Un ritratto di Ljubomir Perčinlić (Zenica, 1939- Zagabria, 1998), figura speciale della pittura bosniaca, croata e jugoslava che ha lasciato un’impronta straordinaria nella storia delle arti figurative della Bosnia Erzegovina della seconda metà del Novecento
La monografia Ulazak u prostor svjetlosnog isijavanja [Immergersi nello spazio della luce radiante] dedicata al pittore Ljubomir Perčinlić è un volume ben riuscito su un artista che ha lasciato un’impronta straordinaria nella storia delle arti figurative della Bosnia Erzegovina della seconda metà del Novecento, dando un contributo indelebile anche all’arte moderna croata e jugoslava.
A spingermi a riprendere in mano questo volume è stata la notizia dell’inaugurazione di una mostra allestita nel febbraio di quest’anno nella galleria Fra Ljubo Hrgić a Zenica in occasione del venticinquesimo anniversario della morte di Ljubomir Perčinlić.
La mostra, intitolata Tišina nedokučivog [Il silenzio dell’inattingibile], è stata organizzata da don Marko Kepić, parroco della Chiesa di Sant’Elia Profeta di Zenica, e dal pittore Muhamed Bajramović che hanno proposto al pubblico una quindicina di quadri e una scultura di Ljubomir Perčinlić provenienti da collezioni private, in primis da quella di Tončika Perkučin, sorella dell’artista.
Presentando la mostra, Muhamed Bajramović ha parlato dell’innegabile attualità dell’arte di Perčinlić e del suo straordinario contributo allo sviluppo delle arti figurative a Zenica, in Bosnia Erzegovina
e nell’intera regione. Bajramović ha poi sottolineato che la città di Zenica dovrebbe ripagare il suo debito di gratitudine nei confronti del grande artista riportando alla luce alcune sue opere, attualmente custodite nei depositi, esponendole nuovamente nel foyer del Teatro nazionale di Zenica dove si trovavano prima della guerra.
All’inaugurazione è intervenuto anche Marko Kepić spiegando che la mostra, seppur piccola, è stata concepita come un’occasione per ripercorrere tutte le fasi del percorso creativo di Perčinlić, un intellettuale che, con il suo impegno culturale e pedagogico, ha dato un grande contribuito alla rivitalizzazione della scena artistica di Zenica. “È stato un periodo di grandi innovazioni”, ha dichiarato Kepić, auspicando che questa mostra – pensata per ricordare non solo il grande pittore, ma anche alcune altre figure che hanno lasciato tracce importanti nella vita culturale di Zenica – possa fungere da stimolo e spingere alcune grandi gallerie a ideare un più ampio omaggio a Perčinlić.
Anche la monografia Immergersi nello spazio della luce radiante può essere osservata in quest’ottica. L’autore Marijan Susovski ci offre un’interessante storia che ripercorre la vita e la produzione artistica di Perčinlić, intrecciando il racconto biografico e una scrittura saggistica che, evitando il lessico accademico, si focalizza sull’attività pittorica del protagonista. Siamo di fronte ad una storia ricca di curiosi dettagli sulla vita culturale della Bosnia Erzegovina e della Jugoslavia nel periodo tra il 1945 e il 1992. Ed è anche una storia su Zenica, dove Perčinlić ha trascorso gran parte della sua vita. Pur avendo lavorato per anni come professore all’Accademia di Belle Arti di Sarajevo, non ha mai voluto trasferirsi nella capitale.
Ljubomir nacque nel 1939, primogenito dei sette figli di Branko e Marija Perčinlić. Il padre sperava che il figlio più grande lo aiutasse a portare avanti la sua attività artigianale, ma Ljubo scelse il ginnasio, avendo sin da piccolo coltivato l’interesse per il disegno, la lettura e la musica classica. Passeggiando nei dintorni di Zenica, Vaso Tarailo, direttore di una banca, si imbatté in Ljubo, all’epoca studente dell’ultimo anno del ginnasio, che disegnava il paesaggio. Alla domanda del banchiere su cosa volesse fare nella vita, Ljubo rispose di voler diventare pittore, ma di dover prima lavorare per guadagnare i soldi necessari per gli studi. Allora Tarailo decise di assumere il ragazzo nella sua banca, contribuendo anche ad organizzare la prima mostra di Perčinlić, tenutasi a Zenica nel 1959. Una piccola mostra, composta da una ventina di opere, e accompagnata da un articolo a firma di Tarailo, intitolato Bankar – slikar [Banchiere – pittore].
Quando Ljubomir, da giovane studente dell’Accademia di Belle Arti di Belgrado, si rivolse all’amministrazione comunale chiedendo una borsa di studio, le autorità respinsero la sua richiesta motivando tale decisione col fatto che una città in pieno slancio industriale non aveva bisogno di artisti. Alla fine però Perčinlić ottenne una borsa grazie ad una lettere che il suo professore Nedeljko Gvozdenović inviò al sindaco di Zenica, affermando che non poteva esserci sviluppo senza cultura.
