L'invasione russa dell'Ucraina ha messo ancora una volta in evidenza le profonde divisioni che attraversano la Bosnia Erzegovina, fratture che lo status di candidato membro dell'UE non riesce ancora a risolvere. Ne abbiamo parlato con Sead Turčalo professore di Scienze Politiche all'università di Sarajevo
Quali sono i principali sviluppi nella politica bosniaca legati all'invasione russa in Ucraina?
Pochi mesi prima della guerra in Ucraina Putin e Dodik hanno avuto un incontro top secret: il Cremlino non ha dato alcuna notizia in merito, ma Dodik ha dichiarato pubblicamente di aver incontrato Putin, senza specificare l'essenza stessa dell'incontro.
In quel momento Dodik voleva chiaramente appropriarsi a livello di entità di tutte le competenze relative alla sicurezza, alla difesa, all'intelligence. E ha iniziato con l'agenzia per le attrezzature mediche perché voleva testare la comunità internazionale, vedere come avrebbe reagito. Ha ordinato al governo di preparare alcune leggi per rilevare l'intelligence e ristabilire le forze armate della Republika Srpska mentre la Russia invadeva l'Ucraina. Era ovvio che ciò che stava accadendo in Bosnia Erzegovina poco prima della guerra ucraina era sostenuto da Mosca: la strategia era far sì che Dodik continuasse a rosicchiare competenza dopo competenza allo stato centrale.
Quando è iniziata la guerra in Ucraina, sono accadute due cose parallele. Da un lato, l'ambasciata russa a Sarajevo è diventata più assertiva o addirittura aggressiva nelle sue dichiarazioni nei confronti della Bosnia Erzegovina. Per la prima volta ha dichiarato apertamente che la Russia è contraria a qualsiasi tipo di integrazione della Bosnia Erzegovina nella sfera politica occidentale.
Dall'altro Dodik è diventato più riluttante ad adottare le leggi che aveva nel cassetto, perché si è reso conto che la guerra in Ucraina sarebbe durata a lungo. Ma allo stesso tempo il sostegno popolare alla Russia nella Republika Srpska si è rafforzato: l'aggressione russa, ad esempio, è stata apertamente sostenuta dall'emittente pubblica della Srpska.
Quale può essere stato il contenuto concreto dell’incontro tra Dodik e Putin?
Forse hanno concordato una serie di azioni per intensificare il conflitto in Bosnia Erzegovina. E poi anche in Kosovo, mettendo di conseguenza in subbuglio anche la Macedonia del Nord. Penso che Putin fosse convinto che - estendendo un secondo fronte ai Balcani occidentali - avrebbe in pochi giorni avuto la meglio sull'Ucraina, creando un panorama geopolitico totalmente nuovo in Europa.
Ma anche volendo, oggi la Republika Srpska avrebbe davvero i mezzi militari per sostenere una secessione?
Sembra una missione impossibile, ma in uno scenario in cui una mossa del genere dovesse avvenire, la Serbia sarebbe sotto pressione per sostenere la Republika Srpska. Negli ultimi dieci anni, ciò che la Republika Srpska ha cercato di fare è militarizzare le proprie forze di polizia. La Srpska cercherà a lungo termine di adottare la legge sul ripristino delle forze armate. Dodik, in Republika Srpska, sta testando i confini della comunità internazionale e fino a che punto gli può essere permesso di spingersi. E vediamo che non ci sono linee rosse quando si tratta di comunità internazionale.
Ad esempio, come dicevo l'Assemblea della Republika Srpska ha adottato una legge sull'agenzia per le attrezzature mediche, che è di competenza statale. Questa legge è pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Republika Srpska. La comunità internazionale ha lanciato alcuni avvertimenti e non appena Dodik ha rinviato l’adozione del provvedimento, la stessa comunità internazionale è sembrata soddisfatta. La legge non è però mai stata annullata o revocata.
Pensa che l’assetto istituzionale della Bosnia Erzegovina sia in profonda crisi o sull'orlo del collasso?
Oggi non credo che Dodik abbia spazio per tornare indietro rispetto alle sue posizioni perché è andato troppo oltre. Anche se la Bosnia Erzegovina ha ricevuto lo status di candidato per l'adesione all'Unione Europea – e questa concessione da parte di Bruxelles mira principalmente a convincere i serbi ad abbandonare effettivamente i loro amici russi - Dodik non è in realtà disposto a farlo. Da una parte abbiamo bisogno dei soldi dell'UE, ma nonostante la “carota economica” Dodik rimane un vero amico della Russia.
Pensa che anche la Turchia stia giocando un ruolo visto che ha in qualche modo una posizione ambigua nei confronti della guerra?
Finora non credo che la Turchia abbia svolto un ruolo decisivo nel modo in cui la Bosnia Erzegovina dirige la sua politica estera. Ma l’influenza turca sta aumentando. I bosgnacchi, quelli che votano per l'SDA in primis, ritengono davvero il presidente Erdoğan il loro mentore politico, guardandolo in modo paternalistico. Fino a poco tempo fa non si era visto Erdoğan parlare di cospirazione anti-occidentale nei confronti dei musulmani qui in Bosnia Erzegovina. Ma quando è venuto qui poco prima delle elezioni, ha usato proprio quel tipo di linguaggio.
In generale, però, almeno il 70% dei bosgnacchi sostiene l'integrazione nell'UE del paese e l’ingresso nella NATO. I bosgnacchi hanno forti sentimenti nei confronti della Turchia, ma il loro atteggiamento in politica estera è orientato saldamente verso l'Occidente
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto “Serbia e Bosnia Erzegovina, la guerra in Ucraina e i nuovi scenari di rischio nei Balcani occidentali” cofinanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Il MAECI non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina del progetto