lista indipendente appoggiata da SDA, SDP, SBB, SBiH. Il motto della lista è “Uno per tutti, tutti per Srebrenica”.
Vesna Kočević, candidata SNSD, è alla guida della “Coalizione per la Republika Srpska” che raggruppa intorno al partito di Dodik gli altri nove partiti “pro-serbi” presenti a Srebrenica. Laureata in economia, nel 2010 è stata nominata direttrice della biblioteca cittadina. Attualmente è direttrice del dipartimento per il commercio della municipalità. Il 23 settembre, Milorad Dodik ha presentato la candidata arringando la sala del centro culturale con queste parole : ”Ci tengo che Srebrenica si sviluppi e che i serbi non siano più trascurati e umiliati come accaduto finora. Ai circoli politici di Sarajevo serviva una storia, che i serbi sono cattivi e i bosgnacchi vittime. Questo deve finire. I serbi sono brave persone, un popolo orgoglioso, sono buoni anche i bosgnacchi come popolo ma hanno una cattiva politica”. Ha poi aggiunto: ”Per i crimini che sono accaduti a Srebrenica devono rispondere coloro che li hanno commessi, ma non si può trascurare la responsabilità dell’altra parte di 28 mila vittime serbe. Risposte a queste questioni le devono dare i tribunali, non chiunque tra i politici”. Concludendo, il presidente della RS aveva affermato: “Di Srebrenica si è sempre cercato di fare un luogo non buono per i serbi dicendo che qua è stato fatto un genocidio. Io qua dico che non è stato genocidio! Non c’è stato genocidio! E’ esistito un piano per cui determinati stranieri e politici bosgnacchi hanno cercato di attribuirci la responsabilità per qualcosa che non abbiamo commesso”.
Il terzo candidato è Radojica Ratkovka, imprenditore originario di Prnijavor, azionista di maggioranza del progetto di ricostruzione dei Bagni “Guber”, lo stabilimento termale per cui Srebrenica era famosa prima della guerra. Concorre come indipendente, dopo aver ignorato l’insistente richiesta dei vertici SNSD di ritirare la propria candidatura.