Nel 1966, terminati gli studi a Belgrado, Perčinlić decise di ritornare a Zenica. Una decisione che lo contraddistinse dai giovani pittori dell’epoca che di solito preferivano rimanere nelle grandi città. A Zenica Perčinlić trovo lavorò come professore di storia dell’arte. Tra i numerosi ricordi di quel periodo, riporto una testimonianza pubblicata su Facebook da Meliha Branković, un’ex studentessa di Perčinlić: “Un signore, un artista che ci ha trasmesso il suo amore per l’arte figurativa. Un’anima solare, giovanile, emanava un’energia positiva appena entrava in aula. Il nostro professor Ljubo”.
Ljubomir fu un instancabile promotore di iniziative culturali nella sua città natale dove per molto tempo non c’era alcuna vita artistica. Suo fratello Vlado, che ho incontrato sei anni fa in Canada, mi ha raccontato che Ljubo teneva lezioni di arte presso la Facoltà di Metallurgia, accompagnandole da slide e brani di musica classica. Il principale centro metallurgico dell’ex Jugoslavia, Zenica deve molto al pittore che legò inestricabilmente il proprio percorso esistenziale e creativo a questa città. Anche dopo aver iniziato a lavorare presso la nuova Accademia di Belle Arti di Sarajevo, ogni giorno ritornava nella sua città natale, pendolando in autobus, 80 km all’andata e altrettanti al ritorno. Se non fosse scoppiata la nostra guerra fratricida, Perčinlić sicuramente avrebbe trascorso l’intera vita a Zenica.
Sarà ricordato anche come uno dei fondatori del gruppo Prostor - Oblik [Spazio – Forma] creato nel 1975 a Počitelj insieme ai pittori Edin Numankadić, Tomislav Dugonjić ed Enes Mundžić. Nel 1976 al gruppo si unirono Vojo Dimitrijević e Nikola Njirić. Fu una risposta creativa al predominio di una pittura impregnata del cosiddetto spirito del suolo che trovò il suo massimo esponente in Mersad Berber. I membri del gruppo Prostor – Oblik si opposero allo spirito locale con un’arte ispirata al cosmopolitismo.
La monografia di cui abbiamo parlato prima ripercorre in modo approfondito tutte le fasi della produzione artistica di Perčinlić, compreso il suo ciclo scultoreo (composto principalmente da opere in ghisa), quindi l’intero percorso dall’espressione figurativa a quella astratta in cui l’artista ha trovato se stesso, sviluppando pienamente il concetto di spazio-forma.
Così possiamo osservare vari cicli che si susseguono senza una chiara suddivisione cronologica: Nature morte e paesaggi, L’antica architettura bosniaca, Stećci, Zenica – la città natale, Verso i nuovi problemi pittorici, Il Gruppo Spazio – Forma, Le nuove tecniche pittoriche degli anni Ottanta, Sculture, Il periodo zagabrese, L’ultima mostra ‘I piccoli campi’. Sembra che l’artista – seguendo il proprio percorso creativo dalle prime concezioni dell’arte e l’incontro con il geometrismo figurativo di Nedeljko Gvozdenvić negli anni Sessanta, all’abbandono definitivo delle tendenze dominanti dell’arte bosniaco-erzegovese degli anni Settanta – sia riuscito a trovare l’io più profondo, proseguendo la propria strada come pittore del silenzio e del candore.
La maggior parte dei critici d’arte sottolinea giustamente il minimalismo e la pittura monocromatica, dominata dal bianco, che hanno segnato l’ultima fase della produzione artistica di Perčinlić in cui il pittore ha sintetizzato il proprio credo e la propria ricerca dell’esenza in un gioco di superfici bianche e grigie. Perčinlić amava osservare come cambiavano i colori della natura durante l’alternarsi delle stagioni. I colori e le sfumature della natura sono innumerevoli, eppure il pittore si immergeva sempre più nel bianco. Il candore della sua pittura – dove ogni strato bianco è attentamente studiato, frutto di uno straordinario processo meditativo – emana una peculiare spiritualità, capace di spingerci a riflettere su chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo.
Oggi le opere di Ljubo Perčinlić sono custodite in diversi musei e gallerie della regione ex jugoslava, tra cui i musei d’arte contemporanea di Zagabria, Belgrado e Banja Luka, la Galleria nazionale della BiH a Sarajevo e il Museo della città di Zenica. Mosso da un inesauribile impulso creativo, nel corso della sua vita ha tenuto ben 59 mostre personali, partecipando anche a 90 mostre collettive in tutta la ex Jugoslavia e all’estero (Ostrava, Bruxelles, Australia, Nuova Zelanda, Filippine, Cagnes-sur-Mer…). Dal 1998, anno della morte di Perčinlić, sono state organizzate numerose mostre e per ricordare la sua figura e l’arte in Bosnia Erzegovina, ma anche in altri paesi della regione.
Da artista il cui percorso esistenziale e creativo ha sempre avuto una dimensione transnazionale, abbracciando l’intero spazio (post)jugoslavo, Perčinlić merita un grande omaggio, un’ampia retrospettiva che includa tutte le sue opere, anche quelle sparse in collezioni private nella regione ex jugoslava e nel mondo.
Post scriptum
Spero un giorno arrivi la bella notizia che quei dipinti di Ljubo Perčinlić custoditi nei depositi del Teatro nazionale di Zenica sono stati trasferiti nel foyer. Perché no? Mica parliamo di una distanza insormontabile.